Alcuni articoli che fanno luce sulla verità

Israele

di

gazaNon dovrebbe fare notizia che i giornali raccontino un conflitto nelle sue diverse facce, senza pregiudizi e prese di posizione.  Ma sappiamo bene come, quando si parla del conflitto israelo-palestinese, ciò non avvenga, e siano davvero isolati i casi  in cui invece viene dato spazio anche alle ragioni degli israeliani e alle loro difficoltà quotidiane, ed è ancora più raro che si citino le manipolazioni dei media da parte dei palestinesi, così come il loro uso dei civili come scudi umani.

Ma durante quest’ultima guerra da parte dei media italiani sembra esserci un’attenzione maggiore – spesso certo non sufficiente – alla parte israeliana, minacciata quotidianamente da centinaia di missili (che hanno finora fatto un numero contenuto di vittime e danni solo ed esclusivamente perché Israele ha investito ingenti somme nell’Iron Dome) e alle mancanze da parte palestinese.

Fa dunque piacere leggere notizie che vogliono fare luce sulla verità: capita sul Corriere della Sera, che, ancora una volta per mano di Pierluigi Battista, pubblica un interessante articolo intitolato “Lo sguardo malato d’ipocrisia“, che tratta della totale passività dell’Europa di fronte al conflitto arabo -israeliano e in generale delle guerre nel mondo (Siria in primis). “L’Europa non sa dire una parola ai conflitti che insanguinano il mondo, a un passo da casa. Non si sa cosa pensi di tutte le tragedie che costellano l’agenda internazionale. Le immagini della morte a Gaza lasciano senza fiato, ci schiacciano, sono intollerabili, ogni bambino ucciso ci travolge, e ci fa tremare quando papa Francesco grida «basta, fermatevi». Il suono delle sirene di Israele che chiamano le famiglie nei rifugi dove ripararsi dai razzi di Hamas ci fa disperare: quando finirà tutto questo, se mai finirà. Ma l’Europa avrebbe il dovere di dire una parola, di cercare soluzioni, di costruirsi un profilo di interlocutore autorevole. E invece dove sta l’Europa? Se ne sta inerte, muta, impotente, marginale, irrilevante”. E ancora: “Un’Europa fiera di sé, dotata di un pensiero, di una strategia, di un’idea del mondo potrebbe pur dire qualcosa ai governi di Israele, sostenerli contro chi vuole annientare lo Stato degli ebrei, ma anche pronunciarsi sulla sventurata strategia dei nuovi insediamenti, costringerli al dialogo con Abu Mazen e con i palestinesi che oggi non seguono la deriva terrorista e criminale di Hamas. Ma chi lo può dire, in Europa? Che credibilità può avere l’Europa se nega a Israele il diritto di difendersi e se si mostra ambigua con Hamas?”.

In un articolo intitolato “Se l’odio per Israele uccide la verità” pubblicato sul Giornale il 23 luglio, Vittorio Feltri riflette sulla legittimità della reazione israeliana ai lanci dei razzi di Hamas. “Israele, in fondo, reclama solo il diritto di esistere che, di fatto, gli viene negato – si legge -. L’aspirazione (varie volte dichiarata) dei Paesi di quell’area geografica è quella di distruggere i nemici ebrei, i quali per evitare di essere massacrati si armano fino ai denti e, quando sono minacciati, reagiscono, alimentando l’antisemitismo internazionale, ancora molto forte, che trova ospitalità anche in Italia sia in certa sinistra, sia in certa destra, specialmente fascista, sia nella maggioranza della stampa. Cosicché in modo assai rozzo, gli israeliani vengono fatti passare – a causa di una propaganda disgustosa – per cattivi, e i palestinesi per povere vittime. Sorvoliamo per brevità su tutte le guerre che hanno insanguinato quelle terre, ma non sui tentativi di istituire uno Stato palestinese che avrebbe consentito una pace duratura. Tentativi immancabilmente falliti”.

Molto interessante poi è anche l’intervento di Fabrizio Rondolino su Europa dal titolo ‘Basta con quei bambini usati contro Israele‘, in cui il giornalista attacca senza mezzi termini l’uso che la stampa italiana fa delle vittime civili di questo conflitto.

“I nostri media ogni giorno si prestano alla pornografia della morte, ogni giorno titolano in prima pagina sui morti innocenti – scrive -: così l’attenzione non è più sulle ragioni della guerra, sul terrorismo di Hamas, sull’offensiva fondamentalista islamica che da Mosul a Gaza ha come obiettivo i valori e le libertà dell’Occidente, ma sui bambini, decontestualizzati e angelicati nel pantheon delle emozioni mediatiche: e chi non inorridisce di fronte a un bimbo morto ammazzato?.
I nostri media non osano scrivere che Israele uccide senza scrupoli, ma probabilmente lo pensano e di sicuro vogliono farcelo credere. Giocano con i sentimenti e ricattano ogni giorno i lettori: da una parte ci sono i bambini morti, e dall’altra c’è – senza dirlo mai esplicitamente, per paura e vigliaccheria – un esercito spietato, un governo spietato, uno Stato e un popolo spietati”.
Ma Israele non è spietato né guerrafondaio, continua, perché tutte le guerre che ha combattuto sono state iniziate da altri. Dunque “criticare Israele non è antisemitismo: lo fanno molti ebrei e lo fanno molti israeliani (non altrettanto si può dire dell’altra parte). Ma dipingere giorno dopo giorno Israele come un mostro, speculando sui sentimenti più elementari dell’opinione pubblica e rifiutandosi di illustrarne le molte ragioni, produce nel tempo un diffuso e pericoloso sentimento antiebraico, tanto più intollerabile quanto più è evidente che Israele, in questa come in tutte le altre guerre, è la vittima”.

Infine, anche se è datato novembre 2012, risulta attualissimo un articolo che sta circolando sui social network proprio in questi giorni: firmato da Aldo Grasso e pubblicato su Sette, è intitolato “Quante Pallywood su Israele” e spiega l’origine della parola Pallywood (da Hollywood e Palestine) utilizzata per indicare le costruzioni mediatiche da parte dei palestinesi. “Gli esempi si sprecano, e sono tutti ampiamente verificabili: immagini di bambini insanguinati sui lettini d’ospedale, o addirittura morti, prese dal conflitto in Siria e spacciate come testimonianze del bombardamento su Gaza; immagini di palestinesi che scavano fra le macerie in cerca di bimbi, peccato che quegli uomini portino la kippah, il copricapo usato dagli ebrei; spreco di immagini con scritte false”.