Bandiere e querele. È necessario uscire dalle ambiguità

Opinioni

Con i tempi che corrono sarà bene, prima di tutto, sgombrare il campo dal rischio di fraintendimenti. Il tenore delle recenti dichiarazioni del portavoce della Comunità ebraica di Milano Yasha Reibman, che ha vivacemente criticato alcuni esponenti dell’ultrasinistra nostrana, a giudicare dalla estrema diversità delle reazioni che pervengono in redazione non ha fatto l’unanimità. Reibman, che si è fatto conoscere per la vivace passione con cui espone le proprie opinioni, può essere condiviso o meno. Di sposare le sue tesi non ce l’ha prescritto il medico.
Ma di fronte alla querela per diffamazione che il segretario del partito neocomunista Pdci Oliviero Diliberto ha sporto nei suoi confronti è necessaria altrettanta chiarezza.
C’è un interrogativo, infatti, che in questa stagione tormenta molti ebrei italiani: per chi sarebbe ragionevole votare alle elezioni politiche del prossimo aprile. Non si svela, credo, un mistero se si afferma che l’ebraismo della Diaspora ha un cuore che batte sul lato progressista. Non si scopre altro che l’acqua calda se si afferma che nonostante i meritori pentimenti di Gianfranco Fini gli armadi della destra restano ancora pieni di scheletri. Ma se l’imbarazzo di essere ebrei e di destra non è certo cosa nuova, la creatività dell’onorevole Diliberto è riuscita a ragalarci l’imbarazzo di essere ebrei che sostengono la sinistra italiana.
Negli Stati Uniti sono a disposizione precise indagini che dimostrano come lo schieramento dei democratici raccolga un numero preponderante di consensi fra l’elettorato ebraico e ai repubblicani restino solo le briciole. Lo staff del presidente Bush ha considerato importante, forse anche decisivo per la riconferma alla Casa Bianca del candidato conservatore, raccogliere circa il 10 per cento del voto ebraico e questo risultato è stato raggiunto a fatica, grazie a una contingenza particolarmente favorevole per la destra, determinata dalla reazione all’ondata di terrorismo e di estremismo islamico che minaccia la sicurezza dello Stato di Israele.

Anche la piccola minoranza ebraica italiana, in omaggio alla sua vocazione progressista, non farebbe eccezione a questa regola.
Ma al punto in cui siamo non mi sentirei di metterci più la mano sul fuoco.
Componenti significative, forse anche determinanti della sinistra italiana continuano ad assumere atteggiamenti che visti dal punto di vista di chi ha a cuore i valori delle democrazie avanzate potrebbero essere eufemisticamente definiti allarmanti. Gli altri che si riconoscono nello schieramento di sinistra hanno perso una straordinaria occasione per fare pulizia in casa propria e preferiscono tenersi per compagni di strada presenze quantomeno imbarazzanti.
La vittoria dell’attuale opposizione, se ci sarà, dovrà così pagare il prezzo di un’ennesima ambiguità. E la vocazione a perdere della sinistra italiana (perdere valori, non solo voti) corre il rischio di trovare nuove tragiche conferme.
Abbiamo visto le bandiere israeliane bruciate in piazza, un gerarca dell’Olp in cui non crede ormai più nemmeno il popolo palestinese candidato con Bertinotti, uno stralunato esponente dell’ultrasinistra arrampicarsi sugli specchi per negare allo Stato ebraico il diritto ad esistere, le visite fraterne ai rappresentanti più sanguinari delle dittature mediorientali.
Una serie di scenette molto imbarazzanti per gli stessi leader dello schieramento progressista.
Ma a qualcuno tutto questo sembrava ancora poco. L’onorevole Diliberto, per esempio, per nulla scoraggiato dagli esiti ingloriosi dalla manifestazione delle bandiere bruciate in piazza, invece di prendere le distanze una volta per tutte dai teppisti che infamano la sinistra italiana, ha pensato di querelare il portavoce della Comunità ebraica di Milano Yasha Reibman chiedendo al tribunale l’indennizzo di danni morali per il controvalore di un milione di euro. L’esponente ebraico sarebbe a suo avviso colpevole per le affermazioni estremamente critiche rilasciate alla stampa proprio riguardo a questi ultimi avvenimenti.
Lo Stato di Israele per esistere non ha fortunatamente bisogno dell’autorizzazione di un gruppo di frustrati.
Reibman e la Comunità di Milano avranno certamente buoni argomenti da contrapporre alle goffe, inconsulte azioni intimidatorie di cui sono fatti oggetto.

Quello che importa a noi è capire se nello schieramento che dice di sostenere Romano Prodi ci siano realtà che finiscono per minarne la credibilità. Non è una domanda che valga la pena di porre all’onorevole Diliberto. E’ un interrogativo da sollevare direttamente a Romano Prodi e agli altri uomini politici che se lo tengono come compagno di strada e in questi giorni vanno in giro promettendo un’Italia migliore. Perché se una diffamazione c’è, è proprio quella praticata da alcuni irresponsabili a corto di argomenti ai danni di una sinistra che affoga nell’ambiguo.
Gli ebrei italiani sono una piccola minoranza. Ma di reati d’opinione e olio di ricino (di destra o di sinistra, poco importa), non ne vogliono più sapere. E a questo punto attendono una risposta.

Guido Vitale (direttore@mosaico-cem.it)

Questa la presa di posizione
della Comunità ebraica di Milano

La Comunità ebraica di Milano esprime solidarietà al proprio portavoce Yasha Reibman, insieme con la più profonda costernazione per l’atteggiamento del segretrario del Pdci Diliberto. Non è infatti attraverso inaccettabili intimidazioni che il dialogo fra le parti può essere portato avanti. La Comunità ebraica di Milano si appella pertanto ai leader dell’Unione affinché all’interno di tutto lo schieramento venga riportato il buon senso e la capacità di mantenere il dialogo, nel rispetto delle diverse posizioni in merito all’annoso conflitto fra israeliani e palestinesi.
Auspichiamo che il segretario Diliberto possa avere una più pacata lettura degli eventi di questi giorni.