di Sofia Tranchina
Tra gli anni ’20 e gli anni ’30, mentre il fascismo inghiottiva l’Europa e buona parte dell’Asia, migliaia di ebrei scapparono e si rifugiarono in Cina. Shanghai accolse in quegli anni numerosi rifugiati, i quali, scappati dai propri paesi di provenienza, portavano con sé le proprie lotte e i propri ideali antifascisti.
Ne parla Chen Jian, curatore del museo dei rifugiati ebrei di Shanghai (aperto nel 2007), nella rivista online Sixth Tone.
Lo storico ha abbozzato le storie, differenti ma egualmente eroiche, di diversi ebrei che, ognuno a modo proprio, hanno combattuto per il Paese che aveva fornito loro rifugio.
Agli albori della rivoluzione cinese
All’alba del comunismo cinese, l’Internazionale e il Partito Russo Comunista hanno inviato in Cina tre agenti ebrei con la funzione di fomentare la rivoluzione comunista cinese: Grigori Voitinsky, Vladimir Neiman-Nikolsky, e Henk Sneevliet.
Quest’ultimo, arrivato a Shanghai il 3 giugno 1921 sotto copertura, aveva il compito di creare un contatto con i comunisti locali, e ha avuto un ruolo chiave nell’evitare l’arresto dei primi rivoluzionari cinesi durante il primo Congresso Nazionale del neonato Partito Comunista Cinese. Quando, nel corso della conferenza, un signore di mezza età ha fatto irruzione in sala riunioni e si è subito allontanato con la scusa di “essersi sbagliato”, Sneevliet, che conosceva bene il modus operandi della polizia, ha avvisato i membri del congresso convincendoli ad aggiornare la riunione e sgomberare l’edificio. Quando 10 minuti dopo la polizia è arrivata, l’edificio era già vuoto.
Medici ebrei per la causa rivoluzionaria
Un’altra storia intrigante è quella dei medici ebrei che hanno messo le proprie capacità pratiche al servizio della causa rivoluzionaria.
Tra questi, Jakob Rosenfeld, medico austriaco laureato a Vienna nel 1927 che fu arrestato dai nazisti negli anni trenta e mandato nei campi di concentramento di Dachau. Rilasciato con la condizione di allontanarsi definitivamente dalla Germania, Rosenfeld si diresse a Shanghai, dove aprì subito una clinica che tuttavia già nel 1941 abbandonò per trasferirsi in campagna, dove, unitosi alle truppe comuniste, prese parte alla guerra contro il Giappone.
Nello specifico, Rosenfeld forniva ai soldati servizi medici di vitale importanza, e rimase sul campo fin quando nel 1949 l’Esercito Popolare di Liberazione conquistò Pechino e fu fondata la Repubblica Popolare Cinese.
Richard Frey, altro medico ebreo austriaco che lavorò in un ospedale di Shanghai negli anni trenta, si spostò nel 1941 in una base militare comunista a Nord della Cina per insegnare medicina.
Nel 1944 fu trasferito alla base comunista centrale a Yan’an (provincia di Shaanxi), dove ha provveduto a fornire una forma – grezza ma assai necessaria – di penicillina.
Iscritto al Partito Comunista Cinese, Frey è diventato cittadino cinese nel 1953 ed è stato accolto come membro ufficiale nel sesto, settimo, ottavo e nono Comitato Nazionale della Conferenza Politica Consultiva del Popolo Cinese.
I giornalisti
Anche alcuni giornalisti ebrei hanno messo la propria penna al servizio della rivoluzione comunista e della lotta al Giappone. Ruth F. Weiss, nata a Vienna nel 1908, emigrata a Shanghai negli anni trenta è rimasta subito attratta dalla causa che stava dando vita alla rivoluzione cinese. Durante la guerra contro il Giappone ha dunque contribuito all’affermazione quotidiano inglese Express Chengdu, in cui ha svolto un ruolo importante documentando approfonditamente il conflitto in corso d’opera. Dopo la resa giapponese, Weiss ha lasciato brevemente la Cina ma è tornata poco dopo la fondazione della Repubblica Popolare Cinese e ha vissuto per il resto della sua vita a Pechino.
Infine, Hans Shippe. Nato nel 1896 in Polonia, si unì al partito comunista tedesco da giovane, ma negli anni ’20 andò a vivere in Cina, dove documentava i movimenti dei lavoratori collaborando con diverse testate giornalistiche.
Giunto a Shanghai, fondò negli anni ’30 un gruppo di studio per stranieri a stampo marxista-leninista, e nel 1938 raggiunse la vetta della sua carriera di giornalista incontrando Mao Tse–tung e intervistando importanti comunisti cinesi quali Zhou Enlai, Liu Shaoqi, Ye Ting, Chen Yi e Su Yu.
Nel 1941, durante un viaggio nella provincia settentrionale dello Shandong progettato con lo scopo di scrivere una cronaca degli eventi che stavano coinvolgendo la Cina, Shippe fu ucciso da un attacco giapponese, diventando così l’unico giornalista internazionale a morire in combattimento durante la guerra tra Cina e Giappone.
I rifugiati ebrei hanno combattuto e sono morti insieme ai cinesi nella lotta globale contro il fascismo, racconta Chen Jian: «i loro sacrifici meritano di essere ricordati».
(Foto: Austrian Institute for Research on China and Southeast Asia)