Sonderkommando, ovvero lo sterminio in diretta

di Ilaria Myr

A Rimini un mega convegno dedicato alle squadre degli ebrei addetti alle camere a gas.
In memoria di Shlomo Venezia, sopravvissuto a quell’orrore

Testimoni dello Sterminio. I prigionieri ebrei dei Sonderkommando è il titolo di un’intera giornata di studi tenutasi il 20 novembre al Teatro Galli di Rimini, organizzata dal Comune della città con la Fondazione Museo della Shoah di Roma e del Mémorial de la Shoah di Parigi, con la collaborazione del Museo di Auschwitz e dell’Istituto storico della Resistenza di Rimini. Un convegno internazionale – il primo su questo argomento -, dedicato, nel decimo anno della morte, alla memoria di Shlomo Venezia, italiano sopravvissuto a quegli orrori, che ha visto la partecipazione di diversi studiosi, italiani e internazionali, relatori ed esperti di vari Paesi (Peter Klein, Igor Bartosik, Carlo Saletti, Laura Fontana), che hanno affrontato il tema da prospettive diverse, tra storia, memoria e letteratura.

 

Testimoni dello sterminio, dal titolo scelto per il convegno, è una definizione che sottolinea la situazione tragicamente eccezionale di questo piccolo gruppo di detenuti, risparmiati solo temporaneamente dall’uccisione, ai quali le SS delegavano il compito peggiore: accompagnare le vittime al luogo della loro messa a morte, recuperare ogni oggetto di valore (denti, protesi, vestiti, scarpe, persino i capelli delle donne), seppellire o incenerire i cadaveri per far sparire ogni traccia del crimine. Obbligati a un compito orribile, i Sonderkommando non avevano speranza di rimanere in vita, ma venivano periodicamente eliminati e sostituiti con altri prigionieri. Il giovane italiano Shlomo Venezia, perseguitato e deportato con la sua famiglia da Salonicco nel 1944 perché ebreo, fu scelto col fratello e un cugino per la squadra speciale di lavoro (Sonderkommando) assegnata ai grandi crematori di Birkenau dove ogni giorno venivano assassinate e incenerite diverse migliaia di famiglie ebree, tra cui anche 9000 persone catturate in Italia (Rodi compresa). Tra i pochissimi superstiti al mondo dei Sonderkommando, Shlomo Venezia, nel Dopoguerra, si ricostruisce una vita e una bellissima famiglia, scegliendo negli anni Novanta di dedicarsi alla testimonianza. “Non ho più avuto una vita normale. Non si esce mai, per davvero, dal Crematorio”, così conclude Shlomo Venezia la sua testimonianza consegnata nel libro Sonderkommando Auschwitz. La verità sulle camere a gas. Una testimonianza unica, pubblicata nel 2007 da Rizzoli. «A Shlomo ci lega un enorme debito di gratitudine – sono le parole di Laura Fontana, Responsabile dell’Attività di Educazione alla Memoria – per i tanti viaggi ad Auschwitz, con insegnanti e studenti di Rimini, ai quali ci ha accompagnato, guidandoci con i suoi tragici ricordi, ma anche per le numerose volte in cui è venuto a Rimini a raccontare la sua terribile storia. Del resto è stata pro-prio Rimini, con Shlomo. Un testimone, di Giancarlo Sormani, a realizzare nel 2003 il primo film sulla sua storia».

Nel suo intervento, Laura Fontana ha ripercorso la storia di diverse foto scattate da alcuni prigionieri del Sonderkommando clandestinamente dal crematorio V di Birkenau: una testimonianza dello sterminio “in diretta” resa possibile da un’impresa collettiva di grande eroismo, compiuta nel momento in cui Auschwitz era alla sua massima estensione come sistema di campi di concentramento e di lavoro forzato, e come centro di sterminio col gas nell’ambito della “Soluzione finale”.
«Grazie al coraggio di questi prigionieri, mossi da un imperioso bisogno di documentare l’assassinio di cui erano testimoni impotenti, e nella consapevolezza che fosse prossima anche la loro fine, fu possibile strappare all’inferno quattro pezzi di pellicola – spiega Fontana -. Pochi frammenti visivi che consegneranno al mondo delle immagini che il regime nazista non avrebbe mai voluto mostrare in caso di sconfitta e che sarebbero dovute rimanere invisibili, relegando l’orrore assoluto dello sterminio al buio dell’inconcepibile e dell’inimmaginabile».
Stampate alla fine della guerra dal fotografo polacco Stanislaw Mucha che alla Liberazione collaborò con i reporter sovietici, le immagini verranno utilizzate come prove per incriminare una quarantina di criminali nazisti al processo di Auschwitz che si tenne a Cracovia nel 1947.