Yossi Cohen, ex capo del Mossad

Da Capo del Mossad a papabile prossimo Premier israeliano: chi è Yossi Cohen?

di David Zebuloni
Distogliere l’attenzione degli israeliani dalla formazione del nuovo governo e dalla minaccia rinnovata del Covid, non risulta affatto semplice. Il conflitto Netanyahu-Bennett-Lapid continua infatti ad occupare le pagine dei giornali, così come l’apparente ritorno della pandemia nell’ormai immune Stato Ebraico. Un solo evento mediatico è riuscito dunque in questa impresa impossibile: l’intervista esclusiva realizzata dalla storica giornalista Ilana Dayan al Capo del Mossad uscente Yossi Cohen. Un appuntamento televisivo che ha fatto parlare di sé per giorni e giorni, registrando un rating da capogiri e destando l’interesse della stampa internazionale.

Qui il video dell’intervista (in ebraico)

Parola di agente segreto

Svariati sono i motivi di tanto scalpore. Primo fra tutti, vi è il fatto che un (ormai ex) Capo del Mossad abbia rilasciato un’intervista. Considerando che i membri dell’intelligence israeliano hanno sempre ripudiato la luce dei riflettori e sempre preferito agire indisturbatamente dietro le quinte, possiamo ritenere questa apparizione televisiva un evento del tutto inusuale, ma non per Yossi Cohen.

Ed eccoci arrivati al secondo motivo di tanto rumore: Yossi Cohen stesso. Così diverso da tutti i suoi predecessori, Cohen è uno show man di prima categoria, amante del palcoscenico e delle telecamere. E le telecamere sembrano ricambiare l’apprezzamento in pieno, tanto che il nome in codice di Cohen all’interno del Mossad era proprio “Il modello”. Un nome in codice molto più profondo di quanto possa sembrare, che racchiude in sé l’essenza di questo uomo tanto misterioso quanto affascinante, ma che non analizzeremo prima di chiarire il terzo motivo per il quale l’intervista al Capo del Mossad uscente ha destato tanto interesse.

Yossi Cohen, infatti, nell’ora che gli è stata concessa da Channel12, pare aver raccontato tutto ciò che un agente segreto non dovrebbe raccontare. Ha risposto serenamente a tutte le domande che gli sono state poste, ha spiegato nei minimi dettagli lo svolgimento di alcune missioni segrete realizzate in Iran, ma soprattutto non ha esitato a ribadire di aver commesso anche degli errori nell’arco della sua carriera. Una frase disarmante composta da due semplici parole, ho sbagliato, che ha lasciato interdetta l’intervistatrice, così poco abituata a sentir pronunciare parole simili da un personaggio del suo calibro.

Chi è Yossi Cohen

Tuttavia, nonostante i piccoli e grandi errori da lui commessi, gli israeliani ricordano Yossi Cohen come uno dei migliori Capi del Mossad che lo Stato Ebraico abbia mai avuto. Nato a Gerusalemme nel ’61 in una famiglia ortodossa, Cohen ha mosso i suoi primi passi all’interno dell’intelligence israeliano all’inizio degli anni ’80. All’epoca portava ancora la kippà in testa, aveva da poco finito i suoi studi in yeshivà, nonché la leva militare obbligatoria, e aveva appena iniziato la prima laurea all’Università di Londra. Nell’arco di qualche anno, dunque in età giovanissima, Cohen era stato incaricato di reclutare e gestire tutte le spie nelle nazioni straniere per conto del Mossad. Secondo la leggenda, non vi era spia ch’egli non riuscisse a reclutare. Nessuno riusciva a dire di no a Yossi Cohen, nessuno resisteva al suo fascino. Persino uno dei massimi vertici di Hezbollah aveva ceduto alle sue avances e si era unito a lui per contro dell’intelligence israeliano.

L’impatto dell’intervista sul punteggio del Likud

Il suo dono, il suo carisma, si è manifestato anche durante l’intervista televisiva tanto osannata. Ilana Dayan, infatti, definita da molti “la donna di ghiaccio”, che non si è scomposta nemmeno per le urla minacciose di Erdoğan, di fronte a Yossi Cohen pare docile come un agnellino. Ci ride, ci scherza, ci flirta. All’inizio i due sembrano giocare a scacchi. Entrambi vogliono attaccare e far fuori il nemico, ma ponderano ogni mossa con astuzia, con educazione, con delicatezza. Poi Cohen le offre un caffè preparato al microonde (“Solo io lo preparo così”, le assicura) e la Dayan si scioglie. Ed eccoci tornati al nome in codice dell’ex agente: il Modello.

Cohen pare uscito effettivamente da un film hollywoodiano. Con quei i lineamenti duri e squadrati, gli occhi sfuggenti coperti perennemente dagli occhiali da sole, i capelli folti e corvini. Egli si presenta sempre in modo impeccabile, con il completo ben stirato e le cravatte dai toni scuri, le scarpe perennemente lucide. Tuttavia, non è solo l’aspetto dell’ex Capo del Mossad a non lasciare indifferenti, ma anche e soprattutto il suo carisma. Dalla camminata sicura, al sorriso folgorante. Con la battuta sempre pronta e le risposte taglienti come lame. Quando parla Yossi Cohen, non puoi smettere di ascoltarlo, tanto che vorresti essere seduto a tavola con lui, con un calice di vino rosso in mano, e sentirlo raccontare per ore delle sue missioni segrete in giro per il mondo.

I numeri non mentono: il giorno successivo alla proiezione dell’intervista, i sondaggi interni del Likud (il partito di Benjamin Netanyahu) hanno rilevato una preferenza schiacciante per Cohen rispetto ad ogni altro candidato alla presidenza. In questo dato sorprende, tuttavia, vi è una falla: Yossi Cohen non è candidato alla presidenza. Non ancora, perlomeno. A proposito di un’eventuale carriera politica, infatti, egli non ha assolutamente nascosto a Ilana Dayan il desiderio di guidare il paese, ma ha anche affermato di non volersi gettarsi a breve in questa nuova avvenuta.

Al termine dell’intervista, un attimo prima di congedarsi, l’uomo dai mille volti e dalle mille identità ha svelato un ultimo toccante aspetto della sua vita. Cohen ha raccontato di suo figlio Yonathan, nato con una grave forma di paralisi cerebrale quando lui aveva solo 25 anni. Racconta poi con orgoglio che Yonathan è stato uno dei primi ragazzi disabili del paese ad arruolarsi come volontari nell’esercito militare. L’ex Capo del Mossad, apparentemente così privo di scrupoli, capace di reclutare persino il suo più acerrimo nemico, si spoglia per un attimo della veste luccicante di agente segreto per indossare dei panni ben più semplici ed autentici: quelli di padre. E nonostante l’aria da duro,  Yossi Cohen risulta credibile anche così, nelle sue fragilità.