Una “casa” in cui si respira l’allegria dei chassidim

di Ilaria Myr

Beit Menachem: il tempio di via Asti. Di rito sefardita ma di stampo Chabad, il tempio di Rav Igal Hazan da quasi trent’anni attira famiglie, giovani e fedeli che si ritrovano nell’atmosfera accogliente che lo caratterizza.

«La prima volta che abbiamo fatto attività è stato nel 1995, in occasione di Rosh Ha Shanà, ma, nonostante avessimo comunicato la nascita del nuovo tempio, si presentarono solo sei uomini: non essendocene dieci, non potevamo fare minian e la funzione. Sotto suggerimento di mia moglie andai in strada per cercare persone, ma mentre tornavo, avvilito, mi sono sentito augurare da un bar ‘Shanà tovà’ da quattro uomini: erano ebrei, e hanno accettato di venire a fare la funzione. Grazie a loro, avevamo minian, e così abbiamo potuto celebrare il primo giorno di Rosh HaShanà. ‘Perché non lo facciamo tutti sabati?’ mi ha chiesto uno di questi del bar. Così è iniziato tutto».

Rav Igal Hazan ricorda con soddisfazione mista a un pizzico di nostalgia la nascita del Beit Menachem, la sinagoga da lui fondata quasi 30 anni fa, dopo che Rav Avraham Hazan lo aveva chiamato per soddisfare le esigenze di una comunità ebraica sempre più concentrata nelle zone vicine alla scuola della comunità ebraica. Per vent’anni il Beit Menachem ha avuto la sede in via Cola di Rienzo, dove è nato e negli anni è cresciuto in modo importante. «Abbiamo cominciato con la funzione il sabato mattina, poi il venerdì sera e il pomeriggio, e con il tempo siamo arrivati ad avere minian tutte le mattine e i pomeriggi – spiega a Bet Magazine-Mosaico -. Crescevano i frequentatori – molti dei quali prima non andavano regolarmente in sinagoga – e così anche le nostre attività, con eventi, lezioni, Talmud Torà e iniziative per i giovani».

Lo spirito di accoglienza che vi si respira – che è alla base dell’approccio dei Chabad – piace molto: nel tempo i frequentatori si fidelizzano e ne arrivano sempre di nuovi, tanto che diventa necessaria una sede più grande. Sette anni fa quindi il trasloco in via Asti, dietro piazza Piemonte, in quello che era un capannone, dove viene ricavato uno spazio molto ospitale e luminosissimo, grazie ai lucernari nel tetto. Nel quartiere vivono molte famiglie ebraiche, e i numeri del tempio salgono immediatamente. Oggi il Beit Menachem è una sinagoga frequentata in media da 120 persone ogni Shabbat, che raddoppiano durante le feste. Nonostante sia un tempio Chabad, vi si celebra il rito sefardita, in cui si riconosce la quasi totalità della comunità milanese, ma gli insegnamenti e l’aria che vi si respira sono tipici del movimento chassidico.


«La missione del nostro tempio è dare la possibilità a chi non è necessariamente un frequentatore assiduo di sinagoghe di avere un punto di riferimento dove venire per le feste, nelle proprie ricorrenze e momenti felici o tristi, o anche sabato, e sentirsi sempre accolto. E, come dimostra la nostra crescita, abbiamo soddisfatto un’esigenza. Tutte le settimane ricevo chiamate di persone che vogliono ricordare i propri cari o festeggiare qualche ricorrenza, nonché conoscere persone nuove. Una cosa tipicamente chassidica che facciamo ogni sabato dopo il kiddush è il farbrengen, che in yiddish significa ‘stare insieme’: seduti intorno a un tavolo e si parla di ciò che si vuole e davanti a un buon whisky si passa del tempo insieme. Del resto il significato di Beit Haknesset (in italiano sinagoga) è proprio ‘luogo di aggregazione’, quindi non solo un luogo di preghiera, ma uno spazio di socialità. Se c’è concorrenza con le altre sinagoghe della zona? Assolutamente no, ognuna ha la sua identità e connotazione e tutte sono molto frequentate. Il Talmud dice ‘La concorrenza fra i Maestri aggiunge la sapienza’ ed è quindi un incentivo a fare sempre meglio. E poi ci sono ancora tanti ebrei che ancora non hanno un tempio di riferimento e che sono da raggiungere: quindi ben venga l’aumento dell’offerta!».

Il pubblico che frequenta il Beit Menachem è vario: tante le famiglie con bambini, ma anche giovani, per i quali vengono organizzate attività e feste. E, come in ogni sinagoga che si rispetti, molte e varie sono le richieste che arrivano al Rav, dalle questioni economiche a quelle più personali e famigliari: del resto, Rav Igal in comunità è noto per avere facilitato non pochi matrimoni …«Il segreto dello shadkhan (sensale)? Osare! – spiega divertito -. A volte funziona, a volte no, ma bisogna sempre provarci».
Per il futuro, l’obiettivo è aumentare ancora l’offerta del tempio: quindi sviluppare lezioni per ragazze – ad oggi ce ne sono settimanalmente per ragazzi – e in generale dedicare più attività ai giovani. «Abbiamo due giovani gabbaim che stanno lavorando su uno shabbaton per ragazzi di Milano e Roma con un guest speaker che dovrebbe tenersi a marzo. E poi vogliamo aumentare le attività di studio per donne e bambini, e creare dei format che possano interessare e coinvolgere anche chi non segue già lezioni. Perché lo studio e la preghiera sono inscindibili: lo studio è il pane, e senza di esso la preghiera perde di motivazione e passione».