“L’antisemitismo legato a Israele ha una giustificazione democratica”. Il dibattito del Bené Berith sull’odio antiebraico dopo il 7 ottobre

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di Nathan Greppi
Dopo i fatti del 7 ottobre, sono riemersi con forza in tutto il mondo i pregiudizi antisemiti; e se negli ultimi anni gli episodi di antisemitismo si erano diffusi prevalentemente sui social, nei mesi successivi allo scoppio della guerra tra Israele e Hamas sono aumentati notevolmente anche nel mondo reale, nelle manifestazioni contro Israele così come nella routine quotidiana degli ebrei italiani, in un clima d’odio che a molti ricorda quello che si respirava durante la guerra in Libano del 1982.

Questo, in sintesi, è ciò che è emerso nel corso dell’incontro L’antisemitismo nel mondo della cultura dopo il 7/10, organizzato dal Bené Berith Milano e tenutosi nell’Aula Magna della Scuola Ebraica di via Sally Mayer mercoledì 27 marzo. A spiegare la situazione, sono venuti i ricercatori dell’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione CDEC, moderati da Michele Arditi del Bené Berith.

Arditi ha raccontato come in diversi atenei americani, i professori israeliani non riescono più a tenere le lezioni in presenza per paura di essere aggrediti. Questo perché negli anni in certi ambienti si è sviluppato un “razzismo al contrario. In buona sostanza, se sei un bianco, o un ebreo, ti sono precluse d’ufficio determinate porte”. Lo dimostra la precedente nomina a rettore di Harvard dell’afroamericana Claudine Gay, nominata per il suo appartenere ad una minoranza più che per reali meriti accademici.

Nel suo intervento, la responsabile dell’Osservatorio Betti Guetta ha spiegato che oggi per loro è più facile monitorare l’antisemitismo rispetto al passato, essendosi spostato prevalentemente su internet. Dalle loro ricerche, si è capito che non esiste un solo tipo di antisemitismo, perché “gli antisemitismi sono molto diversi, ed è molto importante capirli. Se io devo parlare per fare un’azione di contrasto verso un antisemita dell’area antisionista, è molto diverso dal lavoro che devo fare con uno di formazione antigiudaica, o a seconda che sia giovane o anziano”. Per lei è molto importante distinguere le varie tipologie, anche per sfatare il mito degli ebrei vittimisti e farsi capire da persone che non conoscono la materia.

Da sinistra Michele Arditi, Stefano Gatti, Betti Guetta e Murilo Cambruzzi

Sulla situazione in questo periodo, il ricercatore Stefano Gatti ha spiegato che “l’antisemitismo è un fenomeno in crescita da circa un ventennio”, in particolare attraverso il web. “Contemporaneamente, ci sono state una serie di crisi: pensiamo alle Torri Gemelle, alla diffusione del terrorismo islamico, le crisi economiche e sociali, la pandemia negli ultimi anni. E questo è fondamentale, perché l’antisemitismo cresce nel momento in cui ci sono delle crisi”, che portano al diffondersi di teorie complottiste che vedono una cospirazione ebraica dietro le quinte.

“Quando l’antisemitismo si lega ad Israele”, ha spiegato Gatti, “noi vediamo delle forme più estreme di odio nei confronti degli ebrei. E questo perché l’antisemitismo legato ad Israele ha dei connotati particolari: è un tipo di antisemitismo che gode di una sorta di giustificazione democratica. Nel momento in cui esprimo astio, disprezzo, odio nei confronti dei sionisti, ottengo un’accettazione sociale più ampia”.

Più incentrato su quello che è successo tra i giovani è stato l’intervento del ricercatore Murilo Cambruzzi. Ha ricordato che l’antisemitismo universitario non è un fenomeno nuovo; verso i centri Hillel, storici luoghi di aggregazione per gli studenti ebrei nelle università americane, “ci sono sempre state delle ostilità da parte di movimenti di estrema destra. Il problema è che da alcuni decenni, e specialmente in questi ultimi periodi, c’è anche l’ostilità da parte della sinistra”, che all’inizio molti ebrei non si aspettavano.

Ha spiegato che alla base di ciò vi è la crescente diffusione di idee come l’intersezionalità, che dividono il mondo in oppressori (bianchi) e oppressi (non bianchi). E gli ebrei vengono spesso visti come i bianchi per eccellenza, anche se in Israele molti ebrei sono di origini mediorientali e nordafricane. Inoltre, spesso i collettivi studenteschi danno il diritto di parola solo a quegli ebrei che sono contro Israele, perché anch’essi di estrema sinistra o perché legati a frange estremiste religiose, come i Neturei Karta.