di Anna Balestrieri
È stato ucciso nel nord della Striscia di Gaza il sergente Yair Eliyahou, 19 anni, secondo quanto comunicato questa mattina dall’esercito israeliano.
Intanto, fonti vicine a Hamas fanno sapere che il movimento si sarebbe detto disposto a fermare il traffico e la produzione di armi, interrompere la costruzione di tunnel e smantellare la propria presenza militare nella Striscia. In base a quanto riferito, l’organizzazione avrebbe anche acconsentito a depositare le armi in magazzini sigillati.
Nonostante questi segnali, le stesse fonti precisano che armi e deportazioni non sono stati al centro dei negoziati più recenti. Tuttavia, Hamas potrebbe accettare l’allontanamento simbolico e temporaneo di alcuni dirigenti, se questo dovesse facilitare la fine del conflitto.
Secondo il quotidiano saudita Asharq, Hamas si dichiara soddisfatto delle garanzie contenute nella proposta di cessate il fuoco recentemente ricevuta. Una fonte informata ha riferito che la proposta prevede l’impegno, da parte dei mediatori, affinché nessuna delle due parti riprenda le ostilità durante il proseguimento delle trattative. Inoltre, si attende che il presidente americano Donald Trump annunci ufficialmente l’accordo una volta ottenuto il consenso di entrambe le parti, assumendone anche il ruolo di garante.
Tuttavia, secondo un’altra fonte vicina ad Hamas, la nuova proposta non presenta sostanziali novità rispetto a quella precedente redatta dal mediatore statunitense Steve Witkoff, ma solo modifiche marginali. Hamas dovrebbe fornire la propria risposta entro venerdì.
Punti chiave della proposta: ritiro e aiuti umanitari
Il giornale libanese Al-Akhbar descrive la proposta attuale come centrata su tre elementi principali:
- Ritiro dell’IDF alle posizioni precedenti al 2 marzo, prima della rottura dell’ultimo cessate il fuoco. In quel momento, l’esercito israeliano non si era ancora completamente ritirato da Gaza e manteneva il controllo del corridoio di Filadelfia.
- Ripristino del meccanismo ONU per gli aiuti umanitari, volto a garantire una distribuzione senza interruzioni. Non viene menzionata esplicitamente la Gaza Humanitarian Foundation, sostenuta da USA e Israele, ma il sistema delle Nazioni Unite verrebbe adottato in modo esclusivo.
- Impegno a proseguire i negoziati anche nel caso in cui non si arrivi subito a un’intesa complessiva sulla fine della guerra.
Israele spinge per l’accordo prima della visita di Netanyahu a Washington
Israele è impegnato in un’accelerazione diplomatica per raggiungere un’intesa sul cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi prima del viaggio del premier Netanyahu a Washington, previsto per la prossima settimana. Per la prima volta, secondo fonti israeliane, Tel Aviv sarebbe pronta a discutere un cessate il fuoco complessivo e un accordo per la liberazione di tutti i 50 ostaggi rimasti nelle mani di Hamas.
Qualora Hamas accetti il quadro proposto nelle prossime 24 ore, si dovrebbero comunque avviare negoziati a Doha o Il Cairo su temi come:
- lo scambio di prigionieri;
- il ritiro graduale dell’IDF da Gaza;
- e l’ingresso di aiuti umanitari.
Queste trattative, secondo le previsioni, richiederebbero almeno una settimana.
Secondo il New York Times, l’accordo sugli ostaggi attualmente in fase di definizione prevede il rilascio di dieci ostaggi vivi e di 18 corpi in cambio della liberazione di terroristi palestinesi. A differenza della proposta americana di maggio, che prevedeva il rilascio di tutti i prigionieri entro il settimo giorno, questo accordo si articolerà in cinque fasi distribuite in 60 giorni.
Questa volta, Hamas rinuncerà alle “cerimonie di consegna” filmate che hanno caratterizzato gli scambi precedenti. Tre fonti israeliane senza nome hanno dichiarato al quotidiano americano che “questo sforzo mira a offrire ad Hamas garanzie più solide di un cessate il fuoco temporaneo e potrebbe aprire la strada a una cessazione permanente delle ostilità”.
L’accordo seguirà un calendario dettagliato: otto prigionieri vivi saranno rilasciati il primo giorno, seguiti da cinque salme il settimo giorno. Trenta giorni dopo l’inizio, saranno consegnati altri cinque corpi, seguiti da due prigionieri vivi il cinquantesimo giorno e infine da altri otto corpi il sessantesimo giorno.
Gli aiuti umanitari inizieranno subito dopo l’approvazione di Hamas, in quantità sufficiente con la partecipazione dell’ONU e della Mezzaluna Rossa. Il ritiro israeliano inizierà il primo giorno nel nord di Gaza, poi il settimo giorno nel sud, secondo le mappe concordate tra le parti.
Pressioni internazionali e sanzioni mirate
Nel frattempo, Israele starebbe spingendo gli Stati Uniti a fare pressione sul Qatar, affinché minacci di espellere i leader di Hamas in caso di mancati progressi. Il tema dei leader del movimento che vivono all’estero con trattamento privilegiato è tornato al centro del dibattito. Secondo Channel 12, sanzioni mirate contro figure chiave, ospitate in paesi come Qatar e Turchia, potrebbero spingere Hamas ad accettare un compromesso.
«I leader di Hamas si muovono liberamente nel mondo e non sentono alcuna pressione — per questo non hanno fretta di firmare un accordo», ha dichiarato una fonte della sicurezza israeliana coinvolta nei negoziati.
Tra apertura e scetticismo
Hamas ha recentemente dichiarato di essere aperta a un cessate il fuoco, ma non ha accettato la proposta sostenuta da Trump, che prevede 60 giorni di tregua durante i quali si lavorerebbe a una fine definitiva del conflitto. Il nodo centrale resta quello del diritto di Israele a riprendere le ostilità, un punto su cui Gerusalemme insiste e che Hamas rifiuta, chiedendo un cessate il fuoco permanente.
Secondo Kan, Netanyahu e il ministro della Difesa Israel Katz avrebbero espresso appoggio alla proposta in incontri a porte chiuse, anche se finora non è arrivata alcuna conferma ufficiale da parte del governo.
Nuove perdite per l’esercito israeliano a Gaza
Il sergente Yaniv Michalovitch, 19 anni, è stato ucciso mercoledì nel quartiere Shujaiyeh di Gaza City, colpito da un missile anticarro. Originario di Rehovot, serviva come carrista nell’Armored Corps dell’IDF. Altri quattro soldati sono rimasti feriti in due distinti episodi: tre nello stesso attacco al carro armato di Michalovitch e uno, appartenente all’unità di ricognizione Egoz, colpito da un cecchino.
Domenica scorsa, un altro soldato, il sergente Yisrael Natan Rosenfeld, 20 anni, è morto nel nord della Striscia per l’esplosione di un ordigno. Nato nel Regno Unito, viveva a Ra’anana da 11 anni ed era in servizio nel Battaglione del Genio da combattimento.
Giugno si è rivelato il mese più letale per l’IDF a Gaza da inizio guerra: 20 militari caduti, su un totale di 881 vittime militari dall’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023.
Mentre si moltiplicano i segnali di una possibile svolta diplomatica, il contesto rimane fragile. Il viaggio di Netanyahu negli Stati Uniti potrebbe trasformarsi nel teatro dell’annuncio di un accordo, oppure rivelare ancora una volta l’impasse di un conflitto che da mesi attende una soluzione sostenibile.