Alla scoperta dell’Io nascosto di Italo Svevo, ebreo “residuale”

Libri

di Michael Soncin

Quale fu il vero volto di uno dei più grandi scrittori del Novecento italiano? Era reale la simbiosi con Zeno, il suo personaggio leggendario? Un saggio dello studioso Alberto Cavaglion cerca di fare chiarezza e di disegnare una nuova linea interpretativa. A partire dalla sua origine ebraico-triestina

Chi fu davvero Italo Svevo? La sua grandezza letteraria corrisponde all’immagine che ne è stata data da generazioni di studiosi e critici? In parte. Innanzitutto fu il primo ad introdurre la psicanalisi in Italia con il suo capolavoro del 1923, La Coscienza di Zeno. L’occasione del 100° anniversario dall’uscita è stata la spinta per ripensare a uno dei più grandi maestri della letteratura del Novecento, offuscato da un fumo di stereotipi, di errate interpretazioni, da attribuire soprattutto a una lunga tradizione critica di italianisti.

CON OCCHI NUOVI
A fare luce su un sentiero irrigidito per decenni è lo studioso di letteratura e storico dell’ebraismo Alberto Cavaglion, nel saggio L’astuto imbecille e altri scritti sveviani. Qui spiega e chiarisce scrupolosamente la cronistoria di diversi termini che incontriamo nella produzione letteraria dello scrittore triestino. Innanzitutto, Zeno Cosini, il protagonista del celebre capolavoro, è un “astuto imbecille” – espressione presa in prestito dalla comunità greca di Trieste – e non “l’inetto” con cui è stato da sempre definito dalla critica mainstream del passato.

EBREO… DI CHE TIPO?
Ma Svevo era uno pseudo-ebreo o uno pseudo gentile? Sono stati questi i due schemi dentro cui hanno tentato di “impacchettarlo”. Per rispondere: non era nessuno dei due. «Svevo fu un ebreo residuale, come nel Novecento se ne vedranno moltissimi nell’Europa occidentale», un consolatore dell’umanità, scrive Cavaglion. Inoltre, dentro le pagine di questa nuova pubblicazione critica è contenuta un’analisi per scoprire il plurilinguismo e l’uso delle fonti di Svevo. C’è di più, viene messa poi in chiaro la sbagliata interpretazione sugli aspetti ebraici fatta a suo tempo da Giacomo Debenedetti, che lo accusò anche, come riporta ora lo studioso, «di non aver fatto dei suoi protagonisti degli ebrei, mentre la loro psicologia sarebbe quella dell’autore, tipicamente ebraica».
Italo Svevo, pseudonimo di Hector (Aron) Schmitz, nasce a Trieste nel 1861, in una famiglia pienamente integrata nella vita ebraica della città. Il padre Francesco Schmitz era un ebreo di origini ungheresi, mentre la madre Allegra Moravia proveniva da una famiglia ebraica di San Daniele del Friuli. È il sesto di otto figli. Nel 1867 frequenterà la scuola israelitica di via del Monte, presieduta dal vicerabbino Sabbato Raffaele Melli. Analizzando le sue lettere, per riferirsi a parenti più o meno vicini, usa con ricorrenza il termine, ampiamente adoperato nel giudeo-veneziano, mispachà (dall’ebraico, famiglia). Una famiglia, quella dei fratelli Schmitz, che nella Trieste di fine Ottocento sentiva il rimbombo dell’antisemitismo viennese, che diventerà successivamente, come testimoniano i suoi scritti, un timore sempre più concreto, essendo gli anni dell’affare Dreyfus.


Come distinguere Zeno da Italo e da Hector? È una domanda che in tanti si sono posti. Cavaglion, che tra l’altro è anche un suo discendente, esorta a distogliere l’attenzione dalla tanto ossessiva faccenda, per non perdere di vista invece le grandi lezioni di umanità che traspaiono dalla sapienza e saggezza delle sue opere. Prendiamo il finale de La Coscienza, attualissimo perché ci ricorda la recente pandemia: qui apprendiamo che anche dalla disfatta più grande si può comunque rinascere. Nel libro viene affrontato un capitolo dedicato all’importante rapporto con l’autore dell’Ulisse, James Joyce. L’ultima parte è dedicata a due anticipatori della fortuna di Svevo, perché prima d’altri hanno saputo cogliere la sua grandezza: Vittorio Foa e Primo Levi. Sarà un caso? Di sicuro Svevo era tutt’altro che “un testimone inattendibile”.

 

Alberto Cavaglion,
L’astuto imbecille e altri scritti sveviani,
Edizione di Storia e Letteratura,
pp. XXVIII – 140, euro 18,00.

 

Consigliamo la visita del Museo Sveviano di Trieste.
Info: museosveviano.it