Jewrock, il lato ebraico del rock a 50 anni dalla morte del produttore ebreo dei Beatles Brian Epstein e del loro trionfale “Sgt Pepper’s”

Taccuino

di Roberto Zadik

 

Questo 2017 è un anno strano,di importanti anniversari e di improvvise scomparse nel mondo dello spettacolo che si sono verificate a cavallo fra il 2016 e quest’anno. Sono passati 50 anni da quando uscivano due dischi eccezionali come l’esordio fulminante dei Doors “The Doors” e “Sgt Pepper”, l’album più hippie, colorato e fantasmagorico dei Beatles che fino ad allora erano stati molto per famiglie, tranquilli e morigerati e che da allora fino alla fine sfoderarono provocazioni varie, dai capelli lunghi e barbe ad allusioni a droghe di tutti i tipi ed eccessi che prima non rientravano nel loro vocabolario. Dietro entrambi i gruppi c’erano diversi ebrei e lunga è la lista nella musica moderna di ebrei più o meno palesi dagli anni ’60 ad oggi.

Cosa c’entrano il rock e mondo ebraico? Moltissimo e sono davvero tanti i nomi di cantautori, non solo Bob Dylan, Lou Reed o Leonard Cohen, i chitarristi, i produttori di religione ebraica del rock americano e inglese. Dai più noti ai più insospettabili e me ne ero occupato sei anni fa nella mia rubrica “Prozadik+” come conduttore radiofonico scatenato, ma non troppo.  Qui un piccolo e spero divertente special sul “rock ebraico” collegato come seconda puntata dopo il mio special sui Ramones dell’altra volta. Dai Beatles, ai Doors, ai Sex Pistols, 40 anni dopo l’album dirompente “Never mind the Bollocks” del 1977, ai Kiss, ai Ramones, a Lenny Kravitz qualche “chicca” e gossip da inguaribile appassionato di musica quale sono. Il rock è pieno di ebrei, questo per chi dice che siamo tutti affaristi, banchieri o avidi e materialisti.

Tornando ai Beatles, essi erano una brillante creazione non solo del duo immortale Lennon-Mc Cartney con la sua moglie ebrea americana Linda Eastman sposata nel 1969 e rimasta con lui fino alla sua morte nel 1997, ma del produttore, l’imprenditore inglese di origine ebreo polacca Brian Epstein (Vergine ascendente Cancro). Fu lui a decidere tutto nel look e nei modi dei “Fab Four”, questo il nome slang dei Favolosi Quattro di Liverpool, che nonostante Lennon fosse dedito a varie droghe, volle che il gruppo apparisse sempre “sano” e dai bei modi. Infatti dal 1962 al 1967 i Beatles misero giacche e cravatte, non diedero mai scandalo.  Epstein, da abile e riservato manager, per cinque anni, tenne un ferreo “controllo d’immagine” fino a quando uscì “Sgt Pepper’s and the lonely heart’s club band” il 18 giugno 1967. Fino ad allora erano stati l’opposto “educato” degli sguaiati dei Roling Stones ma negli ultimi 3 anni i due gruppi cominciarono a somigliarsi molto. Girarono i primi videoclip come “Strawberry Fields”, incisero canzoni sulla droga come “Lucy in The sky” o “A day in the life” che alludono alle allucinazioni da sostanze psicotrope e erano diventati irriconoscibili ma sempre straordinari. Intanto a soli 33 anni Epstein moriva di overdose improvvisamente e nulla sarebbe mai stato come prima. Ironia della sorte, John Lennon nel 1970 iniziò una fantastica carriera solistica e gran parte dei suoi album sarebbero stati prodotti da un grande manager ebreo newyorchese Phil Spector noto per aver scoperto talenti come le Ronettes o i Ramones.

In tema di ebrei e rock, anche i leggendari Doors sono legati al mondo ebraico. Infatti Robbie Krieger il chitarrista della band autore di classici come “Light My Fire”, “Love me two times” o “Touch Me” tutte arrivate in cima alle classifiche è un ebreo californiano di origine tedesca. E il produttore della band era nientemeno che un certo Paul Rotchild che ha prodotto tutti gli album della band tranne “L.A Woman” prodotto dal gruppo assieme a un altro ebreo come il tecnico del suono Bruce Botnick. Nell’establishment doorsiano come se non bastasse c’erano anche Jack Holzman, manager della loro casa disografica Elektra li ingaggiò per il primo album quando nessuno sembrava interessato a loro. Morrison non si sbilanciò mai sugli ebrei anche se diverse frecciate si trovano in poesie come “Ode a Brian Jones” per la morte del bassista dei Rolling Stones dove dice “e ti troverai in uno strano paradiso carnale di cannibali ed ebrei”.

Sempre in tema di aneddoti fra ebrei e rock, gli autori di successi del mitico Elvis Presley (che dicevano avesse origini ebraiche solo per il suo secondo nome Aaron), Leiber e Stoller che scrissero nientemeno che “Jailhouse Rock” o Hound Dog erano di religione ebraica. Ebrei sono anche  il cantautore americano Burt Bacharach quello di “Rain keeps falling on my head”,il bravo Noah Kaminsky meglio noto come Neil Diamond icona anni ’70 con canzoni come “Solitary Man” “Sweet Caroline” o “Girl you’ll be a woman soon” diventata parte della colonna sonora di un cult anni ’90 come “Pulp Fiction”. E che dire del leader dei Fleetwood Mac Peter Greenbaum autore di classici come “Black Magic Woman” resa celebre dal chitarrista messicano Carlos Santana, della cantante della band dei Mamas and Papas, quelli che cantavano “California Dreamin”, che si faceva chiamare Mama Cass mentre il suo vero nome era Ellen Naomi Cohen e che morì in circostanze misteriose, dovute a problemi di droga e obesità, a soli 35 anni nel 1974.

Sull’onda delle curiosità, tralasciando riferimenti agli ovvi esponenti ebrei americani, da Simon and Garfunkel a Lou Reed,  il cantautore Billy Joel non volle mai troppo pubblicizzare le sue origini ebraico-tedesche ed ebbe sempre una visione religiosa agnostica dichiarando di essere stato attratto dal cattolicesimo in gioventù e dedicandosi più al pianoforte e alle donne, ne ebbe diverse, che all’osservanza delle mitzvot. Altro che musica klezmer o le canzonette da matrimonio o folkloristiche, altro che musica israeliana, nel rock, nel pop e perfino nel rap e nell’heavy metal gli ebrei inglesi e americani sono stati numerosi.

Senza dilungarmi troppo, ebrei nascosti e insospettabili erano Gary Brooker cantante e tastierista dei Procol Harum quelli della bellissima “White Shade of pale” era di religione ebraica, così come Norman Greenbaum che cantava uno degkli inni dell’era hippie “Spirit in the sky” e la bella cantante Carly Simon che trionfava negli anni ’70 con la sua “You’re so vain”. Non posso certo dimenticare il caso stravagante dei Sex Pistols, gruppo che ha fatto scalpore per l’aggressività e la potenza delle sue canzoni contenute nell’album “Never Mind the Bollocks” (Non ci rompete le scatole, per dirla finemente) uscito nel 1977.  Cosa c’entravano con gli ebrei? Qui la vicenda è davvero complessa e sinistra con punte di antisemitismo. Il manager e pigmalione della band è un certo Malcolm McLaren e sua madre era ebrea, lui è un artista visionario e inventa look e parvenze di quei ragazzacci dei Pistols,  molto efficaci  e corrosivi in pezzi come “Anarchy in Uk” e “God Save the Queen” satira aspra della Regina Elisabetta o  tremendamente offensivi come “Belsen was a gas” che susciterà un vespaio fra gli ebrei inglesi dell’epoca. Aggiungiamo anche che la ragazza del turbolento bassista Sid Vicious era l’ebrea americana Nancy Spungen.  Lui la trovò morta nel bagno del suo appartamento e probabilmente l’ha uccisa a coltellate e a 21 anni si è tolto la vita per overdose. Fra rock e punk c’era anche un certo Marc Feld meglio noto come Marc Bolan guida della band dei T-Rex che segnarono gli anni ’70 con successi come “Twenty Century Boy” e “Hot Love” e morto a 30 anni nel 1977.

La galleria di rock e ebrei non si ferma e prosegue e si arriva al punk e all’Heavy Metal o alla musica pop di oggi. Due componenti su quattro dei Ramones, erano ebrei come il simpatico e squinternato Joey Hyman e il batterista della band, ma di loro ho già parlato abbondantemente, o due su quattro dei Kiss etano anvhe loro ebrei e personaggio molto particolare era un certo Chaim Witz conosciuto come Gene Simmons. Israeliano, naturalizzato americano, bassista e cantautore, noto per la lunghezza della sua lingua, per il suo salutismo e le sue posizioni conservatrici e repubblicane e sposatosi con una ragazza di Playboy, si è sempre dichiarato salutista e lontano dagli eccessi del rock. Da segnalare anche Mark Knopfler chitarrista e anima dei Dire Straits è di padre ebreo ungherese, ma si è sempre dichiarato laico essendo già molto schivo su diversi aspetti della sua vita e non solo sulla religione, così come il cantante melodico e che dire degli scatenati Beatie Boys, inventori del “rap bianco” ben prima di Eminem alla fine degli anni ’80. Lì sono tutti ebrei, da Adam Yauch convertitosi al buddismo dopo anni di droghe e eccessi, Michael Diamond e Adam Horowitz. Non potendo scrivere una enciclopedia, fra gli ebrei famosi o nascosti segnalo la cantante inglese Amy Winehouse, carismatica e disperata che ha segnato l’inizio degli anni Duemila con canzoni anni ’60 come “Back to Black” morendo a soli 27 anni e decidendo di farsi cremare contrariamente alla legge ebraica. Di origine ebraica anche Lenny Kravitz, ma egli non si è mai espresso su una precisa appartenenza, Ben Harper, di madre ebrea, così come il batterista degli Aerosmith Steven Adler e il cantautore melodico Michael Bolton. Per non parlare di cantanti come Adam Duritz dei bravi Counting Crows che cantavano la bellissima “Mr Jones” o Brett Gurwitz chitarrista dei rabbiosi “Bad religion”. Ora mi fermo ma forse ce ne sono tanti altri, di cantanti , manager, cantautori ebrei e si diceva avessero origini ebraiche, Iggy Pop, la cantautrice Ani Di Franco e perfino l’appena scomparso George Michael ma è sempre difficile separare il mito dalla realtà nel surreale e luccicante mondo dello spettacolo.