Il libro nero di Vassili Grossman e Ilya Ehrenburg: la documentazione dell’orrore visto coi propri occhi

Libri

di Cyril Aslanov

[Ebraica. Letteratura come vita] Con le battaglie di Stalingrado (agosto 1942-febbraio 1943) e di Kursk (luglio-agosto 1943) le forze sovietiche cominciarono a contrattaccare l’invasore tedesco e a riconquistare i territori persi durante la folgorante avanzata delle forze naziste nel 1941. Vassili Grossman (1905-1964) partecipò eroicamente a queste due battaglie. In quel periodo aveva già smesso di praticare la sua professione di chimico e si dedicava ufficialmente ed esclusivamente alla scrittura.

Fu in qualità di scrittore di professione con un’esperienza vissuta dalla guerra che viene reclutato dal Comitato antifascista ebraico che faceva da raccordo fra l’URSS e gli ebrei americani (in russo il termine “fascista” significava e significa ancora oggi anche “nazista”). È stato Ilya Ehrenburg (1891-1967) a raccomandare Grossman al Comitato. Entrambi erano nati nella stessa regione: Ehrenburg a Kiev stessa e Grossman a Berdichev, a 150 chilometri di Kiev. I due venivano da un ceto borghese nel quale erano stati educati in russo piuttosto che in yiddish o in ebraico. Misero in comune i loro talenti per scrivere insieme un libro documentario che descrive con la precisione di un chimico (Grossman) e di un fotografo (Ehrenburg) le tracce dei massacri commessi dai tedeschi e dai loro collaboratori nei territori occupati fino al 1943-1944. Questo libro, come il testo L’inferno di Treblinka, pubblicato in un giornale sovietico nel 1944, sono testimonianze di prima mano raccolte dal vivo poco tempo dopo la ritirata dei tedeschi.

L’Inferno di Treblinka fu un documento determinante durante il processo di Norimberga, dove vennero giudicati i più alti responsabili dei crimini di guerra nazisti. Invece, la storia della pubblicazione del Libro nero riflette le ambiguità dello stalinismo e più generalmente del regime sovietico nei confronti degli ebrei. Al momento in cui il Comitato antifascista ebraico intraprese questa raccolta di testimonianze, Stalin era interessato a stabilire un ponte con il suo alleato americano, usando gli ebrei sovietici e i loro correligionari americani per rafforzare l’efficienza dello sforzo di guerra contro la Germania nazista.

 

Tuttavia, dal momento in cui la vittoria su Hitler non era più che una questione di mesi, anzi di settimane, Stalin cominciò a rivolgere la sua aggressività paranoica contro gli ebrei che aveva strumentalizzato prima. Questo ebbe ripercussioni sul destino editoriale del Libro nero che venne parzialmente pubblicato in traduzione inglese e in yiddish nell’immediato dopoguerra ma non in russo. Nel contesto dell’inizio della Guerra fredda Stalin cominciò a perseguitare gli ebrei che accusava di cosmopolitismo. Fu in questa ondata di antisemitismo statale che i principali rappresentanti del Comitato antifascista ebraico, che era stato così utile per stringere il legame fra l’URSS e gli Stati Uniti, vennero arrestati nel 1948-1949, torturati, giudicati e assassinati nel 1952 nel sotterraneo della macabra Liubianka, la sede del MGB (quello che nel 1954 diventa KGB).


In questa bufera di antisemitismo statale, Stalin e i suoi agenti (fra i quali Zhdanov, il Goebbels sovietico) rimproverarono al Libro nero di menzionare la specificità ebraica delle vittime della barbaria nazista. Avrebbero preferito considerare le vittime ebree dell’antisemitismo hitleriano come dei cittadini sovietici senza la menzione “ebreo”. Questa tendenza fu una delle costanti della commemorazione delle vittime della Grande guerra patriottica (così si chiama ancora oggi la Seconda guerra mondiale nella lingua di legno dell’URSS e della sua continuazione putiniana). I sovietici vollero cancellare il fatto che fra i circa 27 milioni di vittime sovietiche della Seconda Guerra mondiale, due milioni almeno erano ebrei assassinati per il solo fatto di essere ebrei.

Negli anni 1970, durante il periodo di Brezhnev, quando cominciarono a manifestarsi i fermenti della dissidenza contro la dittatura sovietica, la figlia di Ilya Ehrenburg, Irina, fece evacuare dall’URSS i manoscritti originali del Libro nero che vennero pubblicati in russo nel 1980 in Israele, un paese che a quei tempi era uno dei principali centri della cultura russa libera dalla censura sovietica. Le vicende del Libro nero illustrano l’adagio Habent sua fata libelli “i libri hanno il loro proprio destino” formulato da Terenziano Mauro (II secolo dell’era comune). Documentando la strage più orrenda della storia dell’umanità, questo libro venne occultato da un potere che, pur avendo vinto Hitler, presentava dei punti comuni con il suo nemico nazista (tant’è vero che dal marzo 1939 al giugno 1941, le due dittature erano unite per un patto di non-aggressione). Non è a caso che nel suo capolavoro Vita e destino, lo stesso Grossman esprime attraverso la bocca dei suoi protagonisti l’idea che l’orrore staliniano fosse paragonabile a quello hitleriano. E come il Libro nero, Vita e destino conobbe delle vicissitudini infinite prima di essere pubblicato per la prima volta nell’originale russo nel 1980 dalla casa editrice L’Âge d’homme a Losanna. In conclusione, lo stesso anno (1980) vede la pubblicazione in russo del Libro nero in Israele e di Vita e destino in Svizzera.