Israele: come smontare una falsa narrazione a 75 anni dalla nascita

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di Redazione

Una nuova edizione aggiornata: Claudio Vercelli racconta l’evoluzione storica, i mutamenti sociali ed economici, le trasformazioni culturali di un Paese che è la realizzazione di un sogno millenario. Un’epopea senza inutili trionfalismi, che tenta una narrazione scevra da pregiudizi

 

«Un fattore di grande impatto è la progressiva transizione da una situazione di insicurezza regionale (motivata dal persistente rifiuto arabo al riconoscimento del diritto all’esistenza del Paese, in parte ridimensionatosi) a una diffusa delegittimazione, politica, ideologica e culturale soprattutto in Europa e negli Stati Uniti». Questa è una delle inquietanti riflessioni che troviamo nella nuova sezione, Gli anni a venire e le questioni aperte, del saggio Israele, storia dello Stato, dello storico Claudio Vercelli, appena pubblicato da Giuntina in una edizione rivista e aggiornata all’oggi.

L’importanza di un testo come questo saggio di Claudio Vercelli sta nella capacità di entrare nelle vicende storiche con una puntuale attenzione a ciò che di Israele si dice e si sa (o più spesso non si sa) nel resto del mondo, dove si alimentano narrazioni e pregiudizi. “I termini utilizzati – scrive Vercelli – rimandano all’ispirazione ‘coloniale’ che starebbe alla base di questo percorso, alle pratiche di ‘apartheid’ nei confronti della popolazione autoctona non ebraica fino a configurare, nei casi più estremi, l’ipotesi di una sorta di calcolato ‘genocidio’ che le classi dirigenti di Gerusalemme starebbero intenzionalmente praticando a danno delle società locali. A ciò si accompagna la demonizzazione del sionismo, interpretato non in quanto movimento politico e fenomeno storico bensì come ideologia suprematista”.

Lo Stato d’Israele, e la sua vivace società, – scrive Vercelli – si presentano, dopo gli anni Duemila, come protagonisti attivi della vita collettiva. A livello regionale, nel Medio Oriente, così come internazionale. La lunga fase di affermazione e radicamento, iniziata nel 1948 e proseguita nei decenni successivi, è infatti andata concludendosi, subentrando un complesso assestamento, a tutt’oggi aperto. A tale riguardo, ci sono alcuni passaggi ineludibili, che vanno quindi identificati e definiti, per evitare – invece – i molti luoghi comuni che vengono sfoderati quando, in tanti, usano il rimando a quella realtà per ripetere, e rafforzare, i pregiudizi di senso comune. A tale riguardo, è necessario elencare i punti nodali sui quali – invece – proseguire una riflessione. Il primo di essi rimanda all’irrisolto rapporto con la controparte palestinese. Dal punto di vista israeliano, entrano in gioco molti elementi. Il primo di essi è l’assenza di un interlocutore politico unitario. La separazione tra Gaza e Cisgiordania, sul piano sociale, culturale e quindi politico, è un dato di fatto, spezzando letteralmente in due i destini delle diverse terre, assoggettate a soggetti politici, e istituzionali, tra di loro in competizione. Tra il movimentismo di Hamas, sospeso nella morsa che lega terrorismo a irredentismo, e il patriarcato conservatore di ciò che resta dell’Autorità nazionale palestinese – di fatto un’ossidata gerontocrazia – non c’è spazio alcuno di mediazione. Israele recepisce, secondo le sue linee di sviluppo e di interesse, la mancanza di un soggetto unitario antagonista al quale rifarsi”.

Un’indagine dunque su quel che è stato, una riflessione su quel che è, un’ipotesi su quel che potrà essere. Nella pluralità dei giudizi l’opera intende costituire anche un punto di vista ebraico su un modo di “essere ebrei” oggi, a volte vivendo in Israele, più spesso pensando a Israele.

Claudio Vercelli, Israele. Storia dello Stato, edizione rivista e aggiornata, Giuntina, pp. 496, 24,00 euro.