Via Azzariti, un’onta da cancellare dalla storia d’Italia

Italia

Ha aperto una vivace polemica la questione dell’esistenza a Napoli di una via dedicata a Gaetano Azzariti, nominata da Mussolini in persona presidente del tribunale della razza. Una polemica che non si limita all’esistenza della via in suo nome, ma che comprende tutti gli onori e i riconoscimenti di cui, inspiegabilmente, Azzariti fu oggetto dopo il fascismo.

La notizia, sollevata dal quotidiano partenopeo Il Mattino, è stata ripresa ieri da Gian Antonio Stella, che sul Corriere della Sera chiedeva di cambiare nome alla strada.

Ma è l’articolo di Giuseppe Montesano oggi sul mattino a fare chiara luce su una questione che non riguarda solo il nome a una via, ma che si ampia invece a tutta una serie di onori e riconoscimenti inspiegabili che furono dati ad Azzariti.

“Azzariti non fu solo presidente nel 1939 del tribunale della razza – scrive Montesano -, non solo aveva firmato il manifesto della razza, ma era già stato nel 1927 il capo dell’ufficio legislativo di Mussolini, e nel 1942 fu uno dei protagoniosti della codificazione civile. Ma nel 1943 fu  nominato dal re Ministro di grazia e giustizia nel governo Badoglio e, nel dopoguerra, Palmiro Togliatti, fautore della “pacificazione”, lo volle nella commissione che decideva sull’epurazione dei fascisti”.

Uno scherzo? Per niente. Addirittura, pochi anni dopo il presidente Gronchi conferì ad Azzariti la gran croce al merito, che si dava a chi si fosse distinto per cause umanitarie.

“E oggi – continua il Mattino -, a chi chiede di cancellare il nome sulla strada, gli eredioppongono questa motivazione: ‘se l’Italia repubblicana al completo – comunisti, democristiani e liberali – diede all’ex presidente del Tribunale della razza, onori e incarichi, perché mai cancellare il suo nome dalla via?’. E hanno dal loro punto di vista perfettamente ragione, che però affonda le radici nella malattia che rode questo Paese da quasi un secolo: la malattia dell’oblio compiacente e interessato”. Perché la memoria in questo Paese “sembra essere troppo spesso una comoda vestaglia da rivoltare a seconda del tempo, un ricordare questo e dimenticare quello in una sorta di cinismo etico che si rivela fra le forme più gravi di peste morale e civile dell’Italia”.