Premio Oscar: fuoco amico

Spettacolo

Nessun film israeliano ha mai vinto un Oscar, ma data la crescente popolarità e i riconoscimenti ottenuti in campo internazionale da questo cinema esiste ora la concreta possibilità che un film “ebraico” non solo partecipi ma anche che vinca il premio. Tuttavia, come nel caso del Nobel per la letteratura, dove due scrittori israeliani – Amos Oz e David Grossman – si sono danneggiati a vicenda per eccesso di meriti, così ora succede per la nomination all’Oscar (categoria miglior film straniero) dove due sono i film israeliani in concorrenza, o in guerra, fra loro.

Si tratta di due film assai diversi: uno è The Band’s Visit, l’altro è Beaufort. The Band’s Visit è una commedia agrodolce per la regia di Eran Kolirin che racconta di un complessino della polizia egiziana che viene bloccato in una piccola città in via di sviluppo nel deserto del Negev. Beaufort è invece un cocente dramma sull’ultima unità israeliana che ha lasciato il Libano nel 2000, diretto da Joseph Cedar, un regista di origine americana.

La storia dei due film in concorso è a sua volta intrigante, perché è fra i produttori e distributori dei film che si svolge una lotta senza esclusione di colpi, fatta di cortine di fumo, calunnie, presunti loschi traffici e dove naturalmente sono in gioco montagne di soldi.

Il primo dei due film dunque, riconosciuto come migliore dall’istituto cinematografico israeliano, è diventato automaticamente candidato a rappresentare Israele, nella categoria film stranieri degli Oscar. Ma il diavolo ci ha messo la coda: anche se normalmente nel linguaggio cinematografico di parla “Miglior film straniero”, la definizione tecnica dell’American Academy Award è “Miglior film in lingua straniera”. Il regolamento parla chiaro: i dialoghi devono essere “prevalentemente”, o almeno più del 50 per cento, nella lingua del paese proponente. Ora, le lingue ufficiali in Israele sono l’ebraico e l’arabo, ma dato che i personaggi del film parlano fra loro in inglese, anche se stentato, la Academy ha squalificato l’opera permettendo così l’ingresso del secondo film in lizza.

C’era già stato un clamoroso precedente, quando due anni fa la segreteria del premio aveva respinto nove film stranieri per lo stesso motivo. Un caso che ci riguarda da vicino fu quello dell’italiano Private (di Saverio Costanzo, cui Mosaico ha a suo tempo parlato), storia di un gruppo di militari israeliani che occupa una casa di palestinesi cercando di cacciarne gli abitanti: il film venne rifiutato perché nessuno dei personaggi parlava italiano, ma i nostri produttori sostennero che la segreteria l’aveva escluso perché era troppo filo-palestinese. E si sa che il comitato che seleziona i film stranieri è densamente popolato da ebrei.
Recentemente le organizzazioni hanno favorito film fortemente critici sulla società israeliana e praticamente senza nessun personaggio positivo. Forse che gli ebrei hollywoodiani ora si siano disgustati? Allora il più allegro e apolitico Band’s Visit avrebbe potuto essere un gradito antidoto, mentre d’altra parte l’immagine di Israele più famigliare e a cui più facilmente si fa riferimento è quella rappresentata in un dramma militare.

E allora? Restate sintonizzati fino al 22 gennaio, notte dell’annuncio dei premiati.