La musica come strumento per il dialogo: un progetto di pace in tempi di guerra

di David Zebuloni

Ho incontrato Ori Leshman per la prima volta quattro anni fa, durante gli anni dell’Università, quando cercavo un corso facoltativo che arricchisse la mia esperienza studentesca. “La musica come strumento per il dialogo”, ricordo di aver letto una mattina di sole su un volantino accartocciato. Un nome accattivante che aveva da subito catturato la mia attenzione. Non ho esitato, mi sono subito iscritto e, ancora oggi, ricordo le ore trascorse con Ori come le più felici vissute nel campus. Compositore, direttore d’orchestra, musicologo e docente universitario, Leshman si è formato, professionalmente parlando, proprio in Italia, dove ha abitato e lavorato per diversi anni. “Ho diretto l’orchestra del Teatro Verdi a Trieste. L’Italia ha uno spazio molto speciale nel mio cuore”, racconta il mio ex insegnante con entusiasmo contagioso. “Ho diretto anche la filarmonica israeliana e la filarmonica di Johannesburg. Oggi insegno, compongo musica e mi esibisco con mia moglie May Leshman, una cantante meravigliosa dal talento straordinario. Vedi, io credo che il mondo si possa educare, migliorare, aggiustare e curare attraverso la musica”, ha poi aggiunto.

“La musica come strumento per il dialogo” è il suo ultimo progetto sociale e accademico, del tutto innovativo, fondato nel 2016 insieme ai collaboratori storici Amnon Herzig e Aviad Meitar. Il loro obiettivo era semplice, ma ambizioso: sfruttare il potere della musica per promuovere la connessione, la collaborazione e il sostegno reciproco tra uomini, popolazioni e società, anche in conflitto. Un progetto che è stato accolto con entusiasmo dal Ministero dell’Istruzione, dall’Università Reichman e dall’Università di Tel Aviv, dove Leshman insegna ormai da diversi anni. Al centro del modello comunicativo e dei programmi di studio in questione, vi è una sorta di nuovo linguaggio capace di combinare la musica e le sue qualità uniche con il linguaggio umano, verbale e non verbale. I programmi includono una serie di processi che incoraggiano lo sviluppo di un ascolto profondo, inclusivo ed empatico.

Tecnicamente parlando, ciò avviene attraverso una serie di incontri nei quali viene chiesto ai partecipanti di comunicare tramite la musica. Ovvero, a ognuno viene chiesto di raccontarsi senza veli, attraverso quelle canzoni che meglio esprimono i suoi sentimenti, stati d’animo, traumi ed esperienze di vita. Della serie: dimmi cosa ascolti e ti dico chi sei. L’attività accademica del progetto, invece, comprende ricerche approfondite sul cervello e sulla coscienza umana, nonché la ricerca multidisciplinare in ambito psicologico e tecnologico.

“Ogni interazione umana richiede un dialogo”, mi spiega Ori e quasi mi sembra di essere tornato in classe, ad ascoltare quasi ipnotizzato le sue lezioni. “Esistono tuttavia diversi livelli di dialogo, più o meno approfonditi, più o meno superficiali. Per far breccia nei cuori degli altri o per operare insieme a favore di un obiettivo comune, il linguaggio deve essere sincero ed efficace. Cosa accade tuttavia quando non siamo disposti o capaci o pronti ad esporci? Ecco che abbiamo bisogno di uno strumento semplice e universale: la musica. Sì, la musica. Lo strumento più potente e prezioso che abbiamo a nostra disposizione. Uno strumento che sin dalla notte dei tempi ha permesso all’uomo di esprimersi, di sognare e di far sognare, di avvicinarsi agli altri e di avvicinare gli altri a sé. Una forza dell’uomo che è in realtà una forza della natura”.

La musica, tuttavia, così come ogni altra forza dell’uomo o della natura, cambia nel tempo. Muta e si evolve. “Il nostro compito, infatti, è quello di continuare a comunicare attraverso la musica, sfruttando però il potenziale tecnologico e accademico che il contesto storico nel quale viviamo ha da offrirci. Questo è ciò che facciamo io, Herzig e Meitar. Questo è il nostro impegno”, precisa Leshman. A proposito del contesto storico nel quale viviamo, il trio di musicisti-ricercatori ha recentemente deciso di contribuire alla causa israeliana e di rafforzare il paese in guerra tramite, ovviamente, la musica. Nasce così il sito internet “Encourage Israel“, disponibile in ebraico e in inglese, nel quale centinaia di utenti hanno già condiviso le loro canzoni del cuore accompagnate da messaggi d’amore, di speranza e di pace.

In questi tempi oscuri, tutti abbiamo bisogno di un po’ di conforto. Specie le famiglie degli ostaggi, delle vittime e degli sfollati”, spiega Ori con trasporto. “Il sito da noi creato è davvero singolare, poiché ci permette di creare una rete sociale internazionale di empatia e sostegno reciproco, solo attraverso la musica. Da ogni angolo del mondo, infatti, gli utenti si scambiano canzoni, nonché parole di incoraggiamento e di solidarietà. Anche personaggi di grande spicco quali la cantante Noa e la poetessa Agi Mishol, hanno utilizzato la nostra piattaforma per diffondere il loro messaggio di pace”. Prima di congedarsi, come da protocollo, l’ex insegnante ha pronunciato con sguardo complice una frase che ripeteva sempre durante l’anno di studi trascorso insieme, e che mai ho dimenticato: “Ricordati David, la musica è di tutti. È mia ed è tua. È individuale, ma anche universale. Non dobbiamo fare altro che utilizzarla, per sentirci più umani, più sensibili, ma anche più forti”.