Partigiani, tra fucile e haTikvà

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Quanti furono gli ebrei nella Resistenza? Dove combatterono? Chi erano? Cercando di colmare una lacuna storiografica, un saggio narra la storia dei partigiani ebrei in Piemonte

All’inizio c’era solo una tesi di laurea. Tema: la partecipazione alla lotta di Resistenza nell’area piemontese di un gruppo di persone che, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, avevano deciso di unirsi a migliaia agli altri italiani nella lotta contro il nazifascismo. A caratterizzarli era stata la loro appartenenza, per tradizione familiare, religiosa o semplice dato anagrafico, alla comunità degli ebrei che allora risiedevano o si erano trovati a vivere in Piemonte. Una vicenda ancora oggi pochissimo scandagliata dalle indagini storiche.

Gloria Arbib, oggi Segretario Generale dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, lavorava all’epoca, agli inizi degli anni Ottanta come bibliotecaria al CDEC (Centro Documentazione Ebraica Contemporanea), quando Liliana Picciotto stava cominciando la ricerca sui deportati. Gloria le confessò che le sembrava un lavoro enorme, e troppo straziante. Le disse che l’appassionava di più l’idea di capire cosa era successo agli ebrei durante il periodo della Resistenza e la loro partecipazione. Propose l’argomento al docente con cui aveva deciso di laurearsi e iniziò a fare la prima lista di nomi grazie ai dati dell’archivio del CDEC. Attraverso le testimonianze, raccolte in colloqui con i sopravvissuti o ricostruite attraverso documenti ufficiali, emersero le storie di quasi 200 persone. Uomini e donne, che in quei giorni tragici avevano abbandonato le proprie occupazioni, famiglie, amici per combattere le truppe di occupazione tedesche, sotto il comando di Hitler, e le milizie della Repubblica Sociale Italiana che, agli ordini di Mussolini, rivendicavano la propria sovranità sull’Italia, nel disperato tentativo di ristabilire il dominio del fascismo, che aveva governato per oltre venti anni il Paese.

Per più di due decenni quella tesi di laurea era rimasta a prendere la polvere su uno scaffale, come succede spesso ai ricordi. Un giorno, lamentando la grave lacuna storiografica in fatto di Resistenza e storia ebraica, Gloria Arbib aveva iniziato a accarezzare all’idea di ripescare quel lavoro e renderlo fruibile, mettendolo a disposizione di un pubblico più vasto, e restituendo nel contempo onore e merito a quei giovani italiani ebrei che avevano partecipato alla liberazione del nostro Paese.

Poi, a sorpresa, arrivarono alcune richieste di storici stranieri, impegnati a lavorare sulla figura di Primo Levi: chiedevano l’autorizzazione a citare la ricerca di Arbib, come se sull’argomento non ci fosse nient’altro. Una sensazione confermata da Santo Peli, autore de La Resistenza in Italia. Storia e critica, Einaudi, in un saggio pubblicato in Memoria della Shoah, Donzelli Editore: “Quasi tutto quello che sappiamo sui partigiani ebrei è dovuto non alle storie della Resistenza, ma a studiosi della questione ebraica; e inoltre, solamente a partire dagli anni Settanta e Ottanta la partecipazione di ebrei alla Resistenza armata è stata oggetto di alcuni significativi studi. Che peraltro non sembra abbiano avuto lo sviluppo che avrebbero meritato”.

Di qui l’idea di riprendere in mano quella tesi e riscriverla insieme a Giorgio Secchi, aggiornando il lavoro con le nuove fonti della storiografia più recente sulla Resistenza e con l’integrazione della lista dei nomi grazie alla collaborazione dell’Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea “Giorgio Agosti”.

Il libro che è nato da questo lavoro, Italiani insieme agli altri, Ebrei nella Resistenza in Piemonte 1943-1945, pubblicato dall’editore Zamorani nella collana dell’Archivio Terracini, sarà presentato l’8 maggio a Ferrara nell’ambito della Festa del libro ebraico e il 15 maggio al Salone Internazionale del Libro di Torino alle ore 11.30 nello stand della Regione Piemonte.

Non si tratta di un libro di storia esaustivo su un’esperienza complessa e tormentata come fu la Resistenza. Ma gli autori, pur non essendo degli storici, hanno deciso di riprendere in mano il materiale e aggiornarlo con la nuova bibliografia resistenziale, con l’obiettivo primario di restituire la voce ai protagonisti di quella terribile stagione. L’obiettivo è stato di rendere onore a quelle sconosciute storie personali di uomini e donne,  che in molti casi furono costretti a fare i conti con la propria identità a causa delle Leggi razziali del 1938, con cui il fascismo li aveva esclusi dalla comunità nazionale, togliendo loro diritti fondamentali riconosciuti agli altri italiani.

Nel libro la loro partecipazione alla Resistenza è stata descritta attraverso le azioni di lotta partigiana cui parteciparono nelle varie aree del Piemonte: Biellese, Valli di Lanzo e Canavese, Cuneese, Valli Germanasca e Val Pellice, Langhe, Monferrato e altre zone del territorio.

Tra le testimonianze, i ricordi in prima persona di quei giorni di personalità destinate ad occupare un ruolo di primo piano nella storia politica, civile, economica e culturale del dopoguerra: Isacco Nahoum, Massimo Ottolenghi, Giulio Bolaffi, Franco Momigliano e Primo Levi. E, attraverso le parole del suo diario ed il ricordo degli amici, l’esperienza tragica di Emanuele Artom, partigiano ebreo il cui corpo, orrendamente trucidato, non è mai stato ritrovato.