Beaufort

Spettacolo

Per la prima volta dal 1984, un lungometraggio israeliano è stato candidato all’Oscar come miglior film straniero: si tratta di Beaufort, diretto da Joseph Cedar ed ispirato al romanzo best-seller If Heaven Exists in cui l’autore, il giornalista trentaduenne Ron Leshem noto per i suoi reportage sull’Intifada, narra la storia, drammatica, ironica e triste al contempo, degli ultimi giorni di occupazione militare trascorsi in Libano nel 2000.

Dopo avere contesa la candidatura con The Band Visit di Eran Kolirin, ritenuto ineleggibile per la troppo alta percentuale di dialoghi in lingua inglese, il film di Joseph Cedar, già precedentemente premiato come miglior regista a Berlino, è stato scelto con altri quattro candidati provenienti da Austria, Kazakhistan, Russia e Polonia.

Magnifico il romanzo da cui è tratto, edito in italiano da Rizzoli con il titolo di Tredici soldati, dove l’atmosfera di tensione, paura, ma talvolta anche di magia che regna nel castello crociato di Beaufort trasformato in base militare, diviene percepibile anche per chi ignori la realtà del luogo e degli anni di guerra da cui è stato dominato.
Ultimo avamposto israeliano in Libano dopo 18 anni dall’invasione del 1982, Beaufort, l’antica fortezza dove il tempo sembra essersi fermato, scandito solo dalle esplosioni e dalla morte, è lo scenario della storia di Erez, un ufficiale anarchico e ribelle di 21 anni. Responsabile della vita, talvolta fino alla fine, di 13 soldati, Erez, malinconico e sfrontato, romantico e irriverente, appassionato al suo ruolo fino all’estremo, non sarà destinato a riportare tutti a casa come si era promesso, ma la sua dolcezza d’animo, sia pure occultata da una vita priva di certezze, si rivelerà il fulcro della narrazione di Ron Leshem, degna di apparire nella lista dei più noti “autori di guerra”, come Remarque e Rigoni Stern.

L’Oscar per il miglior film straniero è andato però a Il falsario – Operazione Bernhard, regia di Stefan Ruzowitzky (Austria). La storia: Berlino 1936. Sorowitsch è il re dei falsificatori ed è ebreo. La sua vita cambia quando viene portato a Mauthausen e da lì trasferito, per la sua competenza, in un campo privilegiato insieme ad altri tecnici della falsificazione. Dovranno produrre valuta pregiata falsa per sostenere le casse ormai vuote del Reich. Sorowitsch inizialmente non si pone problemi: ha trovato il modo di sopravvivere e di esercitare la propria “arte”. Progressivamente uno dei suoi privilegiati compagni di prigionia lo pone dinanzi al dilemma: continuare a falsificare denaro favorendo il nazismo o boicottare l’operazione mettendo a repentaglio le proprie vite?