Dal 7 ottobre al 27 gennaio: sarà difficile parlare di Shoah

Opinioni

di Davide Riccardo Romano

Il prossimo 27 gennaio parlare di Shoah sarà più difficile. Con ogni probabilità la guerra in Medio Oriente non sarà finita. E se anche lo fosse, sarà comunque inevitabile che tra il pubblico qualche domanda (più o meno appropriata) venga posta.

Per questo credo sia meglio prendere il toro per le corna: nessuno più si illuda di parlare di Shoah senza affrontare il tema dell’antisemitismo in Medio Oriente oggi.

Sarà dunque utile partire dal filo rosso della propaganda (diffusa nelle scuole e nei media della Berlino degli anni ’30 così come negli ultimi decenni a Gaza) che lega l’antisemitismo nazista a quello palestinese/islamista. E poi continuare mettendo in risalto come il negazionismo nazista non ha nulla da invidiare a quello del 7 ottobre: da chi nega totalmente il massacro a chi lo attribuisce agli israeliani stessi, nonostante sia tutto filmato dagli stessi autori dei crimini.

Senza dimenticare la società “civile” occidentale: che ci ha mostrato come le presidentesse di importanti università USA hanno legittimato l’antisemitismo (fino al diritto di incitare al genocidio degli ebrei) da un lato, mentre dall’altro tante associazioni femministe non hanno voluto riconoscere lo stupro di massa subito dalle donne israeliane ed ebree il 7 ottobre.

Oggi l’antisemitismo si è fatto certo più “raffinato”, è entrato nei salotti buoni mettendosi giacca e cravatta. Travestendosi da antisionismo, magari. Anche se ormai questo alibi antisionista non regge più, in particolare davanti alla vera e propria caccia all’ebreo a cui abbiamo assistito per esempio in Daghestan, nella Federazione russa. Per non parlare degli attentati sventati contro istituzioni ebraiche in giro per l’Europa. Per noi ebrei italiani, del resto, l’attentato alla sinagoga del 1982 e l’uccisione del piccolo Stefano Gay Tachè hanno già chiarito ogni dubbio sull’antisemitismo degli antisionisti.

Per questo credo che sia importante proporre noi per primi un minuto di silenzio per le vittime del 7 ottobre prima dell’inizio di qualunque commemorazione della Shoah. Per sottolineare le profonde radici che collegano il vecchio antisemitismo a quello odierno. Sono connessioni facilmente documentabili: le stesse caricature degli ebrei nelle vignette naziste vengono riciclate su certi media nel mondo arabo-islamico. E lo stesso succede con le tesi complottiste antigiudaiche, la mostrificazione degli ebrei/israeliani, e via dicendo.

È tempo dunque di riattualizzare la Memoria della Shoah, troppo spesso sequestrata da chi la usa per fini politici. Lo sterminio di 6 milioni di ebrei è accaduto, ed è nostro dovere tanto ricordare chi non c’è più, quanto combattere ogni nuova forma di antisemitismo: senza limitazioni dovute a frontiere nazionali o religiose, e senza neppure arretrare di fronte alle barriere mentali del politicamente corretto.

 

 

Foto in alto: “Mai più” è adesso (© Deborah Sinai per Mosaico)