Il campione mondiale di judo Sagi Muki nel 2018

Perché Israele è diventata una forza mondiale del judo

di Redazione
Alle imminenti Olimpiadi di Tokyo, Israele sarà presente con 89 atleti, fra cui 12 professionisti di Judo (6 uomini e 6 donne), una disciplina in cui lo Stato ebraico ha più volte primeggiato sulla scena internazionale, fra campionati e Giochi Olimpici (5 delle 9 medaglie vinte da Israele alle Olimpiadi vengono dal judo).

Come riporta il The Times of Israel, fra gli atleti noti, quest’anno ci sarà il campione Sagi Muki, arrivato al quinto posto alle Olimpiadi di Rio e vincitore della medaglia d’oro al Campionato mondiale di Judo a Tokyo nel 2019, Ori Sasson, vincitore del bronzo ai Giochi del 2016 a Rio, e Timna Nelson Levi, bronzo ai Campionati d’Europa del 2016 nella categoria dei meno di 57 chili.
Ricordiamo che Muki era stato al centro del caso del judoka iraniano Saeid  Mollaei che, costretto a non gareggiare contro Muki perché israeliano, aveva lasciato l’Iran, rifugiandosi in Germania. Da allora i due atleti sono amici.

Yael Arad, vincitrice alle Olimpiadi di Barcellona nel 2012
Yael Arad, vincitrice alle Olimpiadi di Barcellona nel 2012 (AP Photo)

La crescita esplosiva del judo in Israele, dagli anni ’90 a oggi

Ma per capire perché il judo è una disciplina in cui Israele eccelle, bisogna andare ai primi anni ’90, quando il maestro di judo Igor Romanitsky emigrò in Israele dalla sua nativa Ucraina, rassegnato ad abbandonare lo sport professionalmente e a perseguire una carriera medica. “All’epoca Israele non era noto per il suo judo e io avevo una laurea in medicina”, ha detto Romanitsky, che ora ha 57 anni, all’Agenzia Telegrafica Ebraica. “Pensavo che i miei giorni da judoka fossero finiti.”

Ma Romanitsky, padre di due figli a Modiin, ha avuto una sorpresa. Nel 1992, i judoka Yael Arad e Oren Smadja vincono rispettivamente medaglie d’argento e di bronzo alle gare femminili e maschili alle Olimpiadi di Barcellona, ​​diventando i primi atleti israeliani a vincere una medaglia olimpica per quel paese. Le loro imprese, così come l’arrivo di maestri di judo dall’Unione Sovietica come Romanitsky, hanno scatenato una storia d’amore nazionale con lo sport, che ha portato a ulteriori imprese e ha reso Israele una potenza in questo campo, sia fra gli uomini che nelle donne.

Nel 2004, Arik Zeevi vinse la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene, come culmine di una serie di cinque anni in cui vinse tre medaglie d’oro e una medaglia d’argento ai Campionati europei di judo. L’anno successivo, Israele vinse l’oro a squadre in questo torneo. E nel 2012, Zeevi ha riguadagnato l’oro all’età di 35 anni.

Quattro anni dopo, alle Olimpiadi di Rio 2016, Israele ha vinto due bronzi nel judo, portando il totale delle medaglie olimpiche del paese a nove, di cui quattro nel judo. Nel 2018 si sono svolti a Tel Aviv i Campionati Europei.

“Ho visto con i miei occhi quanto è diventato grande il judo. All’improvviso tutti i bambini volevano lezioni di judo”, ha detto Romanitsky, che ora gestisce Sakura, una prestigiosa scuola di judo nella città di Modiin, nel centro di Israele, con molti allievi che hanno ottenuto cinture nere.

Prova ne è che i Campionati Europei 2018 di Tel Aviv hanno ospitato 4.000 spettatori, un numero impressionante che i tornei di campionato in Giappone a volte non raggiungono.

Inoltre, è eloquente il fatto che la squadra nazionale israeliana è regolarmente invitata alla residenza del Primo Ministro, dove è stata invitata a fare delle foto dopo i grandi successi.

“Di solito dico ai leader stranieri che Israele è una potenza mondiale nel campo dell’alta tecnologia”, ha detto l’ex primo ministro Benjamin Netanyahu in un incontro del genere nel 2019. “Ora aggiungo che siamo una superpotenza del judo, e questo ça va sans dire”.

Dalla Russia con furore

La storia di Romanitsky indica quanto l’aliyah, o immigrazione, sia stata cruciale per il successo del judo israeliano. Molte delle persone che hanno aperto la strada al judo in Israele erano immigrati dall’Europa e dall’Africa.

In Russia, la popolarità del judo è menzionata nientemeno che dal presidente Vladimir Putin, cintura nera che ha gareggiato quando era più giovane. Il suo mentore e allenatore di judo, Anatoly Rakhlin, era ebreo e quando è morto Putin ha partecipato al suo funerale, nel 2013.

I talenti del judo arrivati ​​in Israele dall’ex Unione Sovietica includevano allenatori come Pavel Musin, che ha allenato Alice Schlesinger, israeliana vincitrice di sei ori ai campionati europei dal 2013, e Alex Ashkenazi, che ha allenato Zeevi e guidato la nazionale israeliana per molti anni fino 2000.

Da sinistra, l'iraniano Saeid Mollaei e l'israeliano Sagi Muki
Da sinistra, l’iraniano Saeid Mollaei e l’israeliano Sagi Muki, diventati amici

Quando la politica invade lo sport

La presenza sovradimensionata di Israele nel mondo del judo ha anche creato situazioni difficili che coinvolgono atleti arabi e iraniani i cui paesi boicottano lo stato ebraico per principio o sono in conflitto politico con esso.

Alle Olimpiadi di Londra 2012, Ahmad Awad, un judoka egiziano, è stato sospettato di aver simulato un infortunio per evitare uno scontro con l’israeliano Tal Flicker. Nel 2015, un judoka palestinese ha rifiutato di combattere contro un altro israeliano e un egiziano, Ramadan Darwish, ha rifiutato di stringere la mano a Zeevi dopo aver perso contro l’israeliano. E nel 2016 un altro egiziano, El Shahaby, si è rifiutato di stringere la mano al collega Or Sasson.

Ma il judo ha anche facilitato alcuni momenti di cooperazione geopolitica. Nel 2018, il torneo di judo del Grande Slam ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, è diventato il primo grande evento sportivo in un paese arabo in cui gli atleti israeliani si sono esibiti sotto la loro bandiera e dove è stato suonato l’inno israeliano, con Israele orgoglioso delle 5 medaglie vinte. Questo avveniva due anni prima degli Accordi di Abramo che hanno normalizzato le relazioni fra i due paesi.

E poi c’è il caso Mollaei, citato più sopra, che dopo essersi rifugiato in Germania, ha acquisito la cittadinanza mongola, con cui parteciperà alle Olimpiadi a Tokyo. Sembra che in questi ultimi mesi Mollai abbia aiutato la delegazione israeliana per i giochi di Tokyo.

Le basi per vincere, dunque, ci sono tutte. A questo punto, che vinca il migliore.