L’ombra dell’antisemitismo sulla Germania. Intervista a Juliane Wetzel

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di Nathan Greppi
Dopo il 7 ottobre, in tutto l’Occidente si è creato un clima d’odio sempre più forte che prende di mira non solo Israele, ma tutti gli ebrei. Non fa eccezione la Germania, dove gli episodi di antisemitismo sono aumentati esponenzialmente negli ultimi mesi. Uno dei più recenti riguarda il trentenne Lahav Shapira: nipote di Amitzur Shapira, uno degli 11 atleti israeliani uccisi dai terroristi palestinesi alle Olimpiadi di Monaco del 1972, Lahav sarebbe stato brutalmente aggredito fuori da un locale di Berlino.

Per capire che aria si respira al di là delle Alpi, Mosaico ha intervistato la storica tedesca Juliane Wetzel, dal 1991 ricercatrice presso il Centro per la Ricerca sull’Antisemitismo dell’Università Tecnica di Berlino.

Quanto era diffuso l’antisemitismo in Germania prima del 7 ottobre? E cosa è cambiato dopo?

L’antisemitismo era già diffuso in Germania prima del 7 ottobre. Venivano registrati migliaia di episodi di antisemitismo, dagli insulti verbali agli attacchi violenti, questi ultimi a decine. Per “attacchi violenti” si intendono anche gli atti di vandalismo nei cimiteri, dove delle lapidi ebraiche sono state danneggiate.

Dopo il 7 ottobre, gli episodi sono aumentati considerevolmente, soprattutto sui social, dove l’antisemitismo si è manifestato come mai prima d’ora. Ad essere aumentati sono anche gli attacchi antisemiti nei campus universitari contro gli studenti ebrei, che prima non erano diffusi in Germania come lo sono ora.

In molte manifestazioni filopalestinesi, si equipara quello che Israele sta facendo a Gaza a quello che i nazisti fecero agli ebrei negli anni ’30 e ’40. Ciò porta ad una distorsione della memoria della Shoah, che le persone stanno compiendo senza capire quello che fanno. Al punto che in una manifestazione a Berlino, per di più davanti al Ministero degli Esteri tedesco, si è visto un cartello con scritto “Free Palestine from German guilt”. Come a dire che la Germania deve smettere di sentirsi in colpa per gli ebrei.

Tra la destra e la sinistra, da dove proviene la maggior parte degli attacchi antisemiti?

Prima del 7 ottobre, circa il 90% delle manifestazioni di antisemitismo aveva radici nell’estrema destra. Adesso, invece, sono aumentate anche nei circoli di estrema sinistra e negli ambienti islamisti, portando in diversi casi anche ad attacchi violenti. Nelle manifestazioni filopalestinesi, a volte capita di vedere estremisti sia di sinistra che di destra, uniti dall’odio contro Israele.

Come vengono trattati, nel dibattito pubblico, la guerra in corso e il tema dell’antisemitismo?

Nei primi tempi, l’aumento dell’antisemitismo veniva dibattuto solo in alcuni ambienti di nicchia, ma in generale la popolazione non era consapevole del problema. Lo dimostra il fatto che dopo il 7 ottobre, venne organizzata una manifestazione a Berlino per esprimere solidarietà verso Israele, cui parteciparono circa 20.000 persone. Poche, su una città di quasi 4 milioni di abitanti. Adesso, invece, si dibatte poco sui media degli attacchi terroristici di Hamas, e si parla solo di quello che succede a Gaza, senza ricordare che ciò che sta succedendo nasce dalla risposta d’Israele a quello che ha fatto Hamas.

Tra i partiti politici tedeschi, quali sono i più vicini agli ebrei e Israele? E quali invece sono i più ostili?

In generale, tra il 15% e il 20% della popolazione tedesca coltiva pregiudizi antisemiti. Ma tracciare una linea netta tra i diversi partiti non è così semplice. Non tutti i conservatori sono filoisraeliani, e non tutta la sinistra è antisraeliana.

C’è l’AfD, un partito di destra populista, che ufficialmente si dichiara pro-Israele al 100%, ma se si guarda dietro le quinte l’antisemitismo è assai diffuso al suo interno. Dall’altra parte, nell’estrema sinistra e tra i Verdi ci sono molti filopalestinesi, ma non sempre: di recente ho avuto una discussione su Zoom con dei membri del partito dei Verdi, ed esprimevano posizioni diverse tra loro sull’argomento.

In molte città europee, abbiamo assistito a manifestazioni dove i musulmani incitavano all’odio non solo contro Israele, ma anche verso gli ebrei. Com’è la situazione nelle comunità islamiche tedesche?

Indubbiamente molti musulmani coltivano posizioni antisemite e prendono parte a manifestazioni filopalestinesi. Tuttavia, non bisogna generalizzare: ci sono ONG che combattono le varie forme d’odio in Germania, dove tra i co-fondatori vi sono anche dei musulmani impegnati contro l’antisemitismo, tanto che cercano di fare educazione nelle loro comunità per contrastare i pregiudizi antisemiti.

Tra l’ex-Germania Est e quella dell’ovest, vi sono delle differenze nei pregiudizi verso gli ebrei e Israele?

Nei primi anni dopo la riunificazione c’erano delle differenze, ma ora non più. Negli ex-territori della DDR, c’è un serio problema di neonazismo. Anche nella vecchia DDR l’antisemitismo era diffuso, perché il regime comunista, come tutti i paesi che ricadevano sotto l’influenza dell’Unione Sovietica, aveva posizioni antisioniste, e dipingeva Israele come uno Stato imperialista.

Oggi, anche nella Germania Ovest stanno crescendo l’estrema destra e quelle teorie complottiste che vedono gli ebrei controllare tutto attraverso il denaro. Crescono in particolare attraverso i social, facendo leva sulla paura di diventare economicamente svantaggiati, che è molto forte soprattutto nelle campagne.

Quali pratiche vengono adottate dalle autorità tedesche per cercare di contrastare l’antisemitismo?

Le autorità fanno molto, finanziando anche molte ONG che combattono l’antisemitismo. Si tratta soprattutto di finanziamenti mirati verso singoli progetti, in genere della durata di 2-3 anni, da parte del Ministero per la Famiglia. Dopodiché, la ONG deve fare domanda se vuole ricevere altri fondi.

Dopo il 7 ottobre, diversi politici di ogni schieramento hanno parlato pubblicamente contro l’antisemitismo, affermando che per la Germania è una ragion di Stato garantire la sicurezza e l’esistenza d’Israele. E viaggiano spesso in Israele, per offrire il loro aiuto anche come mediatori di pace.

Credo che la più grande sfida per le autorità sia nell’interfacciarsi con i social; come arginare la diffusione di teorie complottiste? Come fornire ai giovani le giuste competenze digitali? Come distinguere le fake news dalla realtà? A mio parere, il mondo digitale non ha ancora un ruolo abbastanza centrale nell’agenda politica. E non è un problema solo in Germania, ma a livello europeo e mondiale.