Christie’s cancella la seconda asta di gioielli dedicata a Heidi Horten

di Pietro Baragiola
Lo scorso 12 maggio presso la celebre casa d’aste britannica Christie’s a Ginevra si è conclusa la vendita della più grande collezione di preziosi mai appartenuta ad un privato: la miliardaria austriaca Heidi Horten.

Composta da 700 dei gioielli più prestigiosi dell’ereditiera, l’asta ha raggiunto la cifra record di 202 milioni di dollari, battendo il primato di 116 milioni detenuto dalla collezione di Liz Taylor nel 2011.

Una seconda asta era prevista per novembre ma una grande protesta guidata da diversi enti ebraici ha spinto Christie’s a cancellare l’evento perché accusato di promuovere i crimini del nazismo.

Il patrimonio di Heidi, infatti, è stato in gran parte costruito dal marito Helmut Horten, ex membro del partito nazista, che, negli anni ’30, fece la sua fortuna requisendo con la forza diverse aziende ebraiche.

I tentativi di Christie’s di impegnare una parte dei profitti dell’asta a iniziative volte all’istruzione sull’Olocausto non sono stati sufficienti per sedare le proteste delle associazioni ebraiche come lo Yad Vashem, il museo israeliano della Shoah, che hanno definito “soldi sporchi” i ricavati dalla vendita dei gioielli Horten, accusando Christie’s di “insabbiare volutamente il passato di Helmut”.

“In un’epoca di negazione dell’Olocausto, troviamo spaventoso che una casa d’asta di fama mondiale si impegni in una tale vendita” ha affermato Yoram Dvash, presidente della World Federation of Diamond Bourses.

Dopo mesi di dibattiti, giovedì 31 agosto i rappresentanti di Christie’s a Ginevra hanno deciso di annullare la nuova asta.

Il passato nazista di Helmut Horten

Nato a Bonn nel 1909, Helmut Horten non era di famiglia ricca. Da ragazzo ha lavorato per diversi anni come apprendista in un grande magazzino di Düsseldorf prima di trasferirsi a Duisburg per lavorare nell’azienda Gebruder Alsberg.

Con la salita al potere dei nazisti, molti ebrei ricevettero pressioni dal Terzo Reich per vendere le loro attività a prezzi ridotti ed Helmut, a soli 27 anni, riuscì ad acquistare l’azienda presso cui lavorava pagando non più del 65% del suo valore ai proprietari ebrei, Straut e Lauter, che fuggirono negli Stati Uniti.

Fiero della sua nuova impresa, Helmut pubblicizzò l’acquisto su un giornale del partito nazista, dichiarando che il negozio era “diventato di proprietà ariana”.

Dopo il 1938 questa “arianizzazione” delle imprese ebraiche in Germania divenne più aggressiva con vendite forzate e prezzi sempre inferiori ed Horten partecipò attivamente a queste acquisizioni al punto da essere coinvolto negli accordi commerciali riguardanti l’occupazione nazista dei territori europei da Amsterdam alla Prussia.

Il suo simpatizzare con il nazismo portò Helmut, dopo la Seconda Guerra Mondiale, ad essere internato a Recklinghausen fino al 1948, per poi continuare ad occuparsi dell’espansione della sua azienda. Uno dei suoi principali successi da imprenditore fu l’importazione del modello del supermercato americano in Germania, che lo rese uno degli uomini più ricchi del paese.

Fu nel 1960 che Helmut incontrò la sua futura moglie, Heidi Jelinek, di soli 19 anni e i due, dopo essersi sposati nel 1966, vissero una vita ricca di sfarzi.

Heidi e Helmut Horten

In questo periodo l’azienda di Horten raggiunse un fatturato pari ad un miliardo di euro in marchi, dando lavoro ad oltre 25.000 dipendenti, ma il passato dell’imprenditore tedesco estese una costante ombra sui guadagni della sua impresa.

Stephanie Stephan, una ex giornalista di Monaco, pubblicò persino un libro nel quale descrisse nei dettagli l’acquisizione della Gerzon, una delle società ebraiche entrate sotto il controllo di Horten. Il libro, oltre a contenere la testimonianza del padre di Stephanie, Reinhold, che faceva parte del consiglio di amministrazione della Gerzon, racchiude una dichiarazione giurata dell’ebreo Arthur Marx secondo il quale Horten avrebbe minacciato i membri del consiglio di amministrazione di essere deportati nei campi di concentramento se si fossero opposti alla vendita dell’azienda.

Nonostante queste accuse, una volta quotata alla borsa di Francoforte la società di Horten continuò ad espandersi e alla morte di Helmut, avvenuta il 30 novembre 1987, la moglie Heidi ereditò un patrimonio di oltre un miliardo di dollari, la cui origine è tutt’ora motivo di controversie.

I gioielli di Heidi Horten

È stato Helmut ad ispirare la passione per il collezionismo di Heidi che, alla morte del marito, vantava già una raccolta di centinaia di opere d’arte.

Nominata da Forbes “una delle 500 persone più ricche del mondo”, Heidi partecipava spesso a diverse aste di gioielli, acquistando sempre in forma anonima. Il più memorabile di questi eventi avvenne a Ginevra nel 2018 quando, durante un’asta di gioielli appartenuti a Maria Antonietta, Heidi acquistò per la cifra esorbitante di 36 milioni di dollari il prezzo più pregiato della collezione: un pendente composto da un’enorme perla barocca e tempestato da diamanti. Per diversi mesi l’identità dell’acquirente rimase un mistero finché, durante una cerimonia di beneficenza, il ciondolo riapparì in pubblico al collo di Heidi.

Nonostante la sua collezione vantasse preziosi creati dai più importanti designer mondiali tra cui il Briolette of India di Harry Winston (un collier con un diamante a goccia da 90 carati), un anello di Cartier con un rubino da 25 carati e un’ampia scelta di perle e diamanti colorati di Bulgari, Van Cleef & Arpels e Tiffany, nessuno aveva un’idea accurata del numero o del tipo di preziosi posseduti dalla miliardaria austriaca.

“Nemmeno noi, pur avendo collaborato spesso con lei, avevamo idea dell’entità della sua collezione” spiegò Leo Criaco, capo dipartimento gioielli di Christie’s Milano.

Tutto cambiò nel 2023 quando Christie’s lanciò a Ginevra The World of Heidi Horten, un’asta tenutasi il 10 e 12 maggio che mostrò al mondo i 700 gioielli più prestigiosi della collezione di Heidi, diventando la vendita di preziosi con il ricavato più alto della storia: 202 milioni di dollari, a fronte dei 150 previsti inizialmente.

“Heidi aveva un occhio attento e ha curato una collezione sofisticata con alcuni dei gioielli più belli mai arrivati sul mercato” ha dichiarato Max Fawcett, responsabile della gioielleria di Christie’s a Ginevra. Visto il guadagno straordinario, una nuova asta era prevista per novembre con protagonisti i 300 pezzi rimanenti della collezione ma le proteste della comunità ebraica ne hanno assicurato la cancellazione.

L’asta annullata

Giovedì 31 agosto Christie’s ha ufficialmente annullato la seconda asta di gioielli Horten. Questa decisione è stata presa dopo che numerosi sopravvissuti alla Shoah hanno accusato la casa d’asta britannica di aver oscurato volutamente il passato nazista di Helmut Horten per trarne profitto.

È un tema a lungo discusso quello della provenienza delle opere d’arte e dei pezzi collezionabili e le case d’asta di tutto il mondo stanno provando a darsi delle linee guida più rigorose. Christie’s in particolare ha lanciato negli anni diverse aste di opere d’arte sottratte dai nazisti ai loro concittadini ebrei ma mai prima d’ora aveva dovuto affrontare un’opinione pubblica così avversa.

In risposta alla vendita dei gioielli Horten di maggio, l’Holocaust Survivor Foundation USA ha iniziato una campagna epistolare richiedendo alle istituzioni culturali austriache di non collaborare più con la Heidi Horten Collection, il museo d’arte dedicato alla miliardaria austriaca venuta a mancare il 9 giugno 2022.

Sostenendo questa campagna, il Museo d’Arte di Tel Aviv ha disdetto la conferenza Reflecting on Restitution che Christie’s avrebbe tenuto a dicembre, poiché “non intende fornire una piattaforma all’interno dello Stato ebraico per giustificare il saccheggio perpetrato dai criminali della Shoah”.

Christie’s ha cercato di sedare questi dibattiti spiegando che nessuno dei gioielli venduti è stato acquistato o confiscato durante la Shoah, ma i protestanti hanno risposto tenacemente che “anche se i gioielli in sé non sono stati saccheggiati il denaro è legato alla coercizione nazista e al furto di proprietà ebraiche e dev’essere ricordato ai collezionisti”.

Queste polemiche accese hanno convinto i vertici della casa d’asta a rivedere la propria posizione e a bloccare la vendita dei restanti 300 gioielli appartenuti alla miliardaria austriaca.

“La vendita della collezione di gioielli di Heidi Horten ha suscitato un intenso scrutinio e la reazione ha colpito profondamente noi e molti altri” ha dichiarato Anthea Peers, presidente della divisione EMEA di Christie’s.

Questo esito è stato molto apprezzato da diverse comunità ebraiche che lo hanno definito un’importante vittoria per i sopravvissuti della Shoah e un chiaro segnale per tutte le case d’asta sulle conseguenze di continuare la vendita di questo tipo di beni contaminati.