di David Zebuloni
Secondo The Telegraph, pare che l’Iran si stia preparando a una possibile offensiva israeliana immediata sulle sue strutture nucleari. “Israele non attacca e non attaccherà per lealtà agli Stati Uniti, che vogliono un negoziato”, spiega Beni Sabti, uno dei massimi esperti del Regime Iraniano e ricercatore presso l’Istituto per la Sicurezza Nazionale (INSS).
Secondo quanto riportato questa settimana dal quotidiano britannico The Telegraph, pare che l’Iran si stia preparando a una possibile offensiva israeliana immediata sulle sue strutture nucleari, e di conseguenza che abbia innalzato il livello di allerta nei siti più sensibili del paese. “Il regime si aspetta un attacco ogni notte”, viene ancora scritto nell’articolo. Una notizia che ha suscitato grande interesse a livello mondiale, e grande preoccupazione in Medio Oriente.
“Quando questo articolo è stato pubblicato, ero a una conferenza. Mi ha colpito come un fulmine a ciel sereno”, racconta Beni Sabti, uno dei massimi esperti del Regime Iraniano e ricercatore presso l’Istituto per la Sicurezza Nazionale (INSS), in un’intervista a Makor Rishon. “Sono molto sorpreso, non capisco da dove provenga questa notizia”.
Secondo il ricercatore, l’ultimo scoop di natura mediorientale pubblicato dal Telegraph, non è in alcun modo allineato con la strategia militare e politica di Israele. “Il governo israeliano è assolutamente coordinato con l’amministrazione americana, specialmente da quando è iniziato il mandato di Donald Trump. Dunque, se il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato di voler tentare a negoziare con il regime, Israele non agirà diversamente“, afferma.
“Israele non è come Hamas, che tradisce i suoi alleati e intraprende pericolose avventure da solo”, aggiunge poi. “Quello che Hamas ha fatto il 7 ottobre, Israele non lo farà mai. A differenza delle organizzazioni terroristiche, i paesi democratici sono coordinati tra loro. L’Iran dovrebbe saperlo molto bene. In caso non lo sapesse, si tratterebbe di una grave miscalcolazione circa i rapporti indissolubili tra Israele e gli Stati Uniti”.
Seppur non coincida con la strategia militare e politica di Israele, la notizia pubblicata dal Telegraph non pare essere priva di fondamento. Un mese esatto fa, il New York Times ha scritto che il leader supremo dell’Iran, Ali Khamenei, ha dato l’ordine di prepararsi a una guerra con Israele. “Penso che l’allerta iraniana abbia un obiettivo politico non necessariamente legato a Israele, ma rivolto principalmente al popolo iraniano e all’opinione pubblica all’interno del paese”, sottolinea Beni Sabti.
“Dopo la sconfitta di Hamas e Hezbollah, dopo la caduta di Bashar al-Assad, il regime è in preda al panico”, spiega il ricercatore. “Da tre mesi sta conducendo esercitazioni per mostrare un’inesistente forza deterrente. Tuttavia, come dicevo, credo che questa volta il messaggio sia indirizzato verso l’interno, e non verso l’esterno. Il regime sta disperatamente cercando di riacquistare il sostegno di quella fetta di popolazione che ha perso fiducia in lui durante l’ultimo anno”.
D’altronde, la situazione economica e sociale in Iran è a dir poco tragica. Gli uffici governativi e le scuole in tutto il paese sono chiusi tre giorni alla settimana, ogni settimana. Non c’è acqua, non c’è elettricità. “Lo stato ha completamente fallito in ogni suo impegno”, afferma Sabti. “Dunque, se il regime riesce a convincere tutti che la minaccia sionista è imminente, che Israele mette effettivamente in pericolo l’esistenza stessa del regime, il popolo sarà molto più incline a sostenerlo e a collaborare con lui”.
E non è tutto. Secondo Sabti, il dichiarato desiderio del neo presidente americano di negoziare con il regime degli Ayatollah, sta di fatto impedendo un attacco israeliano sul suolo iraniano. “Non è una questione di capacità. Militarmente parlando, Israele potrebbe distruggere il regime in due ore, senza troppo sforzo”, sostiene. “Tuttavia, Israele non attacca e non attaccherà per lealtà agli Stati Uniti. Finché Trump non avrà dichiarato che i negoziati sono falliti, Israele non stravolgerà i fragile equilibri in Medio Oriente”.
Inoltre, secondo Beni Sabti, è anche possibile che l’allerta iraniana non sia altro che una strategia per accelerare i negoziati con Donald Trump. “Fa parte della cultura iraniana minacciare per suscitare il tuo interesse. Così facendo, il regime vuole attirare l’attenzione del nuovo governo americano, che di fatto teme e rispetta molto più del precedente”. Per quanto riguarda la questione del tempo, ovvero quando non sarà più possibile evitare un conflitto militare tra Israele e l’Iran, il ricercatore ha le idee molto chiare.
“Non è comune nella cultura occidentale parlare di orizzonti temporali, ma nella cultura iraniana tutto avviene secondo una loro persolare concezione di linea temporale”, racconta Sabti. “Guardando a lungo termine, non c’è dubbio che l’Iran stia ancora cercando di distruggere lo Stato di Israele. Crede ancora che accadrà, che alla fine vincerà. A breve termine, la realtà è ben diversa. A breve termine, i negoziati con Trump potrebbero rivelarsi particolarmente importanti e benefici per la sicurezza d’Israele”. Uno scenario forse troppo ottimista, ma non del tutto irrealizzabile.