Zahava Laskier Scherz e il Diario di Rutka

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Una scoperta sconvolgente.

A 14 anni Zahava Laskier Scherz, guardando l’album di famiglia chiede
al padre chi sia la ragazzina della sua età che tiene per mano un
bambino. Per la prima volta il padre le racconta la verità su Rutka e
lei scopre di avere avuto una sorellastra e un fratellastro morti ad
Auschwitz. Due anni fa viene alla luce il diario di Rukta scritto tra
il ’42 e il ’43 nel ghetto di Bedzin in Polonia, che l’adolescente aveva
nascosto sotto il pavimento di casa prima di essere deportata nel campo
di concentramento. Rutka, sapendo che non sarebbe sopravissuta, chiese
ad un’amica non ebrea di recuperare il diario dopo la guerra e di fare
conoscere la verità. Ci sono voluti 62 anni per portare il diario alla
luce. Solo di recente la signora polacca, spinta da un nipote, ha fatto
pubblicare il diario di Rutka. E Zahava, per rispettare la volontà della
sorellastra, si è fatta carico di fare conoscere in giro per il mondo
la commovente testimonianza della sorella. “Se Dio esistesse” scrive la
quattordicenne Rutka nel suo diario, “non permetterebbe che la gente sia
gettata viva dentro i forni, che ai bambini piccoli si spacchi la testa
con il calcio dei fucili o li si faccia morire con il gas”. Tuttavia il
Dario della giovane “Anna Frank” polacca parla anche di amicizia, di
amori e delle piccole gioie in un mondo senza più speranza.

Come è stato accolto questo Diario in Polonia,dove ancora oggi
serpeggia l’antisemitismo?


In Polonia questo diario è stato accolto positivamente soprattutto
nella zona di Bedzin, dove Rutka viveva. Sono stati i primi a capire
l’importanza di questo documento, a pubblicarlo e hanno cominciato a
cercare la famiglia di Rutka ed è cosi che sono arrivati a me. Questo
diario è stato incluso nel programma scolastico delle scuole di
Bedzin. La città ha organizzato un percorso per raccontare la storia di
Rutka, il percorso che include la sua casa, il ghetto fino alla ferrovia
da dove partivano i treni per Auschwitz.

Rutka sapeva quello che succedeva ad Auschwitz, quello che l’aspettava?

Sì, sapeva assolutamente quello che sarebbe successo, quello che stava
accadendo ad Auschwitz e di fatto lo scrive nel diario. Era a conoscenza
delle camere gas. Si è sempre detto che nessuno conosceva la verità,
cosa stesse realmente accadendo dentro ai campi di concentramento. Ma
nel ghetto le informazioni circolavano, dunque si sapeva.

Come è venuta a conoscenza di sua sorella?

L’ho scoperto quando avevo 14 anni guardando un album di famiglia di
fotografie. Sapevo che era un album di foto di una famiglia che era
stata uccisa ad Auschwitz ma non sapevo che era la mia di famiglia.
Quando ho chiesto a mio padre di raccontarmi chi era quella ragazzina
che aveva la mia stessa età con in braccio un bambino, per la prima
volta mio padre mi raccontò la verità. Fino ad allora non mi aveva mai
voluto dire niente. Mi spiegò che erano i suoi figli e che erano morti
ad Auschwitz. Per me fu uno choc, ero convinta di essere figlia unica.
Provai una profonda tristezza per il passato di mio padre, per la sua
sofferenza. Di colpo mi ritrovai con una sorella.

Lei ha dato il nome di Rutka a sua figlia?

Sì, è stata una cosa molto spontanea dare il nome di mia sorella morta
a mia figlia. Di fatto quanto ero in attesa non sapevo se sarebbe stato
un bambino o una bambina ma quando ho visto che era una femmina l’ho
voluta chiamare come lei. Quando è nata mia figlia, mio padre era
ancora vivo ed è stato molto felice di questa mia decisione. La mia
scelta l’ha colpito molto. Ha avuto un legame strettissimo e di grande
amore con sua nipote.

Come è stato recuperato questo diario?

È stato una idea di Rutka quella di salvare questo diario per far
conoscere la verità. Aveva una amica cattolica, Sapinska, che aveva
abitato prima di lei in quella casa e che era stata obbligata a
traslocare in un altro quartiere quando i nazisti avevano deciso di
trasformare quella zona in un ghetto. Rutka aveva detto alla sua amica
che stava scrivendo questo diario e che probabilmente non sarebbe
sopravissuta a l’olocausto. Così si erano messe d’accordo. Rutka lo
avrebbe nascosto in un nascondiglio, in un intercapedine nel pavimento
e Sapinska sarebbe tornata a riprenderlo alla fine della guerra. E
così fece. Sapinska tornò a vivere nella sua vecchia casa e ritrovò
il diario nel nascondiglio. Aspettò invano il ritorno dell’amica o di
qualche parente. Circa due anni fa un nipote è andato in visita da
Sapinska che era oramai un’anziana signora, hanno parlato della guerra,
dell’olocausto, di quello che era accaduto e Sapinska gli ha mostrato
il diario. Il nipote l’ha letto, ha capito l’importanza di quella
testimonianza e ha fatto in modo che venisse alla luce, che fosse
pubblicato.

Rutka racconta episodi molto forti.

In effetti scrive cose molto forti, perché viveva in tempi terribili,
viveva in Polonia e constatava l’indifferenza dei polacchi a quelle
persecuzioni. Rutka raccontava la vita di tutti i giorni, era anche
molto attiva politicamente, leggeva molto, sapeva cosa stava accadendo
intorno a lei. Si dice che abbia fatto parte o simpatizzato con la
resistenza. Aveva anche una vita sociale, amici, un amore. Era una
ragazza in pieno sviluppo, in piena adolescenza, piena di vitalità con
una grande voglia di vivere, ma era anche molto realista.

Voleva che il suo diario fosse pubblicato?

Sì, questa era la sua volontà. È un diario che sarà conosciuto in
molti paesi in Europa, anche in Italia. Rutka voleva che il mondo
sapesse quello che era accaduto. E noi stiamo mettendo in pratica
questo 62 anni dopo, lo facciamo per lei, per il mondo, per i giovani,
per le nuove generazioni, perché sappiano che queste cose sono
successe, che sono cose orribili e che dobbiamo fare tutto il possibile
perché non accadano mai più.


Rutka Laskier, Diario – la testimonianza ritrovata di una ragazza
quattordicenne deportata ad Auschwitz. Bompiani Editore