A Roma, la piazza dice no a terrorismo e antisemitismo

Italia

di Nathan Greppi
All’inizio erano in pochi davanti al palco, e l’intera zona era stata messa in sicurezza dalle autorità. Ma nonostante il freddo, la pioggia e la paura di possibili tensioni, a poco a poco hanno cominciato a radunarsi persone che sventolavano con orgoglio le bandiere israeliana e italiana. C’erano anche singoli casi di chi sventolava quella dell’UE, dell’Ucraina e di altri gruppi venuti a mostrare la loro vicinanza (ebrei LGBTQ, comunità rom, giovani socialisti, giovani del PRI, ecc.). Mentre sul palco, erano presenti dei giocattoli in un angolo, a simboleggiare i bambini israeliani presi in ostaggio da Hamas.

Alla fine, secondo gli organizzatori oltre 7.000 persone si sono radunate la sera di martedì 5 dicembre a Roma, in Piazza del Popolo, per la manifestazione No Antisemitismo No Terrorismo, organizzata dalla Comunità Ebraica di Roma e dall’UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane).

L’evento, nato sulla scia delle numerose manifestazioni contro l’antisemitismo tenutesi nelle maggiori città dell’Occidente per i rigurgiti antisemiti riemersi dopo i fatti del 7 ottobre, ha visto parlare sul palco allestito per l’occasione numerosi relatori. A introdurli e moderare l’evento, i giornalisti Franco Di Mare, già direttore di Rai 3, e Raffaele Genah, già vicedirettore del Tg1 e oggi editorialista de Il Messaggero.

Le voci della comunità

Se da un lato mancavano diverse sigle della società civile (sindacati, associazioni, gruppi studenteschi), dall’altro lato ha fatto piacere vedere come la lotta comune contro l’odio abbia unito non solo la comunità ebraica, ma anche la maggior parte delle forze politiche, sia del governo che dell’opposizione. E infatti, la Presidente UCEI Noemi Di Segni ha ringraziato le istituzioni e i rappresentanti dello Stato italiano per la loro vicinanza trasversale, nonché la presenza di esponenti di varie comunità religiose.

Dello stesso tenore Victor Fadlun, presidente della Comunità Ebraica di Roma, che ha rimarcato come l’antisemitismo “non è un problema solo degli ebrei, ma riguarda tutta la società”. Ha ricordato i recenti episodi di vandalismo contro le pietre d’inciampo e i graffiti delle svastiche associate alla Stella di Davide, nonché le espressioni d’odio contro gli ebrei e Israele nelle università italiane. Sintomi di un odio antico che ritorna in forme nuove.

Proprio sul ritorno di un passato oscuro, ha cominciato il suo discorso il Rabbino capo di Roma, Rav Riccardo Di Segni. Ha ricordato che il 17 dicembre, saranno i 50 anni esatti dall’Attentato di Fiumicino, compiuto nell’omonimo aeroporto nel 1973 da un commando palestinese, che fece 34 morti. A far preoccupare, è il fatto che molte università italiane occupate dai collettivi abbiano recentemente ospitato in videoconferenze la terrorista palestinese Leila Khaled, autrice di dirottamenti aerei nel 1969 e nel 1970.

Ha denunciato la visione distorta della realtà secondo cui il mondo è diviso in oppressi e oppressori, per cui “ogni sistema di lotta è lecito, terrorismo compreso”, e chi è visto come “oppressore” non avrebbe il diritto di reagire né di difendersi. E in questo contesto, l’Occidente viene sempre messo sul banco degli imputati in quanto “colonialista” e “razzista” a prescindere, per cui dovrebbe subire senza reagire. Un’idea che purtroppo è ampiamente condivisa nel mondo accademico e dei media. Ha concluso dicendo che non si può invocare la pace “se prima non si sconfigge il male”, in questo caso il terrorismo.

A parte la comunità romana, non sono mancati esponenti dell’ebraismo milanese: Andrée Ruth Shammah, direttrice del Teatro Franco Parenti di Milano, ha portato i saluti della senatrice a vita Liliana Segre, che sarebbe voluta venire ma non ha potuto per motivi di salute, ma ha comunque voluto mandare un messaggio di vicinanza in questo periodo difficile. Inoltre, la Shammah ha letto estratti del manifesto di una nuova associazione che verrà a breve fondata per agire contro l’odio, l’Associazione 7 ottobre.

“Gli ultimi due mesi sono stati terribili per tutti, ma per chi conserva il ricordo incancellabile non solo di altre guerre, ma anche dei segnali montanti dell’odio antico che allora sfociò in persecuzione, si aggiunge un senso di inutilità e di scoramento che non è facile dominare”, ha scritto la Segre nel messaggio letto in piazza. “Anche l’eterno ritorno di quella guerra mi fa sentire prigioniera di una trappola mentale senza uscita, spettatrice impotente, in pena per Israele ma anche per tutti i palestinesi innocenti, entrambi intrappolati nella catena delle violenze e dei rancori. […] Provo angoscia per gli ostaggi e per le loro famiglie. Provo pietà per tutti i bambini, che sono sacri senza distinzione di nazionalità o di fede, che soffrono e muoiono. Che pagano perché altri non hanno saputo trovare le vie della pace”.

 

Le voci delle istituzioni

Prima dei politici, ha parlato il prefetto Giuseppe Pecoraro, coordinatore nazionale per la lotta all’antisemitismo della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ha raccontato che quella mattina è intervenuto in Senato a esprimere il suo sconcerto per il fatto che è stata la comunità ebraica ad organizzare la manifestazione, quando invece altri avrebbero dovuto farlo per mostrarsi vicini agli ebrei. Ha denunciato il silenzio delle sigle sindacali e di molte associazioni su quello che sta succedendo.

Dopo di lui, sono intervenuti molti esponenti della politica, di destra, sinistra e centro: da Ignazio La Russa a Carlo Calenda, da Matteo Salvini a Piero Fassino. Diversi i ministri, tra cui anche Carlo Nordio, Giuseppe Valditara, Eugenia Roccella e Gennaro Sangiuliano.

Alcuni interventi seguivano dei fil rouge comuni: ad esempio, il Ministro degli esteri Antonio Tajani e altri hanno rimarcato come Hamas non danneggi solo Israele, ma anche la stessa popolazione civile palestinese. Calenda ha aggiunto in merito che, al contrario di Hamas, Israele tutela i diritti delle donne e delle categorie LGBTQ; in questo, vi era una certa critica verso le femministe italiane di Non una di meno, schieratesi contro Israele senza pensare alle israeliane stuprate dai terroristi. Su questo punto, la deputata Maria Elena Boschi ha rimarcato come il suo partito Italia Viva abbia deciso di disertare la manifestazione del 25 novembre, per denunciare questa ipocrisia.

Sul legame tra passato e presente, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha ricordato che quest’anno cadono gli 80 anni dal rastrellamento del ghetto di Roma, un motivo in più per riaffermare l’opposizione all’antisemitismo. Mentre Sangiuliano ha ribadito la sua intenzione di dare il via ai lavori per costruire un museo della Shoah a Roma. Invece, la deputata ebrea Ester Mieli (FdI) ha evidenziato l’ipocrisia di chi il 27 gennaio commemora i morti senza però curarsi degli ebrei vivi.

Oltre agli interventi dal vivo, ci sono stati anche quelli da remoto: all’inizio della manifestazione, il Presidente israeliano Isaac Herzog ha mandato i suoi saluti tramite un maxi schermo, rimarcando il profondo legame tra due città antiche come Roma e Gerusalemme e la necessità di marciare insieme contro l’odio antisemita che sta riemergendo, nella convinzione che alla fine la giustizia prevarrà. Da Bruxelles ha invece mandato i suoi saluti Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento Europeo, anche lei convinta che bisogna sconfiggere l’odio prima che sia troppo tardi.

Le voci da Israele

Per la manifestazione sono venute apposta in Italia due importanti celebrità israeliane: la prima è la cantante Shiri Maimon, che ha cantato per le vittime e gli ostaggi. L’altra, l’attrice e modella Moran Atias, ha acceso una fiaccola speciale: in origine era stata accesa il 7 novembre, ad un mese dagli attentati, dalla madre di uno dei ragazzi rapiti al Nova Music Festival. In seguito tale fiaccola ha fatto il giro del mondo, per essere accesa in varie manifestazioni.

In tale occasione, anche ai manifestanti sono state date delle torce accese, con scritto Bring them home now!, un invito a riportare a casa gli ostaggi.

Altre voci

Non sono mancati i rappresentanti di comunità cristiane e musulmane che sono venuti a esprimere la loro vicinanza ai loro amici ebrei: Abd al-Ghafur Masotti, consigliere della COREIS (Comunità Religiosa Islamica Italiana) ha ribadito l’opposizione della sua organizzazione ad ogni forma di antisemitismo, aggiungendo che i terroristi gettano discredito verso i musulmani. Anche Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha condannato l’antisemitismo, dando ragione a Fadlun quando ha detto che non è un problema solo degli ebrei.

In generale, il messaggio che hanno voluto dare agli ebrei romani e israeliani è che non sono soli in questo periodo difficile. E “non siete soli” è stato il messaggio di fondo espresso anche da Claudio Cerasa, direttore del quotidiano Il Foglio.

Alla fine, sono intervenuti anche studenti ebrei e rappresentanti delle organizzazioni giovanili ebraiche: l’UGEI (Unione Giovani Ebrei d’Italia), l’Hashomer HaTzair e il Bené Akiva. Una studentessa universitaria ha raccontato che come ebrea nell’ultimo periodo si è sentita spesso insicura all’università, dove l’odio contro Israele è assai diffuso e le associazioni femministe non credono alle israeliane stuprate solo perché israeliane. Mentre il presidente UGEI David Fiorentini ha ricordato come l’antisemitismo riemerga sempre in certe epoche, e che oggi è arrivato il turno della sua generazione di affrontare quello attuale.

Per concludere l’evento, la piazza si è unita per cantare prima l’Inno di Mameli, e poi l’HaTikwah, cantata sul palco dalla Maimon.

Interviste esclusive

Verso la fine della manifestazione, alcuni dei partecipanti hanno gentilmente concesso a Mosaico delle dichiarazioni in esclusiva, su cosa significava per loro essere lì in piazza quella sera.

“Era molto importante per me essere qui per una manifestazione tanto importante, contro l’antisemitismo e contro il terrore,” ha dichiarato Shiri Maimon. “Dopo quello che Israele ha passato il 7 ottobre, penso di dover cantare per portare speranza, e pregare per gli ostaggi che sono ancora lì (a Gaza)”.

La manifestazione è stata “un occasione per ribadire la denuncia dell’antisemitismo e del terrorismo, in coerenza con i nostri principi e valori, che ci portano a una vicinanza anche di fratellanza con la comunità ebraica”, ha affermato l’Imam Mustafa Roma della COREIS. “Da musulmani e da cittadini italiani, ci sembrava importante essere qui oggi”.

La speranza è di “riuscire a creare una consapevolezza che l’antisemitismo e il terrorismo non sono solo malanni che riguardano gli ebrei, ma tutti quanti”, ha detto Noemi Di Segni. “L’importante è la trasversalità delle presenze. Non è un tema che deve dividere tra maggioranza e opposizione. Inoltre, si dovrebbe far capire che quello che succede in Israele è una guerra, e che Israele deve difendersi, ma qui abbiamo anche la guerra mediatica e della distorsione. Su questo dobbiamo lavorare, e non possiamo farlo da soli”.

“Non possiamo non essere presenti, in momenti come questo”, ha dichiarato Raffaele Genah. “Non possiamo restare in silenzio, ed è giusto che siamo tutti qui, perché quello che è successo, e ciò che si è sviluppato dopo il 7 ottobre, è una pagina tragica che bisogna denunciare”.