Assemblea pre-elettorale: una platea gremita assiste alla presentazione dei candidati

di Ester Moscati e Ilaria Myr

In un clima sereno-variabile e di fronte ad una platea gremita e partecipe si è tenuta la presentazione dei candidati alle prossime elezioni comunitarie del 19 maggio.

Aprendo l’Assemblea comunitaria, la sera del 5 maggio, il pensiero di tutti, espresso dal Segretario generale Alfonso Sassun, è andato a Israele, sotto attacco missilistico da parte di Hamas e Jihad islamica: oltre 600 missili in 24 ore, non tutti purtroppo intercettati da quella benedizione che è l’Iron Dome. E così ci sono morti e moltissimi feriti. Un lutto che ci portiamo dentro e che ricorre più volte nel corso di questa assemblea, affollata, vivace e civile pur nello scambio acceso di opinioni e pensieri.

La prima lista a presentarsi è WELLCOMMUNITY per voce del suo candidato presidente Raffaele Besso: «Questo consiglio è arrivato alla sua scadenza naturale, nonostante le differenze, ed è la prima volta che accade da molto tempo. Abbiamo fatto un buon lavoro e ringrazio per questo il mio co-presidente Milo Hasbani. Oggi la comunità è in una situazione migliore rispetto all’inizio del mandato». Besso ha poi nominato tutti i 19 candidati della lista e ha dato la parola ad alcuni di loro. Davide Romano, che è stato assessore alla Cultura e si ricandida per lo stesso ruolo, ha detto: «La cultura è un aspetto importante e un segno di apertura della comunità alla città. Negli ultimi anni ho portato avanti  progetti importanti: le pietre di inciampo, gli incontri nelle carceri contro il radicalismo e il progetto rivolto alle scuole ‘Incontriamo le religioni’ che ha dato modo di presentare gli ebrei anche ai ragazzi musulmani, sempre più numerosi nelle scuole milanesi. Oltre alla Giornata europea della Cultura e Jewish in the City».

Ha preso poi la parola Dalia Gubbay: «L’assioma fondamentale è che non c’è Comunità senza Scuola, non c’è Scuola senza Comunità. Devono sostenersi a vicenda, perché la Scuola assicura il futuro. La nostra è un’ottima scuola. Certo si può migliorare, stare al passo con i tempi, e per questo, con la Fondazione Scuola con cui collaboro, abbiamo avviato molti progetti: coding, coaching, robotica, I respect. Va poi incrementato lo studio dell’inglese e dell’ebraico, nell’ottica di far sì che i ragazzi escano dalla scuola con la conoscenza di tre lingue. Poi avviare l’Erasmus con le scuole ebraiche europee, offrire borse di studio al merito, l’orientamento universitario. Abbiamo anche un progetto per premiare i docenti in base al merito. E ancora la lotta al Cyberbullismo. C’è da fare una riflessione seria sulla scuola media e parlare con le famiglie per capire perché i ragazzi scelgono di uscire dopo la terza media. Altro punto fondamentale: la nostra peculiarità è che è ‘scuola ebraica’, deve trasmettere valori non solo di religione, ma anche la nostra cultura e storia. Vorremmo formare i nostri ragazzi che saranno nel futuro leader della comunità. E non vogliamo cambiare le regole di accesso alla scuola».

Davide Levy ha affrontato lo spinoso tema delle conversioni, che in queste settimane ha tenuto banco su Facebook toccando anche toni estremamente sgradevoli. «La Torà dice ‘ohevet hagher’, ama il gher. Dobbiamo accogliere a braccia aperta i ghiurim fatti secondo le regole. Scuola, Rabbanut e famiglie hanno il ruolo principale per fare sì che la famiglia si senta parte della comunità. L’identità ebraica non si acquisisce solo sui testi sacri, ma vivendo tutti i giorni una vita ebraica. Dobbiamo creare un gruppo di famiglie ‘tutor’ che possano accogliere chi è in processo di conversione, per far vivere l’atmosfera dello shabbat e della vita ebraica. Comunità e Rabbinato hanno una corresponsabilità in questo, fatta salva la prerogativa decisionale del rabbinato».

Andrea Alcalay ha raccontato la sua esperienza di persona vissuta al di fuori della comunità e che ha scoperto la sua identità facendo l’università in Israele: «Non ho frequentato né la scuola ebraica né i movimenti, ma oggi dico che tramite l’educazione e i movimenti giovanili dobbiamo formare giovani affinché le prossime generazioni possano vivere la vita comunitaria in armonia. Fondamentale è quanto fatto da Ilan Boni con attività fra le tre scuole ebraiche di Milano e Hashomer Hatzair e Bené Akiva, insieme. Nel nostro programma c’è la creazione di un centro sociale in via Eupili e la creazione di network di condivisione con altre comunità europee, per coinvolgere i giovani tra i 18 e i 35 anni fino a ora esclusi dalla vita comunitaria». Luciano Bassani ha invece parlato di quanto la Comunità dovrebbe fare per la solitudine degli anziani, istituendo come in Israele le cure domiciliari e un call center di aiuto anche psicologico.

Milano Ebraica

Si è poi presentata la lista MILANO EBRAICA con il candidato presidente Milo Hasbani: «Abbiamo lavorato quattro anni insieme; non è stato facile, ma ci siamo riusciti grazie all’impegno di tutti i gruppi. In queste settimane abbiamo sentito tante cose sulla nostra lista, anche cose non vere. Il problema sono le cose negative che sono state dette su quello che vorremmo fare. Allora faccio chiarezza: sul rabbinato la posizione è molto ferma e nessuno mette in dubbio il suo lavoro e le sue competenze sui ghiurim. Per quanto riguarda i Reform, non c’è una apertura da parte nostra perché è materia che riguarda l’UCEI. C’è un tavolo di lavoro in merito e noi ci atterremo alle sue decisioni. Per la Scuola, abbiamo ottenuto di far parte del progetto EFI e porteremo avanti il programma con finanziamenti e fund raising. Vi invitiamo dunque a darci fiducia e a leggere il nostro programma».

Avram Hason ha presentato la lista e ha condotto l’illustrazione del programma di Milano Ebraica rispondendo a una serie di domande raccolte su Facebook da Francesca Modiano. Quale ruolo avrà l’opposizione con il  nuovo sistema elettorale?
La lista che avrà un voto più dell’altra governerà e gli altri avranno consiglieri in proporzione fino a un massimo di 16 consiglieri per la lista vincitrice e 3 per la seconda. Ma ci sarà bisogno di una maggioranza qualificata per le nomine chiave (Rabbino Capo, Segretario generale) dove la minoranza potrà avere peso. Nel programma si parla di affiancare il Rabbino capo nel seguire i percorsi di ghiur, come avverrà? Il Rabbino capo è il responsabile delle conversioni. Un team composto da figure che conoscono bene la comunità di Milano, con famiglie sia ortodosse sia di chi ha già fatto il ghiur affiancherà i ragazzi verso la conversione con gioia e piacere, senza sofferenza. Del team dovrebbe far parte anche un gruppo di specialisti psicologi che aiutino ad avere un approccio più sereno al percorso, che rimane di competenza del Rabbino, ma con l’aiuto della Comunità. È auspicabile avere un percorso di conversione chiaro sulle tappe previste, che possono essere difficili ma vanno conosciute sin dall’inizio. Quale posizione ha ME sui Reform? È di spettanza nazionale quindi in capo all’UCEI; la comunità aderisce al tavolo di discussione fra ARI (Assemblea dei rabbini italiani) e Unione delle Comunità. Per quanto riguarda gli eventi a Milano, la posizione è di accogliere alle manifestazioni promosse da comunità tutte le anime e le edòt e anche i reform. Come riunire le anime della comunità oggi distanti? Ben venga la dialettica. La diversità è ricchezza, e Milano ebraica auspica che che tutti si sentano a casa, attraverso la valorizzazione di ciò che ci unisce.

Per la Scuola: il nuovo contratto per gli insegnanti rischia di far “fuggire” i docenti. Come assicurare la qualità dell’insegnamento ed evitare la fuga? Il nuovo contratto prevede paghe base ma anche riconoscimenti di valore. Non c’è stata fuga dopo l’applicazione del nuovo contratto e non mancheranno le occasioni di meritocrazia. Piuttosto, è importante lavorare sul clima scolastico e portare una carica di innovazione e positività.
Per i Licei, anello debole perché ha un peso economico notevole per le casse della Comunità. La proposta di Milano Ebraica prevede un rilancio dei licei aderendo alla sperimentazione del MIUR sul percorso in quattro anni.

I progetti per giovani sono stati illustrati da Carlotta Jarach e Olympia Foà: creazione di una Task force costituita da due rappresentanti per ciascuna delle edòt che compongono la comunità. I giovani tra i 18 e i 35 anni hanno esigenze diverse, quindi si dovrà dividere i giovani in fasce: 18-25, 25-30, 30-35 anni. Fasce diverse con obiettivi diversi e ascolto di tutti. Maggiore collaborazione con l’UCEI anche sui servizio di orientamento professionale. Un’altra proposta è quella di accreditare la Comunità come beneficiaria del Servizio Civile: un modo per usufruire di servizi a costo zero, opportunità per le risorse umane e i nostri giovani.

Dopo le presentazioni delle due liste si è passati alle domande del pubblico, numeroso e partecipe, che ha riempito l’aula magna della Scuola.

Dalia Habib ha chiesto alle liste che cosa pensano dell’istituzione di un portavoce che goda della piena fiducia del Consiglio e che possa avere, in caso di necessità, l’autonomia di intervenire e comunicare con l’esterno. 

Michael Meghnagi ha chiesto ai candidati di Milano ebraica come conciliano il loro sostegno alla Scuola con il fatto che i loro figli, dopo la scuola media, hanno preferito la scuola pubblica (domanda che ha suscitato reazioni vivaci perché non è vero che tutti abbiano fatto questo percorso e perché le scelte individuali non sono necessariamente legate alle azioni di tutela della Scuola stessa, come ha spiegato Timna Colombo).

Ruggero Gabbai ha chiesto alle due liste chi è il rispettivo candidato all’assessorato alla cultura e alla carica di portavoce.

A questo primo giro di domande ha risposto Daniele Misrachi per Milano ebraica: «Con la gestione a due co-presidenti è stato difficile avere un portavoce comune, abbiamo aggirato l’ostacolo costituendo una chat di vertice. Con le prossime elezioni ci sarà una solo lista vincitrice e quindi sarà possibile definire meglio i ruoli».

Per Wellcommunity, Davide Romano ha specificato che non sapendo ancora chi sarà eletto tra i 19 della lista, è prematuro fare nomi.

Gianemilio Stern ha chiesto che progetti hanno le due liste per la palazzina di via Eupili, quando il CDEC si trasferirà al Memoriale. (Entrambe le liste ribadiscono la volontà di costituire un centro sociale per i giovani sopra i 18 anni, e di mantenere il Tempio di via Eupili. Milano ebraica propone anche di mettere a disposizione alcuni spazi della palazzina per gli enti ebraici).

Gadi Lazarov si informa su come le liste si pongono di fronte al problema finanziario della Comunità.

Per Milano ebraica risponde Rony Hamaui: la situazione finanziaria della Comunità è molto critica, ma non solo. Anche quella morale, numerica… la finanza è solo specchio della crisi. «13 milioni di debiti; non è stato chiuso il bilancio. Non si sa nulla. Non credo che il deficit si possa coprire con le entrate straordinarie o con qualche donazione. Questa comunità può essere salvata soltanto con una partecipazione superiore, con l’ordine; ma oggi c’è ancora un disordine amministrativo su cui lavorare. Molta gente non vuole pagare le tasse perché non si sente sufficientemente informata, non c’è trasparenza. E poi voglio dire che le comunità possono fallire, come ogni azienda. Se non mettiamo ordine e disciplina in amministrazione, questa comunità non ha futuro. Non si può andare avanti come negli ultimi 20 anni.  Anche il caso Lainati è solo un riflesso di una gestione approssimativa».

Per Wellcommunity, Raffaele Besso si dichiara totalmente in disaccordo con Hamaui: «La Comunità non è azienda e deve garantire i servizi ai suoi iscritti perché altrimenti finisce la sua ragion d’essere. Negli ultimi anni, c’è stata una media di 900 mila euro di donazioni all’anno, che la legge e anche la società di certificazione del Bilancio ci autorizzano a considerare entrate Ordinarie. Siamo partiti da una situazione di indebitamento di 13 milioni di euro, eredità delle passate gestioni. L’indebitamento non è aumentato negli ultimi 4 anni e la previsione per il  2019 è di un risultato positivo che pareggia la perdita del 2018. Abbiamo intrapreso provvedimenti strutturali di risanamento. Il Bilancio è ora in corso di revisione da parte della società che deve certificarlo, non è vero che non è stato chiuso».

Torna sul piatto il tema dei ghiurim nella domanda di Davide Hazan che, dopo aver affermato che il tema è «essenziale per la sopravvivenza della comunità ebraica», chiede come si pongano le due liste nei confronti della Lettera pubblicata su Bet Magazine e firmata da circa 400 persone (Bollettino di dicembre 2018, pag. 38); poi cita un intervento di Rav Della Rocca che, secondo la sua interpretazione, metterebbe in capo all’UCEI un ruolo di direttiva nazionale sul tema. Ma prontamente giunge un messaggio di Rav Roberto Della Rocca che afferma e ribadisce di aver scritto che la competenza sui ghiurim è esclusiva dei tribunali rabbinici riconosciuti dall’ARI, Assemblea dei Rabbini italiani, e che il ruolo dell’UCEI deve essere quello di organizzare attività culturali di supporto al percorso stabilito dal rabbinato.

Ghitta Kahan chiede invece che cosa si vuole fare per l’accoglienza del diverso, degli ebrei lontani, verso i quali lamenta una esclusione nell’evidenziarne le differenze.

Per Wellcommunity risponde Davide Levi: «Nel percorso di ghiur della mia famiglia c’è stata una accoglienza straordinaria – racconta – da parte di diverse famiglie ‘tutor’ e nessuno ci ha ostacolati». Mentre a Ghitta risponde Ilan Boni: «Ho provato a lavorare per riavvicinare i lontani con Margherita Sacerdoti, i ragazzi dell’Hashomer, Rav Della Rocca. Non è facile ma ci impegniamo a farlo».

Sui ghiurim è intervenuto, per Milano ebraica, Gadi Schoenheit: «È una questione che deve essere discussa a livello UCEI. La Lettera dei 400 testimonia di discriminazioni e sofferenze e di scarsa chiarezza nel percorso. Agli Stati Generali dell’UCEI ho posto il problema ma l’intervento di Rav Riccardo Di Segni è stato che non si fanno ghiurim katan se non si converte anche la madre. Vogliamo affiancare il Rabbino capo perché a molti iscritti non piace il percorso attuale. Vogliamo coinvolgere famiglie ortodosse ma anche famiglie che hanno fatto il ghiur, contro l’allontanamento dalla comunità».

Sulla crisi demografica della Comunità ha posto una domanda Alberto Foà, citando i dati dal 2000 al 2009: da 6400 iscritti a 6080, una decrescita del 5% che ha però portato a una riduzione dei contributi del 20%, da 1250mila a 979mila. «La CEM non è solo una azienda ma non può far fronte a questo ‘calo di fatturato’». Che cosa intendono fare le due liste per far fronte a questo?

Sul fronte dei numeri la risposta è arrivata dal Segretario della Comunità Alfonso Sassun: oggi gli iscritti sono meno di 5000 e quasi 500 non potranno votare perché non i regola con i contributi (dovuti al 31/12/2017).

Sulla disaffezione degli iscritti, a Foà risponde Sara Modena: «Molte disiscrizioni si sono avute dopo l’invio delle cartelle esattoriali di Equitalia agli iscritti morosi. Faremo una commissione per rivedere e discutere sui contributi». Anche Olympia Foà della lista Milano ebraica ha risposto: «Per riavvicinare gli iscritti il Consiglio deve stringere legami con tutti e con ciascuno, deve essere garante della coesistenza di tutti i gruppi e ampliare il proprio raggio d’azione. E Rony Hamaui: «Dobbiamo avere un rabbino più vicino a tutta la comunità».

Sul tema dei ghiurim, Ariel Colombo ha detto molto serenamente: «Mio figlio è in percorso di conversione, non ci è mai stato detto che il ghiur non potrà avvenire se non si converte la madre».

Rav Alfonso Arbib è intervenuto per chiarire ogni dubbio, come già aveva fatto con la risposta, pubblicata su Bet Magazine, alla “Lettera dei 400”: «Anche se, per esempio, in Francia e in Israele non si fa il ghiur katan se non si converte anche la madre, io non ho detto che la conversione della madre è conditio sine qua non per il ghiur katan. È una questione molto dibattuta. Noi lo facciamo, anche se è problematico. La condizione indispensabile è la Shemirat mitzvòt. Il ghiur richiede comunque un percorso e l’obiettivo non sempre si raggiunge. La famiglia è ovviamente coinvolta ed è coinvolto il ragazzo, che si trova in un periodo, l’adolescenza, che di per sé è problematico, un momento di cambiamento. Tutto questo rende il percorso molto complicato, perché le persone sono complicate. Noi tentiamo di dare indicazioni chiare ma non sempre accade che queste indicazioni siano realizzate».

In conclusione, gli appelli al voto dei due candidati presidenti, Milo Hasbani e Raffaele Besso.
«Dateci fiducia. Questa volta chi vince darà la propria impronta al Consiglio» – ha detto Hasbani.
«Votate Wellcommunity per coerenza e credibilità. È una lista trasversale che accoglie tutte le edòt della Comunità» – ha concluso Besso.