La Flotilla rinuncia alla missione a Gaza

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“La flotilla non parte più”, si legge stamattina sul quotidiano “La Repubblica”.
Pare infatti che le autorità greche abbiamo bloccato la partenza delle navi dirette a Gaza per portare aiuti umanitari alla popolazione di Gaza.

I “flotillardi”, se così ci è consentito chiamarli, rinunciano dunque alla loro missione, dopo il blocco ateniese e dopo l’arresto del capitano della nave americana, John Klusmire, salpata senza aver ricevuto tutte le autorizzazioni necessarie.
Dopo settimane dunque di articoli sui giornali, di polemiche, di video, di annunci lanciati e poi ritirati, tutto svanisce nel nulla. Niente più Freedom Flotilla 2, niente più aiuti a Gaza, niente più visite ai campi profughi.
Ci chiediamo cosa sarà delle navi cariche di merci da distribuire ai palestinesi della Striscia di Gaza; ma soprattutto ci chiediamo il perchè di tale rinuncia. Gli organizzatori della missione avevano sempre detto di voler soltanto raggiungere e portare aiuto e solidarietà alla popolazione oppressa della Striscia di Gaza. Forse che questa povera gente non è più raggiungibile? Non è forse aperto il valico di Rafah? I “missionari” non possono forse entrare a Gaza via terra, dall’Egitto?
A questo punto, viene il dubbio che chi insinuava che dietro la missione ci fosse un’azione di provocazione di Israele, non fosse del tutto in errore nel suo “insinuare”.
La decisione di rinunciare alla partenza appare infatti proprio come una resa – una resa all’impossibilità di provocare e sfidare direttamente Israele.  Se non si mette alla prova Israele, la sua capacità di sopportazione, la sua resistenza (o non-resistenza) alla provocazione che gusto c’è? Sembra questo il ragionamento che sta dietro alla decisione dei pacifisti della flotilla.
E’ una conclusione amara, forse esagerata, chissà; e però, francamente, anche con tutta la buona fede possibile, è difficile non pensare che le cose non stiano anche così.
Sarebbe bello ora, dopo i tanti annunci di partenze rimandate, ci fosse l’annuncio di una partenza con cambio di rotta. I “flotillardi” dimostrerebbero davvero di aver a cuore innanzitutto i palestinesi e solo in seconda battuta le dimostrazioni contro Israele.