La serie Hit & Run è stata annullata

Novità Netflix: no alla seconda stagione di Hit & Run. E per la produzione su Roal Dahl è polemica: “Fu un feroce antisemita”

Spettacolo

di David Zebuloni
La notizia è arrivata sei sole settimane dopo l’uscita sul gigante dello streaming: Hit & Run non avrà una seconda stagione. Proprio così, per ragioni ignote (seppur intuibili), Netflix ha deciso di annullare il sequel dell’acclamata serie tv israeliana dalla produzione americana. Così, dopo il successo planetario di Fauda, i due autori Lior Raz e Avi Issacharoff hanno dovuto incassare il duro colpo e accettare il fallimento: la loro seconda opera cinematografica, infatti, non gioverà del successo della prima. 

Nonostante Hit & Run abbia ottenuto ottimi riscontri da parte dei fan di tutto il mondo, posizionandosi tra le prime dieci serie tv più viste al mondo nella prima settimana, i produttori statunitensi hanno probabilmente ritenuto che l’investimento non valesse il successo. D’altronde, come annunciato dalla stessa produzione, ogni episodio del thriller in questione è costato niente meno che quattro milioni di dollari. Una cifra esorbitante anche per un colosso quale Netflix.

Senza cadere in spoiler indesiderati, anche se risulterebbe quasi impossibile spoilerare una serie tv tanto contorta e complicata quale Hit & Run, l’opera israelo-americana narra le vicende di un certo Segev Azulai (Lior Raz): una guida turistica felicemente sposata con la ballerina americana Danielle (Kaelen Ohm), presto investita mortalmente in quello che non risulta essere un semplice incidente stradale, bensì un omicidio voluto. La trama si infittisce quando Segev si reca a New York per cercare delle risposte ai suoi perché e, oltre a fare i conti con gli assassini di Danielle, deve fare anche i conti i fantasmi del suo passato.

Guardando il thriller firmato Raz-Issacharoff dai quattro milioni di dollari netti ad episodio, pare impensabile non apprezzarne il contenuto, eppure l’opera non riesce a convincere fin in fondo chi scrive. Hit & Run è senza dubbio una serie tv ben congeniata, studiata nei minimi dettagli, ricca di colpi di scena, ma anche pesante, rocambolesca, inverosimile e talvolta esasperata. Lo sforzo degli autori di proporre uno spettacolo mozzafiato non è assolutamente trascurabile, tuttavia, in questo caso, vige la celebre regola di less is more – meno è più. Così saturo di contenuti, infatti, il thriller non lascia allo spettatore il tempo e lo spazio di metabolizzare le vicende drammatiche, prima di scaricargliene addosso altre. 

Sopra a tutte le critiche (alcune delle quali, forse, eccessive), tuttavia, vi è un problema di fondo: il protagonista. Lior Raz, difatti, sembra non riuscire a liberarsi del personaggio interpretato in Fauda. Personalmente, non ho trovato alcuna differenza tra Doron Kavillio e Segev Azulai. Entrambi loro si muovo nello stesso modo, si vestono nello stesso modo, hanno lo stesso identico sguardo vendicativo, agiscono nello stesso modo (perennemente e inesorabilmente) impulsivo. Inoltre, sia Segev che Doron, sono disposti a mettere a repentaglio la sicurezza di un’intera nazione per risolvere le loro cause personali. Da un attore del suo calibro, da un Lior Raz dal talento indiscusso, ci si aspettava un’interpretazione un po’ più inedita. 

Una scena della prima stagione della serie Netflix ‘My Unorthodox Life’

Novità: a breve la seconda stagione di My Unorthodox Life

A proposito di seconde stagioni, non tutte le serie tv in salsa jewish vivono il dramma di Hit &  Run. Come annunciato dal gigante dello streaming, infatti, presto la docu-serie My Unorthodox Life godrà di una seconda super attesa stagione. Ancora non vi sono dettagli dell’opera che racconta la vita di l Julia Haart, un’importante stilista di moda cresciuta in una famiglia ebraica ultraortodossa di cui oggi ripudia le dinamiche opprimenti e i riti troppo folcloristici, ma le prime polemiche non sono tardare ad arrivare. Accusata di calunniare la religione ebraica, la Haart ha commentato al Jewish Telegraphic Agency che “le persone dovrebbero vedere la serie, prima di criticarla. Sono state trarre infinite conclusioni sul mio conto, senza che nessuno abbia realmente ascoltato ciò che avevo da dire”. Un eccessivo vittimismo? Forse. Lo stesso, d’altronde, che ha contraddistinto l’eccentrica stilista nell’arco di tutta l’acclamata docu-serie. 

Roald Dahl su Netflix: un affronto antisemita? 

Lo scrittore britannico Roal Dahl nel 1982 (Fonte: Wikimedia Commons. Autore: Hans van Dijk / Anefo)

Dopo che Netflix ha annunciato di aver acquistato l’intero catalogo di opere del defunto scrittore britannico per bambini Roald Dahl, il Board of Deputies of British Jewish ha chiesto al gigante dello streaming di produrre un documentario che esaminasse la storia antisemita dell’autore di Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato. Il presidente dell’organizzazione britannica ha definito Dahl un “virulento antisemita”, sostenendo poi che risulterebbe più corretto mostrare agli spettatori il suo lato oscuro, rispetto a quello artistico già apprezzato in tutto il mondo. Un’accusa forte, ma non infondata. Lo scrittore in questione, infatti, all’età di 74 anni, qualche mese prima di morire, disse al The Independent che gli editori ebrei “controllano i media” e aggiunse: “Sono certamente anti-israeliano e sono diventato antisemita nella misura in cui si accetta una persona ebrea fortemente sionista in un paese come l’Inghilterra”. Al New York Times, invece, aveva citato i “potenti ebrei americani”, concludendo che “essi controllano tutte le banche e le istituzioni finanziarie”. Tanto che nel dicembre 2020 la famiglia di Dahl ha pubblicamente chiesto scusa.Queste osservazioni prevenute sono incomprensibili per noi e sono in netto contrasto con l’uomo che conoscevamo e con i valori al centro delle storie di Roald Dahl, che hanno avuto un impatto positivo sui giovani per generazioni – hanno scritto in una nota -.”Speriamo che, proprio come ha fatto al suo meglio, al suo peggio in assoluto, Roald Dahl possa aiutarci a ricordarci l’impatto duraturo delle parole”.

Per quanto riguarda Netflix, la piattaforma online non ha risposto alle accuse, ma ha pubblicato sul profilo Instagram, con un tempismo che non è passato inosservato, un messaggio inequivocabile: “Noi rigettiamo ogni forma di antisemitismo esistente”.