Educare sulla Shoah tramite i videogiochi: il caso di Fortnite

di Nathan Greppi
Con la graduale scomparsa degli ultimi superstiti della Shoah, in molti negli ultimi anni si sono chiesti quali mezzi si possano utilizzare per continuare a tramandare la memoria, compensando il venire meno delle testimonianze dirette dei sopravvissuti.

Tra le tante proposte emerse nel dibattito pubblico, vi è l’utilizzo di nuovi media e forme d’arte: dopo il cinema e la letteratura, da anni la Shoah viene raccontata anche attraverso il fumetto e, in tempi più recenti, dai videogiochi, che sempre più persone vedono non più solo come meri prodotti d’intrattenimento, ma anche come opere artistiche.

Tra coloro che provano a servirsi di questo medium per tramandare la memoria vi è l’autore di videogiochi francese Luc Bernard: dopo aver pubblicato nel 2021 Light in the Darkness, avventura grafica sugli ebrei in fuga dalla Francia di Vichy, di recente ha ottenuto il permesso dall’azienda americana Epic Games per realizzare un museo della Shoah virtuale all’interno del gioco Fortnite, per sensibilizzarne gli utenti sull’argomento.

Il museo consente ai visitatori di esplorare sezioni incentrate su eventi particolari, come la Notte dei cristalli. Vengono inoltre raccontate vicende poco meno conosciute, come quelle degli ebrei in Tunisia e in Grecia durante la Shoah.

Bernard ha annunciato la realizzazione del progetto su Twitter mercoledì 2 agosto: “Il primo Museo dell’Olocausto su Fortnite è stato approvato oggi da Epic Games”, ha dichiarato. “Siamo super orgogliosi di essere i primi a portare una cosa del genere agli oltre 400 milioni di giocatori di Fortnite. L’80% degli americani non ha mai visitato un museo sull’Olocausto. Questo gesto può cambiare le carte in tavola.”

Questi progetti sono anche legati al passato famigliare di Bernard: sua nonna era infatti responsabile per i Kindertrasport, quando diversi bambini ebrei tedeschi venivano aiutati a fuggire in Gran Bretagna alla fine degli anni ’30. Di recente, ha criticato i tentativi di tramandare la memoria tramite l’intelligenza artificiale, in quanto dei falsi creati tramite algoritmi possono distorcere la memoria.

Non è la prima volta che in un videogioco si trovano riferimenti alla Shoah: in Call of Duty: WWII, uscito nel 2017 e ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, il soldato ebreo americano Robert Zussman viene catturato dai tedeschi ed internato in un campo di concentramento. Diverso lo stile di Wolfenstein: The New Order, titolo di fantascienza ucronica uscito nel 2014 e parzialmente ambientato in un campo di lavoro fittizio in Croazia. Ma per il suo approccio, il gioco venne definito “un insulto” da Bernard.