L'atleta ai Giochi Paralimpici di Tokyo 2020 Ezra Frech

Se sembra impossibile, si può fare. Dieci storie di atleti ai Giochi Paralimpici Tokyo 2020 

di Ilaria Ester Ramazzotti

“Se sembra impossibile, allora si può fare”. Parola di Beatrice Vio, campionessa olimpica mondiale ed europea di fioretto paralimpico, vincitrice di un oro individuale e di un argento a squadre a Tokyo 2020. “Da piccola mi dicevano che non si può tirare di scherma senza braccia e che avrei dovuto cambiare sport – ha detto l’azzurra in una sua ormai celebre dichiarazione -, ma ho dimostrato a tutti che le braccia non servono: se hai un sogno, vai e prenditelo”.

Lo stesso sogno e la stessa determinazione appassiona i 4.400 atleti impegnati nelle 22 discipline sportive della 16esima paralimpiade in corso nella capitale giapponese. Spesso protagonisti di sorprendenti storie di rinascita personale, questi atleti ispirano emozioni e pensieri illuminanti, incarnando esempi insostituibili di volontà, capacità, forza, dignità, gioia. Ancora ‘Bebe’ Vio, a proposito dei Giochi Paralimpici che su Facebook definisce come “l’evento sportivo più sconvolgente del pianeta”, sottolinea: “Questo è il nostro momento. È il momento per dimostrare di poter cambiare il mondo. Di poter cambiare la percezione di cosa è diverso e di cosa è normale. Di ispirare le nuove generazioni. Di trasmettere loro che si può andare oltre. Che si può essere più grandi”.

E fra le tante ‘grandi storie’ degli sportivi paralimpici iscritti a Tokyo 2020, la Jewish Telegraphic Agency ha scelto di raccontare quelle di dieci atleti appartenenti a comunità ebraiche nel mondo. Le riportiamo di seguito, introducendo lo sport e la squadra per cui gareggiano.

Ariel e Mark Malyar, nuoto, Israele

Mark Malyar, 21enne alla sua prima paralimpiade, ha vinto per Israele una storica medaglia d’oro lo scorso 27 agosto, segnando nei 200 metri il tempo di 2:29.01. Un risultato che gli è valso il record mondiale nella categoria SM7. Il presidente dello Stato ebraico Isaac Herzog si è congratulato con lui dicendogli: “Mark, sei emozionante. Sei inarrestabile. Sia una medaglia d’oro che un record mondiale made in Israel! Auguro a te, a tuo fratello e al tuo allenatore Yaakov Beininson ancora più medaglie nel corso delle gare”. Due giorni dopo, il 29 agosto, ha vinto l’oro anche nei 200 metri misti individuali, fissando un altro record mondiale con il tempo di 4:31.06. Ha ottenuto altresì un bronzo dei 100 metri dorso. Aveva già stabilito un record mondiale ai Campionati mondiali di nuoto paralimpico 2019, nella classe S7 dei 400 metri stile libero maschile, occasione in cui ha ottenuto un oro e un argento. Mark Malyar partecipa ai Giochi con suo fratello gemello Ariel Malyar. Nati con patologie di tipo cerebrale, hanno iniziato entrambi a fare nuoto all’età di 5 anni come terapia fisica.

Pascale Bercovitch

Pascale Bercovitch, canoa, Israele

Pascale Bercovitch è una scrittrice e regista franco-israeliana, quattro volte paralimpica. Nata in Francia, aveva deciso di fare l’aliyah quando, a 17 anni, in una stazione ferroviaria è caduta sotto un treno in arrivo. “Ero totalmente sotto shock – ricorda, riportata da Reuters -, ho provato a chiamare aiuto e sono rimasta sdraiata sui binari per 47 minuti da sola. Non sapevo cosa sarebbe successo… sarei sopravvissuta? Ho capito che tutto ciò che ero e che tutto ciò che conoscevo non c’erano più. Non sapevo come sarebbe stata la mia nuova vita, o se avessi avuto prospettive di una nuova vita”. Da quell’incidente ne è uscita con amputazioni alle gambe e, nel tempo, anche con nuove idee professionali. “Ho capito che non c’era altra scelta che realizzare i sogni – ha sottolineato -. La vita può finire in un istante. L’importante è assaporare ogni momento. Non importa come”. Nel 2000, Bercovitch ha realizzato un documentario sulla squadra paralimpica israeliana di nuoto a Sydney, intitolato ‘Tre centesimi di secondo’. Otto anni dopo, a quarant’anni, ha gareggiando come vogatrice a Pechino 2008. A Londra, nel 2012, nel ciclismo. A Rio 2016 nella canoa, come quest’anno a Tokyo. Divide il suo tempo fra i corsi di formazione e motivazionali che tiene, la scrittura e le sue due figlie. 

Ezra Frech, atletica leggera, Stati Uniti (foto in alto)

Con i suoi 16 anni, è uno dei più giovani atleti a rappresentare la squadra americana di quest’anno, gareggiando nel salto in alto, nel salto in lungo e nei 100 metri. È nato con un’anomalia congenita. Ha collezionato due medaglie d’argento ai Giochi para-panamericani, tiene corsi motivazionali ed è un sostenitore dei diritti dei disabili. Abita a Los Angeles. Sua madre, Bahar Soomekh, è un’attrice ebrea persiana fuggita dall’Iran con la sua famiglia nel 1979. Suo padre, Clayton, ha lasciato il lavoro nel 2013 per fondare la società Angel City Sports, dedicata allo sport per i diversamente abili. “Ovunque tu vada, le persone non pensano che sei capace di fare di ciò che fa una persona abile – ha detto Ezra Frech all’inizio di quest’anno -. Al mio raduno di atletica del liceo [le persone] non si aspettano che un ragazzo con una gamba sola vinca la competizione. Quando ero più giovane tutto questo mi feriva, ma adesso mi dà motivazione. E mi entusiasma avere la possibilità di dimostrare alle persone che si sbagliano”.

Tahl Leibovitz, tennis da tavolo, Stati Uniti

Nato a New York, aveva scoperto la sua passione per il ping-pong partecipando a un corso per giovani a rischio. Dal 1995, al manifestarsi della sua patologia, si è dedicato allo sport paralimpico. Nel ’96, ai Giochi di Atlanta, ha vinto un oro e un bronzo. Nel 2004, ad Atene, ha replicato con un bronzo. Leibovitz lavora altresì come assistente sociale e allenatore, e per finanziare il suo viaggio a Tokyo ha lanciato una raccolta di fondi. Oggi, 46enne, gareggia alla sua sesta Paralimpiade. 

Tahl Leibovitz
Il campione Usa di tennis da tavolo Tahl Leibovitz

Matthew Levy, Nuoto, Australia

34enne alla sua quinta paralimpiade, Matthew Levy gareggia nelle competizioni di stile libero, farfalla e mista. Nato prematuro, ha iniziato a nuotare a 5 anni, nel corso di terapie riabilitative successive a interventi chirurgici. Dall’età di 12 anni fa sport agonistico e nel 2004 ha debuttato nelle Paralimpiadi partecipando ai Giochi di Atene. A Pechino 2008 ha vinto la sua prima medaglia, l’oro nella 4×100 mista. Ha collezionato altre cinque medaglie a Londra 2012 (un oro, un argento e tre bronzi) e un altro bronzo nel 2016 a Rio de Janeiro. Nel 2014 è stato insignito della Medaglia dell’Ordine dell’Australia per il suo contributo allo sport. E nel 2017, Levy è diventato il primo sportivo a battere un record mondiale gareggiando alle Maccabiadi.

Moran Samuel, canottaggio, Israele

Moran Samuel aveva già vinto una medaglia paralimpica ai giochi del 2016 a Rio, conquistando il bronzo nella gara individuale di canottaggio femminile 1.000 metri. A Tokyo ha ottenuto uno strepitoso argento. Atleta di 39 anni, è cresciuta giocando a pallacanestro ed era entrata nella nazionale israeliana. Improvvisamente, nel 2006, a 24 anni, un ictus l’ha paralizzata nella parte inferiore del corpo. Così ha iniziato a giocare a basket in carrozzina, per poi passare al canottaggio. I suoi sogni più grandi erano di diventare madre e di vincere una medaglia olimpica. È riuscita a realizzarli entrambi.

Moran Samuel

Jody Schloss, equitazione, Canada

Da bambina ha frequentato la scuola ebraica a Edmonton, nella regione canadese dell’Alberta. Per studiare all’università si è poi trasferita nella British Columbia, dove ha praticato canottaggio a livello agonistico. A 23 anni, in California, un grave incidente d’auto, nel quale una sua amica è morta, l’ha mandata in coma per mesi. Al risveglio, ha appreso di aver perso la possibilità di camminare. Da allora, come parte della sua terapia, è tornata alla sua vecchia passione di bambina: gli sport equestri. Oggi, 48enne, Schloss gareggia alle sue seconde Paralimpiadi nella disciplina dell’equitazione, dopo un 11° posto a Londra nel 2012. 

Ian Seidenfeld, tennis da tavolo, Stati Uniti

Lo statunitense Ian Seidenfeld ha debuttato a Tokyo ai suoi primi Giochi Paralimpici vincendo una medaglia d’oro. Anche suo padre Mitch è un atleta paralimpico di tennis da tavolo, che ha gareggiato a Barcellona nel 1992, ad Atlanta nel 1996 e a Pechino nel 2008, vincendo un totale di quattro medaglie, di cui un oro, e che oggi allena suo figlio. Sono entrambi affetti da nanismo. Ian Seidenfeld ha iniziato a giocare all’età di 6 anni e a 12 a gareggiare a livello internazionale. “Essere paragonato a mio padre, essere vicino al suo livello, mi renderebbe molto felice – ha detto al Minneapolis Star Tribune, il giornale della sua città natale -. Le Paralimpiadi sono sempre state un obiettivo e mio padre mi ha sempre sostenuto molto. Ma non pensavo che sarebbe tutto successo così presto”.

Doron Shaziri, tiro, Israele

Doron Shaziri partecipa ai suoi ottavi Giochi Paralimpici consecutivi, nei quali ha vinto in totale sei medaglie. Il 54enne tiratore di carabina ha perso una gamba a 19 anni, calpestando una mina mentre era di pattuglia in Libano nel 1987 nell’esercito israeliano. Al centro di riabilitazione Beit Halochem di Tel Aviv, ha scoperto la sua passione per il tiro sportivo. “Il tiro è uno sport molto mentale, e se ti riesce significa che sei mentalmente forte. Questa è l’abilità su cui lavoro di più, perché ho già le competenze tecniche – ha detto Shaziri ai media israeliani -. A differenza di altri sport, nel tiro devi tenere bassa l’adrenalina, perché un impulso alto è dannoso per la stabilità. Non è come correre più veloce o colpire più forte. Devi andare più tranquillo”. Oltre ad allenarsi, Sharizi si occupa della realizzazione di sedie a rotelle personalizzate per gli atleti.

Shraga Weinberg, tennis in carrozzina, Israele

Considerato uno dei migliori tennisti in carrozzina al mondo, Shraga Weinberg, 55 anni, è alla sua quinta Paralimpiade. A Pechino 2008 ha vinto l’argento nel doppio misto, e il bronzo a Londra 2012. È nato con una malattia genetica. “Una disabilità è solo qualcosa di esteriore – ha detto Weinberg ai media israeliani -. Il modo in cui vedi la tua disabilità è lo stesso modo in cui la vedrà il pubblico. Se non vedi la tua disabilità come un ostacolo, non lo farà nemmeno la società”.

Shraga Weinberg
Shraga Weinberg