Nella foto in alto: il maglione che Chana Zumerkorn di Łódź regalò a suo fratello Joseph quando si separarono durante la Shoah (Collezione di Yad Vashem, dono di Joseph Zumerkorn)
di Michael Soncin
La storia di quattro giovani donne ebree si intreccia dietro i fili di quattro maglioni rossi, per raccontare la Shoah da una prospettiva inedita. È il lavoro di vent’anni di ricerche culminato in una nuova pubblicazione della storica del costume Lucy Adlington.
Nel campo di sterminio di Auschwitz si trovava un salone di moda. Sembra impossibile da credersi, ebbene è noto che venticinque donne ebree disegnavano e cucivano abiti per l’élite femminile nazista, pensando così di potersi salvare dalle camere a gas. È un episodio che il grande pubblico ha scoperto grazie libro Le sarte di Auschwitz di Lucy Adlington.
La storica del costume, come si apprende dal Times of Israel, è tornata da poco con una nuova ricerca, sempre in linea con la precedente pubblicazione, divenuta in poco tempo un best seller del New York Times.
Stiamo parlando del saggio Four Red Sweaters: Powerful True Stories of Women and the Holocaust. In “Quattro maglioni rossi” l’autrice affronta il tema della maglieria e degli articoli di lana di semplice uso quotidiano, per raccontare la storia di quattro giovani ebree durante la Shoah, prendendo in esame l’economia circolare dei nazisti e la psicologia dei carnefici.

Jochewet (Jock) Heidenstein, Chana Zumerkorn, Regina Feldman e Anita Lasker sono le protagoniste sotto ai quattro maglioni. Eccetto quello indossato da Regina, i restanti tre sono giunti a noi dopo la guerra. Quelli di Jock e Anita si trovano all’Imperial War Museums (IWM) di Londra, mentre quello di Chana è stato donato dal fratello Joseph allo Yad Vashem di Gerusalemme.
I deportati ridotti in schiavitù erano costretti a modificare gli abiti degli ebrei assassinati, srotolandoli per poi trasformarli in altri capi, che tenevano caldi i soldati della Wehrmacht, i comandanti e le loro famiglie.
Affrontando il tema del lavoro della maglia come mezzo di sopravvivenza fisica e spirituale, Lucy Adlington è riuscita a raccontare la vicenda dello sterminio degli ebrei d’Europa, dai Kindertransport ai ghetti, fino ai campi di concentramento, attraverso una prospettiva unica.
«Come storica dell’abbigliamento sono costantemente alla ricerca di riferimenti ai tessuti, all’abbigliamento e alle competenze tessili. Ho raccolto tutte queste informazioni nell’arco di due decenni. Ho continuato a notare sempre più dettagli sulla lavorazione a maglia in tempo di guerra e sulla relativa ingegnosità associata a questi maglioni di lana ordinari e poco glamour… solo cose ordinarie che solitamente non sopravvivono».