I Giusti, la memoria, i giardini. Una domanda a Gariwo

Opinioni

di Wellcommunity

Da qualche settimana è sorto un dibattito intorno al Giardino dei Giusti fondato da Gabriele Nissim. L’idea di ricordare chi ha rischiato la vita per salvare ebrei e universalizzarla però, come denunciato per esempio dai rabbini Capo di Roma e di Milano, non è esente da rischi. Se infatti la si annacqua troppo, porta a riconoscere nuovi Giusti con troppa semplicità e dunque a banalizzare l’idea originale. Negli ultimi giorni grazie a una serie di articoli de L’Informale, si è passati dalla discussione teorica a quella pratica. E sono così emersi dei Giusti nominati da Gariwo sempre più annacquati: persone che hanno fatto cose rimarchevoli, ma non hanno rischiato la vita. Altre che hanno operato per il bene, ma non hanno rischiato di essere uccisi. Si rischia insomma di passare da un Giardino dei Giusti di concezione ebraica, volto a ricordare chi ha rischiato la vita per salvarne altre, a un Giardino dove vengono celebrate tutte le persone che hanno fatto qualcosa di buono. Da qui a riconoscere giusti tutti i medici che salvano la vita a un paziente o chi salva una donna che affoga in piscina, sarà un attimo.

Particolarmente scandalo ha sollevato il nome di Vittorio Arrigoni, noto per il suo odio antisionista/antisemita che è stato barbaramente ucciso dai fondamentalisti islamici, ma viene “stranamente” ricordato come icona della lotta contro Israele. Se quest’ultimo è stato nominato Giusto più volte, da associazioni che fanno parte della rete di Gariwo, il problema diventa un altro: Gariwo ha perso il controllo della sua rete? pare proprio di sì, visto la vicenda di Arrigoni. Dunque è il momento di porre una semplice domanda al suo fondatore, Gabriele Nissim: “quali iniziative vuole prendere per evitare che altri personaggi controversi vengano nominati da associazioni legate a Gariwo?”. La domanda nasce dalla storia: da Amnesty International all’Onu siamo pieni di organizzazioni nate sotto i migliori auspici, ma poi diventate ricettacolo di antisemitismo e antisionismo. A Gabriele Nissim la risposta.