L’antisemitismo in Italia nel 2023: crescita esponenziale dopo l’attentato del 7 ottobre

Italia

di Michael Soncin
Venerdì 9 febbraio 2024 è stata presentata la Relazione annuale sull’antisemitismo in Italia per il 2023, pubblicata a cura dell’Osservatorio Antisemitismo del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (Fondazione CDEC). La conferenza svoltasi presso l’omonimo centro, sede anche del Memoriale della Shoah di Milano, ha evidenziato un aumento significativo di episodi antisemiti, che si sono verificati particolarmente dopo l’attentato terrorista di matrice islamica compiuto da Hamas in Israele.

Sono esattamente 454 gli episodi di antisemitismo in Italia individuati dall’Osservatorio. Questo a fronte di 923 segnalazioni. Basti pensare che nel 2022 gli episodi rilevati erano 241. Di questi 454 del 2023 , 259 sono quelli registrati sulla rete, mentre 195 sono accaduti materialmente, con 40 casi di minacce e 1 aggressione.

«È stato un anno complesso, con molte difficoltà, perché il lavoro svolto ha avuto un carico superiore rispetto agli altri anni. Come molti già sapranno, la presentazione di oggi concerne la relazione che viene fatta ogni anno, dove viene analizzato il fenomeno nel suo complesso. La percezione diffusa è che l’antisemitismo è aumentato, ma dopo il 7 ottobre, si parla di una crescita esponenziale». A dirlo è stata Betti Guetta, responsabile dell’Osservatorio Antisemitismo.

Il problema dell’ignoranza: “Gli ebrei in Italia? Sono 500.000”

Il centro avvalendosi di un patrimonio di dati che copre un arco di 25 anni, è in grado di analizzare il fenomeno in profondità classificandolo in base alle diverse tipologie, come: l’antigiudaismo, l’antisemitismo proveniente dalla destra radicale, dall’estrema sinistra o quello di matrice islamica.

Guetta ha spiegato che ogni crisi fa ripartire un vortice di odio, un odio che è sedimentato: «Non pensiamo che stiamo assistendo a qualcosa di inaudito». Per esempio, un’ondata di antisemitismo considerevole nel nostro paese si è verificata nel 1982, durante la Guerra del Libano. «C’è un presentismo pazzesco», aggiunge, citando poi il problema legato all’ignoranza, poiché alla domanda: “Quanti sono gli ebrei in Italia?”, oltre il 65% ha risposto “oltre i 500.000”, quando sappiamo che in realtà sono all’incirca 25.000. Una minoranza.

Un pregiudizio con radici millenarie

 «L’antisemitismo si basa su dei pregiudizi, che spesso si sono radicati nel corso dei millenni. Dall’indagine demoscopica che abbiamo effettuato, ponendo le stesse domande per anni, l’Italia si è completamente trasformata, ma la cosa interessante è che gli stereotipi sono rimasti immutati. Ricordiamo le frasi fatte come: “Si sentono superiori”, “si aiutano fra di loro”, e altre di questo tipo. C’è un nocciolo duro che permane. Le adesioni di chi ha manifestato questi sentimenti sono altissime, oltre il 50%».

Inoltre, da considerare è la presenza e la crescita dell’antisemitismo nelle scuole. «Tutti gli studi – sottolinea la studiosa – dimostrano una debolezza educativa nei giovani.  Un profondo disagio complessivo dove il punto di non ritorno si è avuto con il 7 ottobre».

Clicca qui per scaricare in fondo all’articolo interno,  il file in pdf disponibile in italiano e inglese sulla Relazione annuale sull’antisemitismo in Italia nel 2023

In Italia il cambiamento è radicale

Prima di proseguire con la seconda parte della conferenza, Stefano Gatti, ricercatore dell’Osservatorio, ha annunciato che l’archivio, contenente tutta la catalogazione dei documenti inserita nel corso dei decenni, è stato riorganizzato secondo nuovi criteri. Invece lo studio condotto di quali elementi ha tenuto conto?

«Una parte dello studio, più che sui numeri, si è concentrata sulla componente culturale, sulle radici ideologiche. Non esiste un metodo accettato a livello globale per catalogare gli episodi. Noi seguiamo dei criteri concordati con altri istituti. È stato fatto a livello scientifico, includendo altri studi e svolgendolo assieme ad altri enti, in modo da avere un confronto».

Gatti menziona il già citato anno della Guerra del Libano, perché la finestra di tempo che ha visto nel 2023 un aumento altissimo di episodi registrati è stata dal 7 ottobre in poi dell’anno passato.

«Per arrivare ad un livello simile dobbiamo tornare al 1982. La differenza dopo l’attacco di Hamas riguarda gli episodi nel mondo reale, non – solo – online. Atti vandalici, forme di minaccia, attraverso scritte nelle case abitate da ebrei o presunti tali, o anche nei bar frequentati da ebrei. A Milano è stata strappata la mezuzah da un’abitazione e sostituita con un coltello. Questo è un cambiamento radicale per quanto riguarda il nostro paese, è un ‘passo in avanti’ rispetto a quello che è l’antisemitismo italiano, che non è violento».

Davvero allarmante quanto emerso dall’esposizione dello studioso. «C’è chi ha ricevuto lettere minatorie, non mail. È una forma rara che non si registrava da un po’ di tempo. Le lettere contenevano accuse molto pesanti che si legano ad Israele, che è la spinta principale di questi fenomeni, ma sotto ci sono gli stessi stereotipi».

“I sionisti”, un’alternativa per non dire esplicitamente “ebrei”

Il ricercatore ha poi messo in evidenza il fatto che di rado si attaccano gli ebrei in modo diretto, se non sulle piattaforme. Al posto di “ebrei” vengono usati altri termini come “sionisti”, oppure come già da anni, si ricorre al termine “ashkenaziti”, che vengono classificati come i “falsi ebrei”. « Per loro accusare gli ebrei esplicitamente non è consono, anzi, dicono “il mio migliore amico è ebreo”, “mi piace la cucina ebraica… però i sionisti”, oppure “io non ce l’ho con gli ebrei ma con una certa categoria”.

Insomma, fanno di tutto per essere inattaccabili, o meglio ci provano, perché non vogliono sentirsi dire di essere antisemiti. Molti di loro sono inconsapevoli di esserlo. Anzi, quando viene fatto notare che nelle loro affermazioni si nasconde un tipo di antisemitismo che Deborah Lipstadt, una delle massime studiose al mondo in materia di odio antiebraico, definisce soft-core, la reazione piena di animosità è subito manifestata.

 Può sembrare assurdo, ma oggi ci sono ancora persone che credono al vergognoso libro de I Protocolli dei Savi Anziani di Sion. Ma questo atavico pregiudizio esattamente con chi ce l’ha? « Non con una categoria specifica, ce l’ha verso tutti. Pensiamo a quello che succede a Elly Schlein, più volte attaccata – anche con caricature – per le sue origini ashkenazite». E le dichiarazioni di Liliana Segre? Qualsiasi cosa lei dica viene attaccata. Quindi verso ogni categoria di ebrei.

Vicende come queste vengono inserite dall’Osservatorio Antisemitismo all’interno di aree ideologiche, di cui si tiene conto ma senza vincoli, della definizione dell’antisemitismo dell’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance).

«Abbiamo visto i ProPal con l’immagine di Adolf Hitler, in cui dicono che avrebbe dovuto concludere l’opera che ha iniziato. Non manca il già citato elemento cospirazionista, mentre alcuni hanno addirittura detto che gli israeliani – cioè gli ebrei – sono più cattivi dei nazisti perché non hanno il Vangelo. Fatto che ora troviamo modellato su Israele, ma tutto ciò ha origini molto antiche».

Non è finita qui, «sul presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky hanno perfino detto che vuole costruire in Ucraina una nuova Gerusalemme». Un’affermazione da strappare grasse risate, se non fosse che video di questo tipo hanno un numero di visualizzazioni altissime. E ancora, lo stesso si ripete durante il 27 gennaio, in occasione del Giorno della Memoria. Alcune persone che pensano che gli ebrei, in quanto tali, non siano italiani.

Da destra: Stefano Gatti, Betti Guetta

“Naso etrusco”: i messaggi in codice sui social

 Il ricercatore dell’Osservatorio Murilo Cambruzzi, nel corso delle ricerche svolte sui social media, ha segnalato l’esistenza di messaggi in codice non facili da decifrare. «Il nostro è un monitoraggio quotidiano e manuale, non ci interessano in modo specifico i numeri, ma i contenuti utilizzati dagli utenti. Prima gli ebrei venivano definiti “nasoni”, oggi in codice si parla di “naso etrusco”. Ci sono poi le emoji con l’immagine del pittore e la bandiera dell’Austria per dire Hitler. Il messaggio è in codice per non essere individuato e rimosso».

Dopo Segre e Schlein, Murillo cita altri personaggi del mondo ebraico che vengono attaccati, come il giornalista televisivo David Parenzo. «Sotto quasi ogni suo singolo post, pur non riferendosi al contenuto da lui pubblicato, vediamo messaggi a sfondo antisemita. Dopo il 7 ottobre abbiamo assistito ad una giustificazione della violenza contro gli ebrei».

Un’altra emoji citata da Cambruzzi è quella dei paracadutisti per dimostrare vicinanza a Hamas. La novità più grande per il 2023 è stato l’utilizzo dell’IA (Intelligenza Artificiale) per la creazione di immagini antisemite. Una fra tutte è l’immagine a sfondo pornografico con rappresentata Anne Frank.

Il ricercatore cita infine il fenomeno della banalizzazione della Shoah, dove in riferimento a quanto sta succedendo Israele, la gente applica distorsioni con frasi fatte del tipo: “Gli ebrei hanno superato i nazisti”. «L’aumento nelle scuole ha visto episodi molto gravi. Gli studenti ebrei dopo il 7 ottobre hanno iniziato a nascondere la propria ebraicità.

Per collegarsi a quanto detto interviene Guetta: «In realtà oggi l’antisemitismo è molto più esplicito. È molto preoccupante, perché la vicenda palestinese rende tutto più libero». Un odio verso gli ebrei che ormai è stato sdoganato. Per paura nascondono i propri simboli, come la kippah o il Maghen David, e gli israeliani all’estero evitano di parlare l’ebraico in pubblico, per paura di essere attaccati.

Uso improprio dei termini

Il mondo del lavoro non vede purtroppo esclusioni, con colleghi che anche sui gruppi di WhatsApp pubblicano messaggi di sostegno ad Hamas, generando grande senso disagio verso i colleghi di religione ebraica, e non solo.

«È importante segnalare all’Osservatorio Antisemitismo ogni singolo episodio. Esistono molti micro-episodi. Conoscerli per noi è importante al fine di condurre nella maniera più accurata il nostro lavoro e quello dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI), conclude Cambruzzi.

Al termine della conferenza, tra le persone che hanno preso la parola c’è stato anche Daniele Nahum, consigliere del Comune di Milano e membro della Comunità Ebraica milanese: «Stiamo assistendo ad uno sdoganamento dei termini come genocidio e apartheid, anche nell’ambiente politico. Dove abbiamo fallito? Dico questo perché all’evidenza dei fatti le istituzioni ebraiche e politiche hanno fallito. Forse un ripensamento su come contrastare l’antisemitismo dovremo farlo».