A Giovanna Rosadini il Premio Pavese 2023 per la poesia

di Ilaria Ester Ramazzotti
Il “raggiungimento di una terra promessa, quella a cui mi sono sempre sentita destinata”. Così la poetessa Giovanna Rosadini definisce la pratica della scrittura. Un raggiungimento che lo scorso 10 settembre è stato coronato dal prestigioso Premio Pavese (per la sezione poesia), promosso dalla Fondazione Cesare Pavese, svoltosi nella sua quarantesima edizione a Santo Stefano Belbo, Cuneo. “Davvero un grande onore – ha detto Giovanna Rosadini a Bet Magazine -. Sono contenta perché, se molti mi identificano come la poetessa di Unità di risveglio, raccolta nata dall’esperienza del coma e relativo, appunto, risveglio e riabilitazione, le motivazioni della giuria hanno invece centrato questa parte fondamentale del mio lavoro: l’attenzione data al sacro”. Centrali, nell’opera della nota poetessa, nonché direttrice della rivista Atelier e già editor alla Einaudi, sono infatti i temi ebraici.

“La poesia di Giovanna Rosadini – leggiamo nella motivazione del premio -, si distingue per una sobrietà di meditazione, spesso biblica, che avvicina il suo sentire a quello di Primo Levi, ma anche all’ultimo Montale: «Cherubini senza più ali custodiscono / paradossi». La coscienza della tradizione ebraica ispira un acuto senso di responsabilità della parola e di fragilità della presenza umana”. Lo si evince approfonditamente nella silloge Numero completo dei giorni che, ha sottolineato Rosadini nel suo discorso pronunciato contestualmente alla ricezione del premio, è frutto “di un confronto con uno dei testi basilari della nostra civiltà occidentale di matrice giudaico-cristiana, vale a dire la Torà […]. Mi interessava avvicinarmi, con gli occhi di un lettore comune contemporaneo, e un approccio personale e libero, a quello che è un grandioso repertorio di temi e archetipi che ancora che ancora agiscono nel nostro inconscio individuale, ed è possibile ritrovare nella produzione culturale odierna. Ecco allora che Bereshit, ovvero Genesi (letteralmente: in principio) mi ha dato lo spunto per affrontare, in versi, il tema dell’inizio come possibilità di cambiamento e rigenerazione che possiamo sperimentare a qualsiasi età e in qualsiasi momento della nostra vita; […] il brano biblico, o parashà, che racconta del sacrificio (ma la traduzione letterale è “la legatura”) di Isacco è stato il punto di partenza per una riflessione sul significato dei legami profondi (laddove decidere di assumersene la responsabilità significa prendere atto della propria vulnerabilità, ovvero accettare il rischio e la sofferenza che ce ne possono derivare); mentre la parashà di Chajè Sarà, col suo riferimento alla morte di Sara, compagna di una vita di Abramo, e all’acquisto di quest’ultimo della grotta di Macpelà, un sito di sepoltura presso Hebron, come suggello della loro lunga e intensa storia d’amore, mi ha dato modo di scrivere del legame e della solidarietà coniugale. Così come l’episodio del Vitello d’oro, indice della problematicità del rapporto fra Mosè e il suo indisciplinato popolo, è stato lo spunto per affrontare il tema e la fatica di essere genitori, e anche l’ambivalenza del ruolo”.

“Mi preme infine citare – ha evidenziato la poetessa -, il passo dove si racconta della lotta fra Giacobbe e l’angelo, a mio parere uno dei più suggestivi e ricchi di implicazioni… affrontando l’angelo, cioè le proprie paure, i propri demoni, le proprie zone d’ombra, Giacobbe rinuncia al desiderio di sicurezza ripiombando in una notte primordiale, ma, proprio accettando la sfida, ritrova la luce… Ovvero, per diventare adulti, per guarire, bisogna affrontare le proprie debolezze e timori, la propria ferita (e, significativamente, una ferita che rende Giacobbe zoppo è la benedizione impartita dall’angelo)”. Una ferita, una benedizione e una crescita spirituale raccolte e proposte in versi poetici perché profondamente vissute. “La mia poesia – ha spiegato Rosadini -, nasce per osmosi con la vita: riesco a scrivere solo di cose che ho vissuto, patito e provato. E, siccome i sentimenti umani sono universali, mi auguro, così facendo, di scrivere per tutti”.