Israele dovrebbe rinunciare alle proprie (presunte) armi atomiche, mentre l’Iran prosegue nei suoi sforzi per la Bomba?

Taccuino

di Paolo Salom

[Voci dal lontano Occidente] Il mondo cambia, i governi vanno e vengono. Ma certe istituzioni sembrano immuni alla minima evoluzione (in meglio). Se qualche lettore teme per le sorti dell’Europa o dell’Asia Orientale dove grandi Potenze muovono gli eserciti come un secolo fa, si tenga forte: il “vero problema” per la stabilità internazionale è un minuscolo Paese del Medio Oriente: Israele.

Ed eccoci all’ultima farsa delle Nazioni Unite: il voto contro la “proliferazione nucleare in Medio Oriente” e il suo unico obiettivo, costringere “Israele a rinunciare alle proprie armi atomiche, ad aderire al Trattato per la non proliferazione nucleare e a mettere sotto controllo diretto ed immediato dell’Aiea (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica) tutte le sue installazioni nucleari”. Soltanto cinque Paesi hanno votato contro: Israele, Stati Uniti, Canada, Palau e Micronesia. Per la cronaca: l’Italia, come gran parte dell’Occidente, si è astenuta. L’Iran, Paese che sta sviluppando segretamente la Bomba e ha l’obiettivo dichiarato di “distruggere l’entità sionista”? Ovviamente ha votato come il resto del mondo: contro.

Intendiamoci, la risoluzione dell’Assemblea Generale vale solo formalmente, non ha alcun potere coercitivo. Ma è un segnale, l’ennesimo, di come funziona la comunità internazionale e in particolare il lontano Occidente, il quale, invece di manifestare la sua vicinanza all’unico Stato ebraico della Terra, gli volta le spalle con un’astensione che nel migliore dei casi vale quanto un voto contrario: “Non ci importa nulla della sorte di Israele”.

Altri invece ne hanno fatto uno strumento di guerra anti israeliana trasformando l’Onu in una parodia ridicola quanto inutile. Poche settimane dopo questo voto, pensate un po’, l’Assemblea Generale è stata chiamata ancora una volta a votare sullo Stato ebraico, questa volta accusato di “schiacciare i diritti umani dei palestinesi” e dunque raccomandando che sia “giudicato dalla Corte internazionale di giustizia”. In questo ultimo caso, finalmente, l’Italia ha votato “no”, unendosi ai Paesi più civili del mondo. Ma ovviamente non è bastato a respingere la mozione.

Tornando al tema certo ben rilevante della prima risoluzione, come è noto Gerusalemme non ha mai ammesso in maniera esplicita di possedere testate atomiche. D’altro canto, Israele non fa parte del Trattato di non proliferazione e dunque non ha alcun obbligo. Qualcuno dirà: “Con quale diritto si critica l’Iran (e la Siria o l’Iraq) per il loro programma nucleare quando Israele ne ha uno segreto?”.

La risposta è altrettanto semplice e schietta: Israele non ha mai minacciato nessuno. Non ha alcun programma di invadere o distruggere altri Paesi. Al contrario, in nome della pace e del reciproco riconoscimento, ha ceduto vasti territori in passato. Se davvero ha delle testate atomiche, è per deterrenza e, in estrema ratio, per una indispensabile difesa contro nazioni che hanno, loro sì, dichiarato apertamente le loro intenzioni genocidarie.

La dura realtà dei fatti richiama noi ebrei a mettere da parte divisioni e visioni per stringerci attorno all’unico miracolo in duemila anni di Storia nell’esilio. Israele non sarà perfetto: quale Paese lo è? Ma non è per questo motivo che è risorto dalle sue ceneri. Il diritto a esistere dello Stato degli ebrei non risiede nella condiscendenza dei Paesi amici o nell’avere a Gerusalemme un governo “politically correct”. Il diritto a essere una nazione indipendente è dato dal legame reale e millenario del popolo ebraico con la sua Terra storica. E dal fatto che è lì, di nuovo vivo e vitale. Non c’è null’altro da spiegare. Se non che nessuno di noi può permettersi il lusso di ignorare le radici che ci consentono di essere quello che siamo. Am Israel chai.