L’incredibile storia della “pittrice di Auschwitz”, Tova Berlinski

di Roberto Zadik

L’incredibile storia della “pittrice di Auschwitz”, Tova Berlinski, morta a 106 anni. Nacque nella cittadina polacca di Oswiecim, sede del campo di sterminio dove poi perse la sua famiglia. È passata alla storia per aver raffigurato l’inesprimibile

Una vita di rara intensità e longevità, quella di Gusta Wolf, internazionalmente nota come la pittrice Tova Berlinski, la cui vicenda è stata indissolubilmente legata al lager di Auschwitz. Fin da quando proprio lì, in quella cittadina che in polacco si chiama Oswiecim, nacque il 20 aprile 1915 all’interno della numerosa famiglia ortodossa capeggiata dal padre rabbino, Rav Wolf.

Quest’anno, in quella data, avrebbe compiuto 107 anni, ma l’infaticabile artista che ha dipinto fino all’ultimo respiro, si è spenta domenica scorsa. A darne notizia il Times of Israel che le ha dedicato un omaggio firmato dalla giornalista Jessica Steinberg. Nell’approfondimento emergono una serie di interessanti dettagli. Nata in un luogo il cui nome è da quasi ottant’anni simbolo di sterminio e desolazione, subito dopo il matrimonio, nel 1938 emigrò nella Palestina Mandataria, che nei dieci anni successivi sarebbe diventata lo Stato d’Israele, scambiando lettere con i suoi amati genitori fino a quando la barbarie nazista non decimò non solo la sua numerosa famiglia, era la maggiore di sei figli, ma secoli di quella Polonia ebraica raccontata dai fratelli Singer nei vari romanzi.

Fuggita assieme al marito Eliyahu Berlinski dieci giorni dopo il matrimonio, imbarcandosi su una nave clandestina, dopo aver provato il duro lavoro dei kibbutzim decise di stabilirsi a Gerusalemme dove frequentò la rinomata Bezalel Academy, diventando parte integrante della nuova scena artistica del neonato Stato ebraico.

Da quel momento scelse di rappresentare l’inesprimibile, trasformandosi sempre di più nella “pittrice di Auschwitz” attraverso quadri di desolante e dolorosa bellezza. Tinte scure, paesaggi angoscianti e atmosfere inquietanti sono fra i soggetti delle sue tele il cui intento principale è stato sia la Memoria di quanto accaduto sia un omaggio ai suoi famigliari uccisi in quel lager che sorgeva a meno di due chilometri da casa sua. E così la maggioranza dei suoi dipinti sono testimonianza di un dolore che, come ricordato l’artista ebrea polacca naturalizzata israeliana in un’intervista rilasciata nel 2017 al New York Times, “non l’ha mai abbandonata”. Determinata a imporsi internazionalmente come pittrice, la Berlinski ha realizzato varie esposizioni da Parigi a Amsterdam a Londra, aggiudicandosi nel 1963 il Premio Gerusalemme mentre nel 2000 venne insignita del premio Mordechai Ish ha Shalom per il suo importante contributo artistico. Impegnata costantemente nel ricordo del lager e di quanto accaduto, decise di donare uno dei suoi dipinti all’Auschwitz Museum. Un quadro che raffigurando un fiore grigio in un vaso di vetro simboleggiava il senso di morte che aleggiava in quel campo di sterminio. Tova definiva il suo percorso artistico  “la mia autobiografia pittorica. Ogni quadro raffigurante la mia famiglia rappresenta un episodio diverso ma sono tutti vicini al mio cuore, con un amore che il tempo non riuscirà mai a sradicare”.

 

Courtesy © Dan Balilty for The New York Times