Al Cinema Anteo presentato in anteprima ‘La zona d’interesse’ su Rudolph Hoss e candidato agli Oscar

Spettacolo

di Pietro Baragiola
Lunedì 5 febbraio la Sala Excelsior dell’Anteo Palazzo del Cinema di Milano ha ospitato l’anteprima del film La zona d’interesse, il nuovo capolavoro del regista britannico Jonathan Glazer, che uscirà nelle sale il 22 febbraio. La serata è stata organizzata da ADEI WIZO e Fondazione CDEC, in collaborazione con Amici del CDEC e con il prezioso contributo della Fondazione Goren Monti Ferrari e di I Wonder Pictures.

Liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Martin Amis, questo lungometraggio della durata di 106 minuti racconta la “tranquilla e monotona” vita quotidiana del comandante di Auschwitz Rudolf Höss e della sua famiglia, mentre trascorrono le giornate nella deliziosa villetta con giardino e piscina affianco alle mura del campo di concentramento.

Nonostante la vicinanza, gli orrori di Auschwitz non vengono mai mostrati direttamente nel film e la loro presenza è percepita solo grazie alla coltre di fumo delle ciminiere del campo e ad un sonoro terrificante che fa emergere in sottofondo le grida dei prigionieri e le fucilate dei loro aguzzini.

La pellicola ha richiesto quasi 10 anni di lavoro da parte di Glazer, la cui famiglia fa parte di una fiorente comunità ebraica londinese. “L’Olocausto non è mai stato discusso apertamente a casa mia ma è sempre stato presente” ha raccontato il regista, spiegando che suo padre si arrabbiò molto quando scoprì che il suo nuovo progetto sarebbe stato su Rudolf Höss: “perché lo stai dissotterrando? Lascialo marcire!”

Pur non avendo l’approvazione paterna, Glazer ha continuato a girare il film con la consapevolezza che, nonostante la storia del comandante di Auschwitz sia terminata ormai da parecchio tempo, l’antisemitismo e l’odio contro gli ebrei infettano ancora il nostro pianeta ed è importante parlarne oggi più che mai.

Vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria al 76° Festival di Cannes, La zona d’interesse è il primo film di Glazer non in lingua inglese (è in tedesco e polacco) e sarà uno dei protagonisti degli Oscar 2024 con ben cinque candidature: “Miglior lungometraggio internazionale”, “Miglior film”, “Miglior regista”, “Miglior sceneggiatura non originale” e “Miglior sonoro”.

Trama

Una scena del film

 

È il 1943 e Rudolf Höss (Christian Friedel), comandante del campo di concentramento di Auschwitz, vive con la moglie Hedwig (Sandra Hüller) e i loro cinque figli in una tranquilla villetta nella cosiddetta “zona d’interesse” (interessengbiet: il termine neutro usato dai nazisti per descrivere l’area immediatamente circostante il campo di concentramento). Mentre Rudolf è al lavoro, la famiglia trascorre le giornate spensieratamente a nuotare, pescare e a prendersi cura del giardino, ricco di rose e lillà, mentre i domestici del luogo si occupano di tenere in ordine la casa.

Dopo l’approvazione del progetto di un nuovo crematorio, Rudolf riceve la notizia della sua promozione a vice ispettore di tutti i campi di concentramento e deve trasferirsi a Oranienburg, lasciando da sola Hedwig che, troppo legata alla loro casa, decide di restare con i figli nella zona d’interesse.

Solamente dopo mesi di duro lavoro Rudolf potrà tornare finalmente a casa e riabbracciare la sua famiglia, avendo ricevuto l’incarico di dirigere un’operazione che porterà il suo nome e si occuperà di trasportare centinaia di migliaia di ebrei ungheresi ad Auschwitz per essere sterminati.

A differenza di altri film sull’Olocausto, la trama de La zona d’interesse si concentra sui carnefici piuttosto che sulle loro vittime. “Riconoscere Rudolf ed Hedwig come esseri umani è stata la parte più terrificante dell’intero processo di creazione del film” ha spiegato Glazer. “Il nostro obiettivo era quello di mostrare che tutti noi abbiamo più cose in comune con i colpevoli di quanto ci si possa aspettare”.

Christian Friedel nel ruolo di Rudolf Höss

La banalità del male

“Un film che ci ricorda la banalità del male”. Citando le parole della filosofa Hannah Arendt, il professor Giorgio Sacerdoti, presidente della Fondazione CDEC, e Sylvia Sabbadini, presidente dell’ADEI WIZO di Milano, hanno presentato il film di Glazer all’anteprima milanese.

Un male che, nonostante le numerose torri di guardia e i chilometri di filo spinato, dilaga ben oltre il campo di concentramento, rivelando che non esiste una vera barriera tra il “piccolo paradiso” degli Höss e Auschwitz.

Hedwig, “Hedi”, madre e moglie devota, passa il suo tempo libero ad indossare le pellicce di visone e gli altri effetti personali sottratti ai prigionieri del campo. “Vedete questo diamante? L’ho trovato in un dentifricio! Sono davvero ingegnosi questi ebrei” spiega Hedi alle sue amiche durante uno dei loro classici tè pomeridiani. Il suo tono gentile e colloquiale non esita a rivelare senza preavviso la sua anima nazista, minacciando la domestica di portarla personalmente nel campo di concentramento se non pulirà bene la casa: “potrei chiedere a mio marito di spargere le tue ceneri sui campi di Babice.”

Anche i bambini non sono risparmiati da questo male dilagante e trascorrono i pomeriggi ad inseguirsi e a rinchiudersi l’un l’altro nella serra del giardino di casa fingendo che sia una camera a gas, mentre di notte studiano, affascinati, i denti delle vittime del campo.

Lo stoico e ambizioso Rudolf è l’unico membro dell’intera famiglia ad aver assistito di persona alle stragi di Auschwitz. È un padre amorevole che non esita a leggere le fiabe della buonanotte ai figli prima di metterli a letto ma è anche lo stesso uomo che ogni giorno torna dal lavoro con gli stivali macchiati di sangue, come se niente fosse. Questo contrasto tra la vita casalinga e quella lavorativa viene ancor più evidenziato nella scena in cui Rudolf corre a tirare fuori i suoi figli dal laghetto di casa non appena vede che nell’acqua c’è l’osso di una mascella umana.

Solamente il neonato degli Höss, nella sua innocenza, riesce a comprendere la crudeltà dell’intera famiglia tanto da piangere ogni volta che viene preso in braccio da uno di loro.

Un film ricco di parallelismi di vita quotidiana e orrore: le scene in cui “Rudi” di notte si prende cura del suo giardino secondo gli ideali agrari della Lega Artaman richiamano i lavori forzati che avvengono dall’altra parte del muro; le risate dei bambini che giocano felici in piscina rendono ancora più terrificanti i pianti che si sentono in lontananza; il cane che ogni giorno accoglie con gioia il ritorno a casa di Rudolf è un triste richiamo dei segugi che inveiscono contro i prigionieri nel campo.

Persino i protagonisti soffrono a modo loro: Hedi non sopporta il fatto che il marito debba trasferirsi e lasciarla da sola, mentre Rudi è sottoposto alla continua pressione della sua ascesa nelle SS e dagli sforzi per restare vicino alla famiglia, combattendo allo stesso tempo con i suoi gravi problemi respiratori causati dal fumo di Auschwitz.

 

Location, copioni e musiche

Le riprese del film si sono svolte nella seconda metà del 2021 ad Auschwitz, dopo aver ottenuto il permesso degli amministratori del museo del sito. È stato lo scenografo Chris Oddy a prendere in consegna una casa sfitta, appena 200 metri dalla vera residenza della famiglia Höss, e a ricreare fedelmente la dimora del comandante attraverso fotografie d’archivio e testimonianze dei sopravvissuti.

Glazer, oltre alla regia, si è occupato anche della sceneggiatura ed ha deciso di tenere nascoste le telecamere sul set in modo da permettere agli attori di calarsi completamente nei loro ruoli e assimilarne le battute.

Un ruolo fondamentale è stato dato alla musica, gestita dalla compositrice Mica Levi e dal sound designer Johnnie Burn, che permette al pubblico di vivere le brutalità del campo di sterminio senza vederle mai direttamente.

Burn, candidato all’Oscar 2024 per “Miglior Suono”, ha impiegato anni di ricerche per creare una “bibbia” di 600 pagine su ciò che si poteva sentire all’interno del campo e nelle sue vicinanze: dagli uccelli del fiume Sola al suono emesso dalla recinzione elettrica quando un prigioniero si è suicidato.

L’eco di ogni sparo è stato mappato accuratamente in base alla sua provenienza nel complesso di Auschwitz e le voci dei prigionieri dalle diverse nazionalità sono state geolocalizzate in maniera precisa secondo le testimonianze. “Se c’era una voce francese, proveniva da un certo blocco e poteva essere sentita solamente da un determinato punto della casa. Le esecuzioni per esempio erano al blocco 11, ovvero a 150 metri di distanza dal giardino degli Höss. Era fondamentale restare fedeli agli eventi reali” ha spiegato Burn. “Il mio compito era quello di suggerire con precisione cosa si sarebbe potuto sentire in qualsiasi momento, giorno o stagione a seconda di dove si trovavano i protagonisti.”

Il suono nel film è molto importante anche per evidenziare la sottile brutalità di Rudi e Hedi che non fanno minimamente caso alle grida o agli spari di sottofondo mentre invece si allarmano se sentono che è il loro cane ad abbaiare o se il neonato scoppia a piangere.

Un piccolo barlume di speranza è portato da Sunbeams, la melodia che il sopravvissuto Joseph Wulf compose durante la sua prigionia ad Auschwitz, che nel film è suonata al pianoforte da una giovane ragazza polacca dopo aver trascorso la notte a nascondere cibo nelle fosse di lavoro dei prigionieri del campo.

Questo brano è l’unica testimonianza ebraica diretta del film e le sue parole, tradotte dallo yiddish, compaiono come sottotitoli al suono del pianoforte: “noi che siamo imprigionati qui, siamo svegli come le stelle di notte. Le anime si infiammano come il sole ardente, si strappano, si rompono nel dolore, perché presto vedremo sventolare la bandiera, la bandiera della libertà che deve ancora venire.”