Trionfale ritorno in Israele del rapper ortodosso ebreo americano Mathisyahu

di Roberto Zadik

Il ritorno in Israele del rapper ortodosso Matisyahu. Dopo l’antisemitismo americano, il successo nei live a Gerusalemme e a Tel Aviv e la sua gioia “qui mi sento a casa”.

 
Non è facile riassumere la tumultuosa personalità di Mathisyahu, vero nome Matthew Miller, cantautore ebreo americano che dopo la sua giovinezza molto eccessiva da tempo si è affermato come coinvolgente rapper ortodosso con canzoni ispirate ai Salmi e alla Torà. Recentemente il musicista, quarantacinque anni il prossimo 30 giugno, è trionfalmente tornato in Israele con due concerti di grande successo , avvenuti in questi giorni a Gerusalemme e a Tel Aviv anche se ha raccontato di aver passato mesi davvero complessi nel suo Paese, minacciato dal crescente antisemitismo americano dilagante soprattutto dopo il massacro del 7 ottobre. A darne notizia un interessante articolo del Times of Israel, che uscito lunedì primo aprile e firmato da Jessica Steinberg, riassume l’entusiasmo delle sue performance israeliane e l’emozione del musicista che ha dichiarato di “sentirsi a casa solo qui”. “Sono tornato ora e sento questo evento come il completamento di un ciclo” ha dichiarato il musicista che era già stato in Israele a gennaio per sostenere lo Stato ebraico dopo quel tragico 7 ottobre “esibendosi per chiunque lo desiderasse da Nord a Sud” e stando vicino a più gente possibile, dai soldati, agli sfollati, ai feriti.
L’articolo però racconta della brutta sorpresa trovata da lui al ritorno negli Stati Uniti, quando a febbraio due concerti, in Arizona, a Tucson e in Messico a Santa Fe sono stati cancellati dal suo staff perché nessuno poteva garantirgli alcuna protezione dalle proteste antisraeliane che si stavano riversando per le strade delle due città in quei giorni. Molto risentito dall’accaduto, egli ha dato una sua versione dei fatti secondo la quale sarebbe stato il suo staff a rifiutarsi di preparare i suoi due concerti. Sempre a causa delle minacce delle proteste antisemite, anche a marzo un altro suo concerto a Chicago sarebbe stato annullato. Molto ferito dal clima attuale, il musicista che vive come un ebreo haredi nella Contea di Rockland nello Stato di New York, ha dichiarato al Times of Israel di aver sperimentato personalmente l’antisemitismo di questi anni, girando varie zone degli Stati Uniti, soprattutto nelle piccole città in cui “mi sono sentito strano e molto isolato”.
Diversamente dal suo ritorno in Israele che, come ha specificato, “è stato incredibile, mi sono sentito a casa” provando grande emozione durante l’esecuzione di classici del suo repertorio come King without a Crown e Jerusalem come nel cantare le canzoni del nuovo album assieme a suo figlio diciannovenne Lavy Miller che attualmente vive nello Stato ebraico e che ha introdotto vari suoi concerti. Nell’articolo egli ha sottolineato le differenze rispetto al suo viaggio dello scorso gennaio che come ha specificato “per me è stato come una missione in cui volevo provare di persona la tragedia dei massacri nel Kibbutz e nel rave nel deserto”. Durante quell’esperienza egli si è impegnato a raccogliere tutte le informazioni e le emozioni possibili, come ha dichiarato cercando di trasformarle in musica e in nuove idee. A questo proposito per il video della nuova canzone Ascent (Ascesa) che si riferisce al Salmo Biblico Canto dei gradini, egli ha messo insieme un collage di immagini che riuniscono “il disastro del 7 ottobre e l’antisemitismo nazista”.
Molto contento riguardo a Israele e alle esperienze di gennaio e di questi giorni, egli ha però raccontato che dopo aver postato su Instagram le foto assieme ai soldati israeliani alcuni suoi fan americani hanno reagito molto duramente.
Stando a quanto ha affermato gli avrebbero intimato di non tornare più nelle loro città perché avrebbero boicottato i suoi spettacoli.
Fra gli eventi importanti di queste giornate israeliane, Matisyahu è stato premiato dal Ministero degli Affari della Diaspora e dal Ministro Amichai Chikli, per il suo impegno verso Israele e il popolo ebraico dall’inizio della guerra. Molto emozionato dal riconoscimento egli avrebbe dichiarato “c’è qualcosa di speciale nel tornare in Israele, nonostante l’ondata di proteste che spaccano la società, la situazione degli ostaggi e questa guerra”. Ha poi proseguito “Qui si respira un senso di unità, già dal volo per Israele, siamo tutti sulla stessa barca e tutti ebrei collegati fra noi”.