israeliani con la bandiera di Israele e le mascherine

Israele: sarà una Chanukkà chiusi in casa? Ipotesi di un nuovo lockdown

Israele

di Roberto Zadik

In questo difficile 2020, ormai da quasi un anno il Covid imperversa in tutto il mondo, mettendo sotto pressione le società, compresa quella israeliana. Ma quali sono gli scenari possibili per i prossimi mesi e gli stati d’animo della popolazione?

A questo proposito il sito Ynet ipotizza, in un editoriale firmato dalla giornalista Chen Artzi Sror,  uscito lo scorso 11 novembre, un nuovo lockdown previsto per la gioiosa festività di Chanukkà. Con tono ironicamente indispettito, l’editoriale sottolinea la stanchezza della popolazione già “provata” da forzate ricorrenze casalinghe, come le scorse feste autunnali e prima ancora Pesach. E ora potrebbe toccare anche a Chanukkà, benché ci sia, per il momento, una  “mancanza di chiare regolamentazioni”; “Israele è l’unico Paese al mondo in cui le autorità stanno decidendo misure contro una eventuale terza ondata pandemica”, sottolinea l’editorialista.

Estremamente critica verso l’attuale classe dirigente, l’opinionista ha messo in luce la difficile situazione di vivere le festività oppressi da ripetute chiusure che “paralizzano il Paese ogni tre mesi” e valori umani ed ebraici – come l’osservanza dei precetti e la vita famigliare – che vengono duramente messi alla prova da questi provvedimenti in una routine “davvero dura e logorante”.

Dello stesso avviso anche un altro editoriale, uscito domenica 15 novembre sempre su Ynet, a firma di  Sever Plocker che ha descritto efficacemente lo stato d’animo di un Paese consumato da oltre sei mesi di pandemia e dominato “dalla costante speranza di obbedire alle regole per tornare quanto prima alla normalità”. Dopo un primo periodo di obbedienza, ha ricordato Plocker, la popolazione ha cominciato a scoraggiarsi perché “dove manca una visione globale su come procedere tutto comincia a non funzionare più”.

“L’egoismo così sostituisce la propositività mentre una leadership basata sulla speranza e sul rigoroso rispetto delle regole sarebbe molto migliore” ha suggerito l’editorialista di Ynet ponendo come esempi “la Corea del Sud o la Nuova Zelanda che hanno invitato il popolo all’applicazione ferrea dei provvedimenti e alla pazienza, incoraggiandoli sull’arrivo imminente del vaccino”. Nonostante egli si mantenga cautamente ottimista sull’attuale numero di casi, ha evidenziato una flessione nel numero dei tamponi. “Dobbiamo aspettare per vedere l’impatto di nuove possibili restrizioni sull’economia e sul sistema educativo e sarà un grande risultato se il livello dei contagi si manterrà basso fino all’arrivo del vaccino. Ma la paura suscitata dalle notizie è un fattore estremamente negativo”.

Sebbene sia opportuno anche mantenere prudenza negli entusiasmi riguardo all’arrivo del vaccino, ha affermato che “la speranza non è un avversario ma l’essenza della vita, anche se sarebbe un grave errore sottovalutare la gravità della pandemia”. Egli ha concluso che “il vaccino deve essere uno stimolo per invitare la società a rispettare le regole fino a quando esso si trasformerà da un sogno a una realtà”.