di Nathan Greppi
In seguito ad un dialogo sentito di sfuggito e per puro caso, la fumettista e illustratrice bolognese Leila Marzocchi si è chiesta più volte se sua Zia Dina fosse sopravvissuta ad un campo di concentramento. Non erano ebrei, e inoltre in casa vigeva la regola per cui di questo argomento non si poteva parlare. Solo in tarda età, la zia le raccontò cosa accadde durante la guerra.
Questa storia è emblematica di un fenomeno ben più ampio: se al giorno d’oggi i sopravvissuti alla Shoah e i loro discendenti cercano spesso di tramandare la memoria di ciò che è stato nella speranza che non si ripeta, nei primi decenni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale gli stessi superstiti non volevano o non potevano raccontare ciò che gli era successo, perché in molti non volevano sapere. Il percorso che ha portato alla consapevolezza di dover tramandare la memoria è stato ripercorso dalla Marzocchi nella sua ultima graphic novel, dal titolo L’ombra non è mai così lontana.
Dopo un breve prologo sull’infanzia dell’autrice, l’opera si divide essenzialmente in due parti: la prima racconta le storie di celebri sopravvissuti alla Shoah, quali Primo Levi, Edith Bruck (che ha scritto la postfazione del volume), Liliana Segre e Simon Wiesenthal, per raccontare come nel dopoguerra in molti non volevano ascoltare le testimonianze dei sopravvissuti, e in certi casi essi stessi non volevano parlarne per paura o vergogna. Il processo di condivisione della memoria avvenne attraverso un cambiamento lento e graduale.
Nella seconda parte si ritorna a parlare di Dina, la zia dell’autrice che venne internata nel campo di concentramento di Bolzano in quanto sospettata di aiutare i partigiani in Emilia. Il tutto attraverso un linguaggio narrativo a metà strada tra il fumetto e il libro illustrato.
I colori e le tonalità utilizzate cambiano profondamente a seconda del contesto: le scene ambientate nei campi di sterminio sono di un color grigio cenere, cupo e fosco; quelle in famiglia negli anni ’60 e nel 2004 di colori luminosi e vivaci, come di un luogo illuminato dal sole; gli internati hanno un pallore grigiastro che ricorda i disegni di un altro fumetto sulla Shoah, Maus; e quando il campo di Mauthausen viene liberato dagli Alleati, il cielo si colora di un verde luminoso, segno della speranza ritrovata dopo la fine di un incubo.
La storia raccontata da Leila Marzocchi ci ricorda come per chi ha vissuto un trauma molto forte, come quello dei campi di concentramento nazisti, non è sempre facile parlare. Se in molti hanno sentito il bisogno di parlare e ricordare per non tenersi tutto dentro, altri hanno preferito il silenzio per non riesumare brutti ricordi. Ma anche per questi ultimi, è necessario che quei fatti non vengano dimenticati.
Leila Marzocchi, L’ombra non è mai così lontana, Oblomov, pp. 184, 20,00 euro.