Decontaminare i luoghi “dalla” memoria

Libri

di Ester Moscati

In un viaggio tra luoghi e paesaggi feriti dalla violenza della storia, Alberto Cavaglion suggerisce di usare uno sguardo libero, che scavi e insieme costruisca un percorso di rigenerazione

Esiste una correlazione tra la recrudescenza del razzismo e dell’antisemitismo e la retorica magniloquente sulla memoria? Più il ricordo della Shoah è celebrato, santificato, “istituzionalizzato” e reso obbligatorio, più si diffonde l’odio antiebraico. Qualcosa è andato storto: ci sono stati errori di comunicazione e prospettiva, errori educativi e politici ai quali è necessario rimediare.

Alberto Cavaglion, storico e saggista, propone con il suo Decontaminare le memorie. Luoghi, libri, sogni, un percorso di ripensamento, che preferisce alla celebrazione istituzionalizzata, al ricordo “imposto dall’alto”, una memoria obliqua, “coltivata in solitudine o in piccoli gruppi”, una “risorsa non inquinante” per il Quarto paesaggio, quello ferito dalla storia, avvelenato, insanguinato, che è l’oggetto di un impegno civile: “decontaminare”. Ma decontaminarlo anche dall’eccesso di memoria retorica, che è nello stesso tempo – paradossalmente – istituzionalizzata ed emotiva?

Cavaglion propone la sospensione dei Treni della memoria, una pausa di riflessione per i “paesaggi convalescenti”. «Sì, occorre prendere coscienza che anche i luoghi hanno bisogno di una convalescenza – dice a Bet Magazine – un periodo di decontaminazione come per i terreni invasi dai rifiuti tossici. Hanno bisogno di una pedagogia misurata, non troppo aggressiva».

Nel libro si parla della differenza tra Giardinieri e Bibliotecari della memoria contrapposti ai Guardiani della memoria. «Ai Guardiani della memoria ha dedicato un libro Valentina Pisanty in cui si mette in diretta relazione il lavoro istituzionale di commemorazione con la rinascita dell’antisemitismo. Io lo trovo ingeneroso; non sappiamo come sarebbe oggi la nostra società senza i vent’anni di lavoro sulla memoria. Ma certo la situazione merita un ripensamento. Mi piace l’idea di sostituire ai Guardiani, che fanno pensare a qualcosa di coercitivo e bellicoso, i Bibliotecari della memoria, che si fermino sulla soglia del campo di Fossoli per leggere brani letterari o poetici di scrittori legati a quel luogo. Guidare gli studenti all’emozione attraverso la lettura e non con la visione diretta della violenza».

Il percorso di Cavaglion verso il Quarto paesaggio – luogo contaminato dalla storia, da salvare e guarire – passa dalla letteratura. Ci sono alcune letture “necessarie”; ma può esserci una traccia personale? Va incoraggiata, anche a scuola, l’elaborazione di un viaggio autonomo, magari legato ai “luoghi prossimi” di cui gli studenti hanno una conoscenza diretta? «Sì, quelle che indico nel libro, per esempio W ou le souvenir d’enfance e La scomparsa di Georges Perec, le opere di Primo Levi, Romain Gary con i suoi Aquiloni, sono alcune delle mie letture. Ma ognuno, e soprattutto ogni insegnante ‘di buoni libri’, può farsi un suo percorso. Purché sia di letteratura ‘alta’, con la sua forza salvifica, in cui il ricordo sia proiettato in modo positivo, stimoli l’immaginazione e induca a guardare verso l’azzurro del cielo».

Tra gli errori di comunicazione che in parte hanno portato all’escalation del razzismo e della violenza proprio laddove è più forte la Celebrazione della memoria, c’è anche il ribadire l’unicità della Shoah, un concetto che non è stato ben spiegato e che fa considerare gli ebrei insensibili al dolore degli altri e capaci solo di vittimismo? «Sì, il concetto di unicità della Shoah va spiegato bene, sia per farne comprendere il senso storico, sia per evitare paragoni banali e superficiali con l’attualità».

Infine, quale futuro per il Giorno della memoria? «Va salvaguardato. Ricordiamoci il vuoto assoluto e l’ignoranza totale della Shoah che c’era fino a vent’anni fa. Ma va ripensato e tolto dalle mani della politica che lo strumentalizza. Nulla deve essere imposto dall’alto e va evitata la retorica delle parole vuote».

 

In alto: Fossoli, 1943