Festival di Teatro Ebraico

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Oggi Il Golem e Omaggio ad Hanoch Levin.

Il Golem
Due voci raccontano; violino, chitarra,
contrabbasso e pianoforte ridono e piangono.
Da testi di Leivik, Singer, Wiesel, Von Kleist e Pirandello;
con musiche di Stravinskji, Smetana e Bach
e brani di musica ebraica tradizionale e klezmer.
Drammaturgia e regia Miriam Camerini

Direzione musicale Manuel Buda
con Arianna Bianchi e Roberto Talso voci recitanti
Francesco e Vincenzo De Stefano pianoforte
Trio NefEsh
Daniele Parziani violino
Manuel Buda chitarra
Davide Tedesco contrabbasso

Questo spettacolo è dedicato a Michele, che vide il Golem l’anno scorso.

Nella nebbiosa notte di Praga, voci diverse raccontano la stessa storia, ma con toni diversi. Una canta la forza, la potenza, l’istinto a sopravvivere. Il suo motto è: “Se ci vogliono morti noi dobbiamo combattere per restare in vita”. L’altra è pensosa, riflessiva, saggia e paziente. Non la forza la difende, ma la sua conoscenza eterna, il suo aver attraversato i secoli. Due voci narranti ci accompagnano per l’intricato dedalo di viuzze del quartiere ebraico di Praga, e per i sentieri di questa vicenda, facendosi, via via che il racconto procede, Maharal, Taddeo, Golem, Messia… Il Golem è uno spettacolo – concerto in otto quadri che narra la leggenda dell’automa d’argilla creato dal famoso Rabbi Loew, il “Maharal” di Praga, vissuto alla fine del ‘500, per difendere gli ebrei della sua comunità costantemente minacciati dalle perfide trame del Vescovo Taddeo e dei suoi seguaci. Se all’inizio tutto sembra procedere per il meglio e gli ebrei possono finalmente godere di una quiete mai sperimentata prima, ben presto il Golem sfugge al loro controllo, assumendo tratti sempre più umani. Il panico si diffonde allora per le vie del ghetto e per l’intera Praga mentre il Golem incontrollabile miete le sue vittime. Il Maharal dovrà infine rivolgersi contro la sua stessa creatura e porre fine alla vita del gigante. Lo spettacolo si interroga sul rapporto fra il popolo ebraico e quella forza fisica che per tanti secoli ha rifiutato di utilizzare in ossequio al comandamento divino: “non uccidere”, pur pagandone un altissimo prezzo di violenze e massacri. La scelta è drammatica: lasciarsi ancora una volta condurre al macello o opporre violenza a violenza, macchiandosi irrevocabilmente le mani di sangue? Cosa succede di un popolo che si voleva “eletto” – qualsiasi cosa ciò significhi – ma che per non morire è costretto a uccidere? Il mito del Golem – nella nostra lettura – è una riflessione sull’eterno conflitto tra tensione ideale e necessità reale, tra la millenaria attesa messianica del popolo ebraico e la necessità di agire per sopravvivere. La forza, con la quale l’uomo imprime il suo segno sulla creazione divina, deve però necessariamente essere un mezzo provvisorio, limitato nel tempo: per questo lo Shabbat segue i sei giorni della creazione, a suggello di quella provvisorietà dell’agire umano che trova il suo limite necessario nell’astensione da ogni opera nel settimo giorno della settimana. E’ infatti proprio in quell’ora al crepuscolo del venerdì, quando la settimana è già finita e lo Shabbat non è ancora iniziato, che i Maestri della tradizione ebraica collocano la nascita di tutte le creazioni miracolose e straordinarie. Dio creò l’uomo nel sesto giorno e, secondo un Midrash, lo fece per scommessa, dicendo a se stesso: “Speriamo che regga!”. Di questa ironia e provvisorietà della condizione umana si fanno cantori, nel nostro spettacolo, i musicisti del Trio NefEsh, sempre pronti a rimettersi in cammino con una malinconia leggera leggera, già pronta al sorriso.
Nel suo “Saggio sul teatro di marionette”, Heinrich Von Kleist sostiene che l’imperfezione e il male sono caratteristiche dell’uomo, che non riguardano invece Dio e gli automi, esseri creati dall’uomo a sua somiglianza, ma privi di anima e quindi anche di pulsione malvagia. Solo all’uomo è data, di conseguenza, la possibilità di scegliere fra il bene e il male. Una lettera distingue “Emet”, verità, da “Met”, morte. Cosa resterà di noi alle generazioni future?

Lo spettacolo è stato prodotto dalla Comunità ebraica di Milano in collaborazione con la compagnia teatrale Purimspieler, con la regia di Miriam Camerini e la direzione musicale di Manuel Buda. È andato in scena in prima assoluta al Teatro Dal Verme di Milano in occasione della Giornata europea della Cultura ebraica il 7 settembre 2008. Il Golem da noi proposto riunisce giovani artisti che provengono da esperienze molto diverse fra loro. Altrettanto variegata è la scelta musicale, che armonizza brani di musica klezmer con compositori quali Smetana e Stravinskji. Miriam Camerini, giovane regista milanese nata a Gerusalemme, si è formata all’Università Statale di Milano dove ha studiato regia con Cesare Lievi. Attualmente risiede a Gerusalemme, dove sta concludendo un Master in Studi Teatrali incentrato principalmente sul teatro ebraico e yiddish. Per la Comunità ebraica di Milano e con la compagnia Purimspieler ha già diretto nel 2005 lo spettacolo Il Processo di Shamgorod, testo di Elie Wiesel, andato in scena al Teatro delle Erbe e successivamente al Mittelfest di Cividale del Friuli, festival internazionale diretto da Moni Ovadia. Roberto Talso e Arianna Bianchi, gli attori – milanesi di provenienza e formazione – hanno lavorato con Serena Sinigaglia, Kuniaki Ida, Renato Sarti e altri. Roberto unisce all’esperienza di attore quella di acrobata circense. Entrambi hanno già lavorato, insieme a Manuel Buda, con Miriam Camerini nel Processo di Shamgorod. Il Trio NefEsh è composto da tre giovani musicisti di formazione classica che propongono un interessante lavoro di riscoperta ed elaborazione originale di musica ebraica mediorientale e klezmer. Il Duo pianistico De Stefano, di Reggio Calabria, si adatta perfettamente al clima di tutta l’opera apportando un gusto espressionista grazie alla mirabile esecuzione di brani di Igor Stravinskji.
Info: Miriam Camerini 3397428399 00972-526042929 miriam.soloetpensoso@gmail.com

Festival di Teatro ebraico
Teatro C.r.t. – V.le Alemagna 6
Ingresso libero
fino ad esaurimento posti

Lunedì 7 Settembre
Ore 19.30

Il Signor Quasi
e la Signora Ormai

Omaggio ad Hanoch Levin

Progetto di Rina Shinnar, studiosa e regista di teatro formata e attiva in Israele fino al momento del suo trasferimento in Italia, è la divulgazione della drammaturgia israeliana finora pressoché ignota nel nostro paese.
Le sue finalità attengono al valore stesso della conoscenza e dello scambio culturale tra i popoli che abbattono stereotipi e pregiudizi.

La cultura è la ricchezza della vita israeliana, l’anticonformismo, la dissidenza, il desiderio profondo e la necessità della pace e della normalità che il popolo quotidianamente tenta di vivere nonostante le barriere frapposte dalle politiche regionali e internazionali.
Questa anima della realtà israeliana, il pensiero, la creatività della sua intelligenza che aspira all’incontro con altre culture e spiritualità, si esprime molto nella produzione teatrale.
Quadri, personaggi caricaturali, frammenti di un ciclo, di un pensiero di vita, che si incrociano nel rapporto uomo – donna, segni che si frantumano nella costante ricerca di una dimensione amorosa, sempre umiliata e perduta.
Monologhi, versi, canti; è un montaggio di testi tradotti ma anche di versi cantati in lingua originale che consentono a chi ascolta il piacere dei suoni e della prosodia della lingua ebraica.
Situazioni estreme, geniali, surreali, demenziali, tragicomici fra grazia e follia in una lingua poetica, la scenografia essenziale a farsi assenza, luogo, d’un luogo, e allo stesso tempo molto israeliano.

La regista Rina Shinnar affronta la sua dimensione interiore di donna israeliana che ha attraversato cinque guerre, sviluppato difese psicologiche e strategie creative. Inevitabilmente si identifica nel suo autore quando egli chiede al proprio teatro quanto valga la vita continuamente impegnata a bluffare il destino in Israele. “La vita è un ora meravigliosa” sussurra il moribondo alla sua amata.
L’incombere della morte stravolge la percezione del tempo vitale e ne illumina la preziosità.

Hanoch Levin drammaturgo, regista teatrale, scrittore, poeta, è anche uno degli autori israeliani contemporanei più geniali e discussi.
Ha scritto 63 testi teatrali, poesie, prosa, sceneggiature cinematografiche e libri per bambini.

Hanoch Levin nasce a Tel Aviv nel 1943 da genitori polacchi emigrati in Palestina nel 1935 – a pochi anni di età ha già perduto nell’Olocausto tutti i parenti rimasti in Europa. A 12 anni, morto il padre, inizia a lavorare per la famiglia e prosegue gli studi alla scuola serale. Cresce in un ambiente religioso dove riceve una formazione che in una città laica come Tel Aviv crea in lui conflitti, che verranno ampiamente espressi nella sua arte, così sensibile al disagio, all’ingiustizia sociale, alle violazioni dei diritti umani.
Pur avendo terminato a pieni voti gli studi di filosofia e letteratura rifiuta la laurea in segno di protesta contro la censura e la violenta critica alle sue satire politiche pacifiste scritte a 18 anni.
La sua lingua, in ebraico innovativo, diretto, essenziale, a volte crudo, privo di formalismo, ha uno stile caustico e mordente.
I suoi protagonisti sono antieroi romantici, assetati d’amore ma comunque perdenti e umiliati. Egli tende a materializzare un eroe privo di una precisa identità in un ambito grottesco e paradossale. Ridisegna la nullità dell’uomo e la sua debolezza. Le caricature portate all’estremo si muovono in un mondo che è un non-luogo, un mosaico di situazioni la cui interpretazione resta libera.
Il lavaggio del cervello, la violenza quotidiana, la frenetica corsa ai piaceri carnali, la ricerca dell’amore ideale, il decadimento del corpo, sono tutti temi drammatici ma sempre trattati in chiave umoristica.
Hanoch Levin scuote la società lottando per la pace e contro il perbenismo, i falsi miti e le parole vuote, con una satira coraggiosa e morale, senza mai diventare moralista.
Da outsider sarà in seguito il portavoce della società israeliana dominando le scene per 35 anni, considerato uno dei maggiori scrittori del XX secolo; muore a 56 anni lasciando 4 figli e le sue tre compagne di vita e di lavoro artistico.

Hineni è il gruppo teatrale fondato dalla regista Rina Shinnar nel 2007, nato dal desiderio di divulgare la drammaturgia israeliana
Hineni, in ebraico “eccomi” lavora da due anni a questo progetto.

Oggi presenta una raccolta di brevi satire sociali e scene di vita quotidiana, scritte negli anni Settanta dopo la guerra del kippur.

Omaggio ad Hanoch Levin
Il signor Quasi e la signora Ormai

È un’ora meravigliosa – Solo quando la morte è vicina si coglie appieno il significato e il valore della vita e quel momento, appunto, è un’ora meravigliosa, nonostante tutto

Shuster – La terra è rotonda! Io non sento di vivere su un globo mi dispiace

Una gita organizzata – Un viaggio così non l’avevo mai fatto

In albergo – Che strano posto, chi mi copre a letto

Ishl a Romanzka – Un appuntamento al buio a Tel Aviv

Il dubbio

Il piscione – A forza di pensare a quello che perdo, perdo sempre di più

L’uomo con il bernoccolo – Il presente è sempre già passato

Dal diario di una vecchia cieca

Visita notturna a tre dal dottore

Dopo trent’ anni – La ricerca di una borsetta fa nascere un equivoco (borsetta, in ebraico nartic’, allude all’ organo femminile)
Il prestigiatore – non rivela mai il trucco
Una brutta notizia – Scusi il disturbo, suo marito è morto
Il messaggero – Il tuo soldato caduto in guerra diventerà un ricordo
La vedova Vasachti – vale di più un piatto rotto di porcellana o un uomo morto
La pace – È solo l’inizio
e se domani arriverà la pace

Festival di Teatro ebraico
Teatro C.r.t. – V.le Alemagna 6
Ingresso libero
fino ad esaurimento posti

Lunedì 7 Settembre
Ore 21.00