Papa Pio XII

La Chiesa e gli ebrei durante la Shoah: le nuove rivelazioni sul pontificato di Pio XII e il loro significato per le relazioni tra cristiani e popolo ebraico

Eventi

di Giovanni Panzeri
“È un onore per me dare inizio a questa conferenza internazionale. Oltre tre anni fa Papa Francesco diede ordine di aprire agli studiosi le sezioni dell’Archivio pontificio dedicate al pontificato di Pio XII. Dopo tre anni di ricerca possiamo finalmente fornire un primo rapporto”. Queste le parole del vescovo ausiliare di Reims, Étienne Vetö, aprendo i lavori di una conferenza storica, destinata a fare luce sulle azioni, strategie e ambiguità del papato durante l’epoca più buia della storia ebraica.

La conferenza, tenutasi presso l’Università Pontificia Gregoriana di Roma tra lunedì 9 e mercoledì 11 ottobre, ha visto l’intervento di numerosi storici, teologi, rappresentanti della Chiesa e della Comunità Ebraica, nazionale e internazionale, su sette temi che riguardano le ragioni e le circostanze dietro la posizione neutrale ufficialmente adottata dal papato verso il regime nazista, i suoi metodi nell’azione di soccorso verso gli ebrei, e la protezione offerta dopo la guerra a criminali nazisti.

Il dibattito, preceduto da un minuto di silenzio e solidarietà per le vittime dei recenti attacchi di Hamas, si è aperto con gli interventi istituzionali della dottoressa Suzanne Brown Fleming, in rappresentanza dell’Holocaust Memorial Museum degli Stati Uniti, del Segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, e del rabbino capo di Roma, Riccardo di Segni.

È stata inoltre presentata una lettera della dottoressa Iael Orvieto, rappresentante dell’istituto israeliano di ricerca internazionale, Yad Vashem, che non ha potuto essere presente a causa dei recenti eventi in Israele. 

Papa Pio XII e la strategia del “silenzio”

La prima sessione del dibattito si è focalizzata sulle motivazioni e convinzioni che spinsero la chiesa di Pio XII ad intraprendere una politica di neutralità verso il regime nazista, nonostante l’opposizione personale, da parte sua e di altre alte cariche del papato, verso le discriminazioni razziali.

Il primo intervento, da parte dell’archivista vaticano Giovanni Coco, si è concentrato sul timore del papato che un’aperta condanna del nazismo da parte del pontefice, o un suo aperto intervento in favore di una minoranza discriminata, avrebbero portato alla persecuzione della religione cattolica o causato l’acuirsi della repressione sulla minoranza in questione. “Il Papa avvertiva in modo forte la pressione al silenzio che veniva dal mondo cattolico tedesco e a favore del mondo cattolico tedesco” spiega Coco “(…) a torto o a ragione il silenzio veniva considerato necessario fino all’autocensura. Quando, sette giorni dopo il rastrellamento di Roma del 16 di ottobre 1943, i soldati tedeschi diffusero la voce che il Papa sarebbe stato d’accordo sulla deportazione, notizia priva di ogni fondamento, venne preparata una nota di protesta. All’ultimo momento però vennero cancellate le parole di protesta, da riferire ‘se mai, a voce’”.

“La situazione non cambiò in modo significativo dopo la liberazione di Roma” continua Coco “ (…) e bisognerà attendere il 2 marzo 1945 perché la parola ‘sterminio’ compaia in un documento vaticano ‘in uscita’”.

In realtà il pontefice aveva fatto riferimento in altre occasioni alla  persecuzione degli ebrei, ma in modo talmente indiretto, e soffocato dalla stampa fascista, che le sue dichiarazioni non furono realmente significative, se non come prova a posteriori tanto della sua opposizione personale al nazismo quanto del fatto che la Chiesa fosse cosciente delle atrocità che venivano commesse.

La Chiesa e l’antigiudaismo

Questa strategia, tuttavia, non era motivata solo da ragioni diplomatiche o ‘umanitarie’, giuste o sbagliate. Infatti la Chiesa del tempo, almeno fino alla dichiarazione “Nostra Aetate” del 1965, era pesantemente influenzata dall’antigiudaismo ‘religioso’, che attribuiva all’ebraismo il peccato originale dell’assassinio di Cristo e si sovrapponeva spesso e volentieri a sentimenti antisemiti, e dal fatto che vedeva la protezione dei cattolici come una priorità rispetto a quella dei membri di altre religioni.

Queste tendenze sono ben espresse dagli interventi tenuti dal dottor David Kertzer e dalla dottoressa Nina Valbousquet, che descrivono le reazioni del Vaticano alle deportazioni della popolazione ebraica rispettivamente in Francia e Italia.

In particolare dai documenti emergono le figure del cardinale Angelo dell’Acqua e di Valerio Valeri, allora nunzio apostolico in Francia, che a più riprese limitarono, deviarono o negarono le richieste d’aiuto indirizzate da membri della comunità ebraica al papato, sminuendo i segnali d’allarme o di protesta provenienti dal clero locale, in generale facendo in modo di evitare che qualunque forma d’aiuto ricevuta da ebrei non convertiti potesse essere fatta risalire ufficialmente al pontefice.

Dell’Acqua in particolare, come riporta Kertzer, era considerato il principale consigliere del pontefice in materia di questioni ebraiche. E la sua posizione in materia può essere ben riassunta dai consigli che diede a Pio XII, su come rispondere alla deportazione degli ebrei di Trieste.

“ Non consiglio un intervento ufficiale della chiesa a favore degli ebrei in Venezia Giulia. Un intervento ufficiale della Santa Sede potrebbe indurre i leader nazisti nell’idea, assolutamente priva di fondamento, che la Chiesa è d’accordo con la comunità ebraica internazionale, che predica la distruzione del popolo tedesco”.

Insomma il principale consigliere del Papa in materia di ebraismo era chiaramente ‘anti giudaico’, se non proprio antisemita.

La prospettiva della Chiesa sul Mondo e la Shoah

La seconda sessione, tenutasi la mattina di martedì 10 Ottobre, ha visto succedersi quattro interventi, con l’obiettivo di dare un’analisi più ampia della prospettiva del papato di quel tempo, e fornire quindi un contesto più generale alla relazione della Chiesa con i rifugiati ebraici.

L’Umanesimo del pontificato di Pio XII e le sue ambiguità

Il primo relatore, il professor Robert Ventresca, si è focalizzato sullo sviluppo dell’umanitarismo vaticano nel corso delle due guerre mondiali e del dopoguerra.

“La reazione del Papato alla Shoah non può non può essere analizzata nel vuoto” ha spiegato Ventresca “è una parte di una strategia umanitaria precisa in continua evoluzione, adottata nel corso di tre pontificati. Questa strategia portò a sviluppare strutture per raccogliere informazioni e mettere a contatto la gente con deportati e prigionieri politici durante la guerra, per poi caratterizzarsi ulteriormente nel supporto a migranti e rifugiati, nell’ottica dell’imparzialità e della carità cristiana”.

I nuovi documenti recentemente de-secretati dal vaticano rivelano tuttavia, afferma sempre Ventresca “una tendenza contraddittoria e settaria nei programmi di soccorso vaticani, in particolare per quanto riguarda gli ebrei.” In poche parole, mentre è innegabile che la chiesa abbia prestato soccorso agli ebrei, è oggi evidente che la priorità nei soccorsi era data agli ebrei convertiti al cristianesimo, e veniva fatto uno sforzo significativo nel capire se la loro conversione fosse “sincera o no”.

Il secondo intervento, del professor Roberto Regoli, conferma largamente questa tendenza nel descrivere l’operato della diplomazia e delle delegazioni vaticane all’estero, considerando tuttavia come, tra la prima guerra mondiale e il dopoguerra, la Chiesa abbia gradualmente esteso il focus dei suoi aiuti ai non cattolici, prendendo coscienza di avere degli obblighi non solo verso il proprio gregge ma anche verso il resto dell’umanità.

Mercati e la protezione degli intellettuali

Dallo studio dei documenti è emerso, in opposizione a figure come quelle di Dell’Acqua o Valeri, il grande impegno del Cardinale Giovanni Mercati, bibliotecario e archivista vaticano descritto dalla dottoressa Annalisa Capristo. Di convinte tendenze antitotalitarie, la sua azione fu fondamentale nel garantire la protezione vaticana a numerosi studiosi, soprattutto, ma non esclusivamente, convertiti. Tra gli ebrei non convertiti protetti da Mercati si possono citare  lo storico della filosofia Paul Oscar Kristeller, lo storico dell’arte Jacob Hess e il compositore Fernando Liuzzi.

La condanna del totalitarismo

L’intervento del professor Napolitano, dall’Università degli studi del Molise, ha esaminato invece i rapporti diplomatici vaticani e le reazioni dei vari all’enciclica “Summi Pontificatus” del 1939, che fu interpretata come una condanna del totalitarismo, e quindi della Germania nazista. L’analisi si focalizza poi sul tentativo da parte di Hitler di abolire il Concordato, stretto con la chiesa nel 1933 (e ancora oggi in vigore), che conferiva una limitata autonomia ai diversi lander tedeschi. Si può dire dunque che dallo studio dei documenti sono emersi, in parte, i contrasti sotterranei che infuriavano tra papato e Germania nazista.