Gabriele Nissim: «Ricordare i 20 anni di battaglie del Giardino dei Giusti vuol dire onorare il valore dei gesti di bontà»

Eventi

di Marina Gersony

«A volte, in occasione del Giorno della Memoria, ci si dimentica che le vittime e gli ebrei non volevano essere commemorati, ma volevano vivere ed essere salvati. E noi insegniamo a salvare con l’esempio dei Giusti. E l’accordo con la Fondazione Auschwitz ha questo segno: insegnare il mondo a salvare prima che si compia il Male estremo […]. Oggi festeggiamo i 20 anni del Giardino dei Giusti di Milano, che ci ricorda la bellezza della persona buona. Ricordare i 20 anni di battaglie del Giardino dei Giusti vuol dire onorare il valore dei gesti di bontà».

Sono le parole partecipate e commosse di Gabriel Nissim, giornalista, storico e saggista nonché Presidente Gariwo a cui hanno fatto seguito gli interventi di Elena Buscemi, presidente Consiglio comunale Milano e di Giorgio Mortara in rappresentanza dell’Ucei, prima che partissero le note del concerto di musica jazz, armena e klezmer in apertura del Ventennale a Palazzo Marino a Milano lo scorso 24 gennaio, stesso giorno di vent’anni fa in cui nacque il Giardino dei Giusti nella vasta area verde del Monte Stella, concepito sull’esempio dell’omonimo spazio di Yad Vashem a Gerusalemme e con l’idea di onorare i Giusti di tutti i genocidi e crimini contro l’umanità. Una proposta di Nissim insieme al Comune di Milano e all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e che ha ispirato la nascita di più di 200 spazi simili in tutto il mondo.

Toccante il concerto di apertura a Palazzo Marino con le esibizioni di Gaetano Liguori, Ani Martirosyan e Gianpiero Marazza e Luca Garlaschelli della Klezband che con le loro melodie hanno rievocato e riacceso una memoria emotiva collettiva. Un’occasione, insomma, quella del Ventennale, rivolta a tutti coloro, scuole e cittadinanza, che hanno a cuore il messaggio dei Giusti e che Gariwo porta avanti grazie alle numerose iniziative in continuo aggiornamento che si svolgeranno nel corso del 2023.

Una fra tutte la mostra che verrà inaugurata il 20 febbraio 2023 Il Giardino dei Giusti in mostra. La memoria verde di Milano al Memoriale della Shoah, dove la storia del Giardino dei Giusti verrà ripercorsa attraverso fotografie d’autore, installazioni video e infografiche (A seguire, incontri, visite guidate gratuite, laboratori per i più piccoli e una call for proposal aperta a tutte le realtà culturali che vogliono organizzare al Giardino iniziative inerenti ai diritti umani).

Tra le novità importanti segnaliamo soprattutto la nuova Fondazione internazionale nata dalla cooperazione tra Gariwo – fondata nel 1999 da Gabriele Nissim, Pietro Kuciukian, Ulianova Radice e Anna Maria Samuelli – e la Fondazione Auschwitz-Birkenau, con l’obiettivo di accrescere ulteriormente la vocazione internazionale di Gariwo che da 20 anni onora la memoria dei Giusti di tutto il mondo.  La Fondazione Internazionale del Giardino dei Giusti (Garden of the Righteous Foundation) avrà sede a Varsavia e si propone di commemorare e divulgare il messaggio e i comportamenti dei Giusti che, in Europa e altrove, hanno salvato le vite degli altri o si sono battuti per la libertà e la dignità dell’uomo durante il nazismo e il comunismo, i genocidi, gli omicidi di massa, i crimini contro l’umanità commessi nel XX secolo e tuttora in corso.

Pubblichiamo infine di seguito la riflessione del presidente di Gariwo Gabriele Nissim uscita sul Corriere della Sera in occasione del ventennale del Giardino dei Giusti di tutto il mondo di Milano. 

Oggi, 24 gennaio, Milano celebra con un grande concerto a Palazzo Marino una data storica: il ventennale del suo Giardino dei Giustitre giorni prima del Giorno della Memoria che arriva a sua volta questa settimana, venerdì 27. L’istituzione nata sulla collina del Monte Stella è stata una vera e propria rivoluzione sul piano dell’elaborazione della memoria. Non si trattava solo di ricordare le responsabilità del nazifascismo e di tutte le complicità che hanno portato allo sterminio degli ebrei, ma di insegnare ai giovani un comportamento etico in grado di prevenire il male prima che si possa compiere nuovamente. Come sosteneva Tzvetan Todorov il grande problema della memoria non è solo quello del negazionismo, ma la riproducibilità del male e dell’odio nel mondo contemporaneo. La più grande offesa che possiamo fare alle vittime del passato è quella di rimanere passivi e indifferenti di fronte alle nuove tragedie che inquinano l’umanità. Ricordare senza assumersi una responsabilità nel proprio tempo è spesso una via di comodo e un grande equivoco. Ci si sente apparentemente a posto con la propria coscienza guardando al passato, ma non ci si mette in gioco nella propria vita politica e quotidiana.

La soluzione al problema non è per nulla facile, perché diventare argine al male richiede conoscenza, pensiero, carattere e volontà. Dare inizio ad una azione che possa introdurre nella società elementi positivi che blocchino possibili meccanismi di disprezzo e di intolleranza nella società democratiche è un compito arduo, e ancora più difficile è la possibilità dell’individuo di diventare strumento di resistenza con le sue azioni per tragedie terribili che si consumano in altri paesi. Pensiamo per esempio all’Ucraina, alla repressione della libertà delle donne in Iran, o ai campi di rieducazione degli Uiguri in Cina. Per certi versi ci si sente impotenti e spaesati. Ognuno è chiamato a un esame di coscienza la cui soluzione dipende sempre da un percorso personale.

Marco Aurelio scriveva nei Ricordi che ogni persona ogni mattina dovrebbe interrogarsi sul compito più difficile: come esercitare al meglio il mestiere di uomo. È questa la chiave fondamentale per la prevenzione dei genocidi. Il punto comune che lega ogni deriva che può riportarci al peggio è sempre la disumanizzazione degli esseri umani. Di conseguenza chi si interroga su sé stesso e sulla sua voglia di umanità diventa parte di quella catena della Ginestra di cui scriveva Leopardi, che rappresenta la rete del bene possibile, che molto spesso riesce a creare dei miracoli inaspettati, quando tutto sembra perduto.

È questo il senso più profondo del Giardino dei Giusti di tutto il mondo che è nato a Milano nel 2003 e che con la Giornata dei Giusti del 6 marzo votata dal Parlamento europeo e dal Parlamento italiano è diventato un esempio virtuoso per altre duecento città che hanno replicato l’esperienza del Mondo Stella. Insegnare alle persone di ogni nazione e cultura a diventare parte della grande catena dei Giusti che in ogni tempo ed in ogni luogo si assumono una responsabilità per il bene dell’umanità.

Giardini dei Giusti insegnano due cose fondamentali con il racconto delle storie migliori degli uomini. In primo luogo che chi opera per il bene non è mai solo, anche se molto spesso costa fatica e anche incomprensione, quando agisce come Antigone contro leggi ingiuste e comportamenti di una maggioranza che prende una cattiva direzione. Sentirsi parte di una rete di una rete della bontà infonde non solo coraggio, ma anche la forza di agire assieme agli altri, come sosteneva Baruch Spinoza, quando argomentava del “conatus collettivo” che permette al singolo uomo di superare la sua fragilità.

E poi i Giusti hanno un messaggio sorprendente che può cambiare la vita di ognuno. Mostrano che nonostante tutto chi persegue il bene e la giustizia trova poi la strada migliore per realizzare la propria felicità possibile su questa terra. Chi non odia e sa ascoltare l’altro sta meglio con se stesso, perché si realizza al meglio come uomo.

Devo personalmente questa filosofia e l’intero progetto che ha portato al Giardino di Milano a Moshe Bejski, uno dei mille e trecento della famosa lista di Oskar Schindler, che per gratitudine per essersi salvato in Polonia, divenne il grande artefice del Giardino dei Giusti di Yad Vashem. Poco prima di morire in una delle tante conversazioni che mi permisero la scrittura della sua storia nel libro Il Tribunale del bene mi consegnò il suo testamento spirituale con parole chiare e precise: “Devi sapere Gabriele due cose. In ogni luogo dell’Olocausto in tutte le stazioni del male era sempre possibile salvare degli ebrei. Pochi lo hanno fatto, ma quei pochi hanno dimostrato che era possibile farlo contro l’indifferenza dei più. In secondo luogo ricordati che Auschwitz non finisce mai, perché gli uomini continuano a riproporre nuovi genocidi. Eppure ogni volta che il male si ripresenta, nello stesso tempo nuovi uomini giusti hanno il coraggio di mettersi in gioco”.

È questa la speranza possibile a cui dobbiamo aggrapparci

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