Netanyahu licenzia il ministro della difesa: Israele a rischio “guerra civile”

di Sofia Tranchina 

Domenica 26 marzo i manifestanti hanno invaso le strade dopo la scelta del primo ministro Benjamin Netanyahu di licenziare il ministro della difesa Yoav Gallant.

Gallant aveva espresso la propria preoccupazione in merito alla riforma giudiziaria in procinto di essere votata, e ha sollecitato un accordo di compromesso con l’opposizione.

«Invece di ascoltare Gallant e convocare il gabinetto, Netanyahu ha scelto la strada di tutti i dittatori, mettere a tacere le voci», ha twittato Avigdor Liberman, leader di Yisrael Beytenu ed ex ministro della difesa.

A sostituirlo potrebbe essere il ministro dell’Agricoltura Avi Dichter.

 

I partiti Shas, United Torah Judaism, e Otzma Yehudit hanno rinnovato il loro incontestato sostegno a Netanyahu.

 

Quando l’ufficio del primo ministro ha diffuso la notizia che Netanyahu aveva deciso di trasferire Gallant dal suo incarico, alcuni manifestanti si sono riuniti nel Moshav Amikam per sostenere il ministro della difesa fuori dalla sua abitazione, chiedendogli di non cedere alle pressioni e non rinunciare alla sua opposizione.

Quando alle ore 22.00 è arrivata la notizia dell’effettivo licenziamento, i manifestanti si sono diretti verso Kaplan street, andando a bloccare l’autostrada principale di Ayalon da entrambi i lati.

 

Secondo un rapporto di Channel 12 le persone in strada, che sventolavano bandiere israeliane gridando «non abbiamo paura!», «Bibi vai a casa» e «democrazia o rivolta!», ammontavano a centinaia di migliaia.

 

Hanno anche appiccato un fuoco in mezzo alla strada, finché la polizia è ricorsa ai cannoni ad acqua per disperdere la folla.

 

Alcuni estremisti alla guida di autoveicoli hanno cercato di investire i manifestanti: in particolare a Gadera uno di loro è rimasto ferito.

 

A Raanana, i manifestanti hanno sfondato le barricate della polizia arrivando davanti alla casa del parlamentare del Likud Danny Danon, mentre a Kiryat Ono hanno protestato contro il presidente dell’Histadrut Arnon Bar David.

 

Il leader del partito di unità nazionale Benny Gantz, predecessore di Gallant come ministro della difesa, ha affermato che Israele sta affrontando un «pericolo chiaro, immediato e tangibile» per la sua sicurezza.

 

Il presidente Isaac Herzog ha supplicato il governo di abbandonare la sua revisione giudiziaria oppressiva e di sostituirla con un quadro per la riforma consensuale, ma, come scritto dal Times of Israel, le parti non hanno avviato colloqui diretti.

 

In protesta al licenziamento di Gallant, un gruppo universitario ha annunciato uno sciopero generale a partire da lunedì mattina: «Noi, capi delle università di ricerca israeliane, presidenti, rettori e dirigenti, interromperemo gli studi in tutte le università di ricerca israeliane a partire da domani mattina, mentre continua il processo legislativo che mina le fondamenta della democrazia israeliana e mette in pericolo la sua esistenza. Chiediamo al primo ministro e ai membri della coalizione di interrompere immediatamente la legislazione e di avviare immediatamente i colloqui per raggiungere uno schema concordato e di massima».

 

Secondo quanto riferito da Channel 12, Netanyahu avrebbe infine deciso di valutare in mattinata se sospendere la revisione giudiziaria, ma il ministro della Giustizia Yariv Levin ha minacciato di dimettersi se lo farà, mentre il ministro dell’Economia Nir Barkat ha dichiarato il proprio sostegno: «il popolo di Israele ha la precedenza su tutto. Sosterrò il primo ministro nella decisione di fermarsi e tracciare un nuovo corso; la riforma è necessaria e la realizzeremo, ma non a prezzo di una guerra civile».

 

Foto in alto: Gli israeliani bloccano l’autostrada Ayalon a Tel Aviv durante una protesta contro la prevista revisione giudiziaria del governo israeliano il 26 marzo 2023. (Tomer Neuberg/Flash90 per ToI).