Susanna Sciaky, presidente nazionale ADEI Wizo al primo forum nazionale delle donne ebree (9.9.2022)

Un successo il Primo Forum delle Donne Ebree d’Italia

Italia

di Michael Soncin e R.I
Che fosse una giornata speciale lo si poteva percepire, un’atmosfera davvero particolare, che si respirava dall’arrivo di ospite in ospite. Il 1° Forum Nazionale Delle Donne Ebree d’Italia svoltosi il 9 novembre 2022 (15 Cheshvàn 5783) nella prestigiosa Sala Alessi di Palazzo Marino a Milano è destinato a restare nella storia dell’Adei – Associazione Donne Ebree d’Italia, “un’evento che non ha precedenti negli ultimi 100 anni”, come suggeriscono le parole di Susanna Sciaky, Presidente Nazionale di Adei Wizo. L’Adei è una delle Federazioni della Women’s International Zionist Organization, da qui l’acronimo di “Wizo”. “Un evento che sono certa si ripeterà nel tempo”, ha detto in un messaggio video Esther Mor, Presidente Mondiale Wizo.

“L’ebraismo ci affida ogni giorno il non facile compito di tramandare oltre 5000 anni di tradizione”, ha continuato poi Sciaky, ricordando la terribile Notte dei cristalli, che avvenne proprio questo mese, tra il 9 e 10 novembre. I saluti istituzionali sono poi proseguiti con il prefetto di Milano Renato Saccone che ha parlato dell’importanza di “contrastare non solo l’ignoranza”, ma anche una certa “cultura ideologica razziale”.

“Milano è memoria ma anche impegno, e la Comunità Ebraica di Milano non è ospite ma parte integrante della città”, ha aggiunto la Vicesindaca Anna Scavuzzo. La Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraica Italiane – UCEI Noemi Di Segni, in un discorso che non esclude nessuno ma unisce tutti, ha ribadito che “far parte di una comunità e di un popolo vuol dire anche essere parte di una responsabilità”, specialmente nei tempi in cui viviamo, la cui società è “appiattita e smemorata”, ma a tutto questo “saremo parallelamente vigili e attente”, ha poi detto.

Laura Caradonna, Presidente Consulta Femminile di Milano, nel chiudere i saluti istituzionali ha sottolineato che “insieme non costruiamo soltanto il nostro presente, ma siamo unite affinché il nostro futuro rappresenti un messaggio di speranza e fiducia, rispettando le storia di una e delle altre”.

L’Adei Wizo dal 1927 rappresenta anche in Italia un’unione mondiale di donne partecipi ed impegnate verso le istanze sociali del nostro tempo. Donne che mettono, accanto al sionismo, la lotta alla violenza e alla discriminazione di genere, assistendo chi è in difficoltà, mettendo in primo piano l’istruzione contro il razzismo e l’antisemitismo. Donne che considerano il loro essere ebree un possibile valore aggiunto da trasmettere a tutti. Il senso del Forum è soprattutto questo ed emerge fin dai primi interventi.

Un forum ricco di ospiti

Il forum diviso in tre panel, ciascuno diverso per area tematica, ha accolto numerose ospiti note nel mondo ebraico e non solo. Nell’introdurre i vari interventi, Ferruccio de Bortoli, ha iniziato il suo discorso, moderando il primo panel, ribadendo che “questa iniziativa, è uno strumento essenziale per il mantenimento della memoria, una memoria che noi stiamo perdendo”, aggiungendo che “il contributo delle donne ebree della storia è conosciuto nella sua importanza, ma è necessario che vi sia una maggiore coscienza nazionale del ruolo svolto dalle donne ebree italiane, oltre alle altre donne”.

Ad inaugurare il I panel, intitolato L’esperienza e l’apporto delle donne ebree in Italia e in Israele nella società di oggi, è stata Francesca Levi-Schaffer, professoressa di farmacologia e immunofarmacologia dell’Università Ebraica di Gerusalemme, Honorary Fellow of the Royal College of Physicians: “Prima è stato accennato alla parità di genere, ecco una cosa che ho apprezzato qui in Israele è che nessuno ha mai messo l’accento al fatto che sei una donna ma a quanto sei brava”. Originaria di Milano ha affermato che “la radice italiana è molto profonda in me. Ne sono fiera. Non la dimentico mai. Ai miei studenti di tanto in tanto cito il nostro Dante Alighieri, il nostro rinascimento, il nostro risorgimento”.

Nell’essere donna ed ebrea, Gabriella Modiano, ingegnere, consulente brevetti e marchi europei, ha parlato della sua “esperienza particolare”. Ha studiato in una scuola femminile tedesca di suore, dove le era chiesto se fosse sicura di essere ebrea, questa la prima battaglia. La seconda è stato quando si è iscritta ad ingegneria meccanica al Politecnico di Milano, quando il numero di studentesse, in una marea di studenti, era una piccolissima manciata.

Il significato dell’appartenere al popolo ebraico – brillantemente sintetizzato da Elena Loewenthal – risiede anche o forse soprattutto “nell’importanza dello studio e della cultura”. Loewenthal è giornalista, traduttrice, docente universitaria, direttore della Fondazione Circolo dei Lettori di Torino. “Il mio lavoro è la traduzione. Ogni discorso nel senso più ampio è un esercizio di traduzione, di mediazione, di conoscenza. Ma che cosa c’è di ebraico in quello che faccio aldilà di avere a che fare con le parole ebraiche? L’idea che il mondo è un luogo di studio, un oggetto di studio, l’inesauribilità di queste domande che continuiamo a farci, ma essere ebreo è tante cose, non solo studiare”.

 

 

 L’asset valoriale rappresentato dalle donne ebree all’interno della società italiana

Il Forum si apre con il primo panel di ospiti moderato da Ferruccio de Bortoli. Il titolo è, nei fatti, domanda centrale di tutto l’incontro Essere donne ed ebree nell’Italia di oggi è una condizione che può contribuire alla crescita dell’Italia contemporanea?

La prima a rispondere è Francesca Levi Schaffer: Professoressa di immunofarmacologia all’Università Ebraica di Gerusalemme, una delle menti più brillanti tra le docenti italiane in Israele, che rivendica proprio la totalità del suo essere donna: “Ho dimostrato come una donna ebrea italiana, anche essendo mamma e moglie potesse fare carriera”.

Gabriella Modiano, European Patent and Trademark Attorney (consulente brevetti e marchi europeo) racconta, invece, la sua esperienza partendo da un ambiente più intimo: “Nella nostra famiglia essere donna non ha mai significato che non si potesse fare qualcosa. Ho avuto attorno a me donne forti e uomini che le consideravano partner per affrontare la vita. Dopo le scuole in Italia sono arrivata in Israele in un ambiente dove essere donna non era per nulla limitante. Tutto questo oggi fa parte del mio bagaglio di esperienza”.

La giornalista Elena Lowenthal prosegue citando Amos Oz: “La curiosità è sintomo di intelligenza e per me oltre a fare la madre, la traduttrice e occuparmi del circolo dei lettori, c’è anche la voglia di continuare a studiare. Sembra strano ai miei figli, ma mi piace pensare che ci sia una miriade di cose che non so, e credo che questo desiderio sia dovuto all’ebraismo. Essere ebreo è tante cose, ma come diceva George Steiner ‘ebreo è colui che legge sempre con la matita in mano’. E poi c’è l’idea di buttarsi nella mischia e di affrontare il destino come Rebecca e Ruth”.

La cultura contro i pregiudizi

La domanda sul tavolo del secondo panel è L’educazione e la cultura sono il modo più efficiente per sconfiggere il razzismo e l’antisemitismo e creare una società più inclusiva?

Una domanda che Sira Fatucci, come Presidente dalla giuria del Premio Letterario ADEI WIZO Adelina Della Pergola, conosce bene. È lei a introdurre la seconda sezione con una riflessione di Primo Levi, che ci ricorda come la memoria cambi di generazione in generazione. Una domanda a cui Liliana Picciotto, storica della Fondazione CDEC, dà una risposta coerente con il suo lavoro di ricercatrice, parlando dell’importanza di tramandare, oltre alla storia scritta, anche quella che presuppone ‘l’arte dell’ascolto’. “La storia scritta, quella che si leggi sui libri, non è mai stata sufficiente, ha sempre dovuto essere integrata con la storia orale.  L’intermediazione dell’umano è utile per la testimonianza… Ho ascoltato storie che parlano di rivincita o di sopravvivenza da parte di persone che hanno deciso di confidarsi solo perché le si guardava negli occhi”.

Diana De Marchi, Presidente della Commissione Pari Opportunità e Diritti Civili del Comune di Milano, affronta invece il tema del linguaggio e di come possa creare barriere (e le barriere diventare tragedie), oppure abbatterle: “Ci sono parole che aiutano a crescere che sono efficaci perché parlano di quella libertà che tutti noi riteniamo giusta, anche nella nostra città. Parole che ricostruiscono il filo mancante tra le tradizioni. Parole che colmano una mancanza”.

L’intervento di Claudia De Benedetti, Direttore dei Musei Ebraici di Casale Monferrato e Presidente Onorario di Schnut Agenzia ebraica per Israele, prende spunto dall’ospite al suo fianco, giunta attesissima al Forum e che ha seguito attentamente tutti gli interventi del panel: “Devo ringraziare Liliana Segre perché in un suo intervento a un incontro a Torino nel 2018, si è fermata un lunghissimo minuto per attendere che tutti i ragazzi spegnessero e mettessero via il cellulare con cui si stavano distraendo. Lì è nata l’idea con la Regione Piemonte del progetto ‘Ogni giorno è il giorno della memoria’ che coinvolgesse i ragazzi delle scuole facendoli diventare ‘Ambasciatori della verità’ raccogliendo il testimone per tramandare il ricordo della Shoah”.

Liliana Segre
La senatrice a vita Liliana Segre al Forum nazionale organizzato dall’ADEI Wizo

 

La conclusione di questa sezione arriva con l’intervento di Liliana Segre, una lunga personale memoria che il pubblico ascolta in attento silenzio. La Senatrice comincia rievocano l’esclusione dalla scuola a causa delle leggi razziste, fino ad Auschwitz, il ritorno dall’abisso e la scelta di diventare testimone “Perché io? mi domando ancora, come ho fatto a sopravvivere in quel tempo lunghissimo che è andato dall’arresto al 1945? È stato un caso. Non ero eroica, non toccava a me. Fu molto difficile accettare di ritornare nel mondo. Di quello che era successo non se ne voleva parlare. I miei parenti mi volevano bene, ma ero io che ero fuori posto. Poi mi presentarono Goti Bauer, anche lei sopravvissuta, mi ha preso per mano e mi ha portato all’ADEI WIZO. Mi ha detto prova a parlare tu, non puoi non farlo”.  Ma Liliana Segre parla anche del suo contemporaneo, della difficoltà a tramandare la memoria e non è ottimista: “Ho conosciuto un Ministro dell’attuale governo, non ne dirò il nome o il genere, una persona laureata, gli ho chiesto quanti sono gli ebrei in Italia e mi ha risposto 1 milione, quando gli ho detto il numero reale è stato molto imbarazzato. La differenza era troppa. Nel 2015 era il centenario dell’eccidio armeno: un popolo costretto alla Marcia della Morte, come quella che ho fatto io da Auschwitz fino alla Germania. Chi lo ha ricordato a parte gli armeni? Se un Ministro pensa che esistano un milione di ebrei, chi si ricorderà di noi tra 100 anni?”.

Un momento di coffee break musicale con la violoncellista Yuriko Mikami, del progetto Musica nell’Aria, ha dato al pubblico il tempo di meditare su queste parole. I lavori sono poi proseguiti con il saluto del Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Milano Alfonso Arbib, che ha parlato di come il contributo alla società delle donne sia centrale nell’ebraismo, e dell’Arcivescovo metropolita di Milano Monsignor Mario Delpini che ha ricordato gli stretti rapporti tra la diocesi e la Comunità Ebraica milanese.

La parità di genere sul lavoro

Ultimo panel dedicato a dibattere un tema di straordinaria attualità, aperto dalla domanda: L’esperienza della WIZO in Israele può essere di ispirazione nel dibattito italiano sulla parità di genere nel mondo del lavoro?  Una questione che dà a Elisabetta Camussi, Prof.ssa associata di Psicologia Sociale all’Università di Milano e Presidente della Fondazione Professione Psicologica Adriano Ossicini, la possibilità di tracciare un quadro sconfortante dell’occupazione femminile in Italia. “Le donne in Italia non sono nemmeno la metà di ogni situazione di rappresentanza – esordisce – non si può continuare a pensare che nascere donna sia appartenere a un gruppo sociale sistematicamente discriminato. L’esperienza della WIZO ci ricorda che la parità dei generi non è un esito fortuito, ma una decisione che si prende pensando che valga la pena di attuare un cambiamento sociale. Ci sono dei tempi molto lunghi per arrivare a pensare le cose in modo diverse dal contesto storico, ma è una strada che si deve percorrere”.

Da Israele Anita Friedman, World WIZO Chairperson, cita gli interventi della WIZO che hanno influenzato l’aspetto legislativo nel campo della prevenzione sulla violenza di genere e Linda Laura Sabbadini, ai vertici dell’Istat (la donna dei numeri come la definisce Elisabetta Camussi), ricorda come proprio le donne fuori dal mercato del lavoro siano quelle più a rischio di violenza domestica. “Sono dipendenti dagli uomini, non possono realizzarsi nel quotidiano” e cita i fallimenti di una politica che le avrebbe aiutate. “Tante parole sulla possibilità di dare a loro un’autonomia reale, ma pochissimi fatti. Come la legge che istituiva i nidi pubblici che oggi sono appena il 12% del totale, o la legge del 2000 che permetteva l’assistenza di anziani e disabili e non è stata mai applicata. Siamo andati avanti così per anni”.

Anche Daniela Hamaui, giornalista, tocca il tema della indipendenza economica, ricordando come un gran numero di donne non abbia nemmeno un conto corrente. “Le donne dovrebbero essere insignite di un master dopo la maternità per quello che imparano a fare e invece la loro vita professionale è considerata finita.  Dobbiamo ribaltare questo concetto”.

Karen Nahum Direttore Generale Area Publishing & Digital del Gruppo 24 ORE, mette l’accento sulla formazione, la sua è avvenuta alla scuola ebraica di Milano: “È un percorso di vita, non sai quali saranno i lavori del futuro. Se leggiamo i dati su cui l’Italia è più indietro, al primo posto ci sono i giovani al secondo le donne. Se sei entrambi, parti svantaggiata”. Infine Raffaella Petraroli Luzzati, Notaio e Presidente della Comunità Ebraica di Genova, racconta come la disparità di classe accentui la disparità di genere. Ma ricorda anche come l’esperienza israeliana abbia influenzato un progetto genovese per tutelare le donne vittime di violenza.

Un contesto in cui risuonano perfette le parole dell’attrice Silvia Giulia Mendola che propone una lettura Virginia Wolf su un’ipotetica sorella di Shakespeare, destinata a non diventare mai famosa proprio in quanto donna.

Conclusione affidata a Ferruccio De Bortoli che riassume così le parole chiave dell’incontro “Non ci sono limiti alla volontà delle donne. L’apporto delle donne ebree nella società italiana è per noi un motivo di speranza e fiducia per il futuro. Fiducia e speranza però non sono beni quantificabili, esistono negli esempi come quelli che abbiamo visto oggi”.