Premio letterario Adei-Wizo, a colloquio con i vincitori sul valore dell’identità e della pace

Eventi

di Ilaria Ester Ramazzotti
Crescere generazioni libere dal pregiudizio e dal razzismo, per la pace, e far arrivare al grande pubblico le molteplici realtà del mondo ebraico attraverso la narrativa. Con questi obiettivi si sono svolti online i due incontri promossi dall’Adei-Wizo il 2 e il 3 maggio a conclusione della XXII edizione del Premio letterario Adei-Wizo Adelina Della Pergola. Un’edizione che ha visto vincitori La casa sull’acqua’ di Emuna Elon (Guanda Editore) e L’uomo che salvò la bellezza’ di Francesco Pinto (HarperCollins) per la sezione ragazzi.

Susanna Sciaky, presidente ADEI-Wizo

L’incertezza dovuta alla pandemia ha fatto sì che anche nel 2022 la fase conclusiva della manifestazione sia stata esclusivamente on line. Ciò ha dato “l’opportunità di intervenire ai tanti sostenitori del Premio e alle giurate presenti in tutta la penisola. Una possibilità straordinaria soprattutto per i tanti studenti delle scuole italiane, chiamati ad essere parte attiva nell’assegnazione del Premio”, hanno spiegato le organizzatrici. Inoltre, “i preoccupanti venti di guerra che tristemente e drammaticamente occupano i nostri pensieri in questo periodo hanno ispirato l’idea che a contraddistinguere questa edizione del Premio sia la frase del Dalai Lama: ‘Non esiste una via per la pace, la pace è la via”.  “La sua ideazione e il suo sviluppo hanno richiesto grandissimo impegno da parte di una intera generazione di ‘Adeine’, un lavoro che ha contribuito in modo rilevante a far conoscere il nostro movimento e, quel che più conta, a diffondere correttamente i nostri valori tramite la nobile espressione della letteratura – ha comunicato Susanna Sciaky, presidente nazionale di Adei-Wizo -. Al contempo, con nostra grande soddisfazione, abbiamo visto moltiplicarsi le adesioni per il Premio Ragazzi, la sezione del Premio letterario che coinvolge attivamente moltissimi alunni delle scuole italiane, trasformandoli in giurati. Quest’anno sono 550 da tante scuole d’Italia, da Nord a Sud! La caratteristica del Premio è che ciascuno dei ragazzi riceve in lettura i due volumi finalisti scelti per loro dalla giuria selezionatrice”.

 

Il primo evento, in calendario la mattina del 2 maggio, ha visto protagonisti proprio i ragazzi delle scuole superiori, che hanno avuto la possibilità di incontrare i finalisti della sezione a loro dedicata, Francesco Pinto e Ghila Piattelli, autrice di Resta ancora un po’. L’incontro è stato condotto da Sira Fatucci, presidente della giuria selezionatrice, con la partecipazione del pedagogista, scrittore e coordinatore della Commissione Cultura UCEI Saul Meghnagi e del professor emerito Sergio Della Pergola, figlio di Adelina Della Pergola, presidente dell’Adei negli anni ’80, a cui è intitolato il Premio.

La mattinata trascorsa insieme ha mostrato elevate partecipazione e preparazione dei ragazzi delle scuole, che hanno proposto riflessioni e domande particolarmente approfondite e argomentate. “Oltre un’ora di domande serrate per Francesco Pinto e Ghila Piattelli – hanno specificato le organizzatrici -. Mai così alta l’adesione per un momento vivace e gratificante che certifica ancora di più l’importante valore didattico di questa iniziativa”. “Un incontro vivace, con dei ragazzi educati, rispettosi, veramente bellissimo e gratificante – ha detto Susanna Sciaky -, uno di quei momenti che ci sia augura di vivere spesso e che non abbiano mai fine”.

Parallelamente è stato valorizzato il ruolo degli insegnanti. “La vita di tutti noi è cambiata con l’incontro di un insegnante, e ognuno di noi ricorda quell’insegnante che gli ha cambiato la vita – ha detto Francesco Pinto -. C’è una grande responsabilità da parte di chi insegna, come da parte dei ragazzi. Gli insegnanti sono il punto vero nella costruzione della gioventù. La scuola dovrebbe rivalutare il ruolo morale degli insegnanti”.

Ha chiuso la diretta online Sergio della Pergola con “un ringraziamento sincero e profondo: avendo udito gli interventi dei giovani così ponderati e profondi ho vissuto un magnifico incontro – ha detto il professore -. Mi sento riconfortato da ogni pessimismo”.

Le premiazioni e gli incontri con Emuna Elon e Francesco Pinto

La cerimonia di premiazione degli scrittori vincitori del Premio si è tenuta il 3 maggio sempre su Zoom, con la conduzione del giornalista e scrittore Gian Antonio Stella, chiamato a dialogare con Emuna Elon e Francesco Pinto di seguito ai saluti e alle introduzioni di Susanna Sciaky, della presidente mondiale di Wizo Esther Mor e di Mara Della Pergola, figlia di Adelina Della Pergola. Presente, collegata da Israele,  anche la finalista Ghila Piattelli.

Gian Antonio Stella, Susanna Sciaky e Emuna Elon

 

“I vincitori scelti per questa edizione ribadiscono l’importanza del Premio nel contesto culturale e sociale del nostro Paese – ha spiegato Susanna Sciaky -. Parlano della nostra storia e delle nostre radici, dell’importanza di confrontarsi con il passato, custodirlo e tramandarlo. Sono libri ambientati in Europa e in Italia che rivelano molto dell’impegno per preservare la memoria anche nel campo dell’arte e della cultura del nostro continente a beneficio di tutti”. L’edizione di quest’anno è stata inoltre particolarmente improntata all’educazione alla pace, alla comunanza, alla scoperta di ciò che unisce piuttosto che di ciò che divide, per ampliare gli orizzonti contro il pregiudizio e l’intolleranza e contro la guerra.

Il dibattito con gli scrittori intavolato da Gian Antonio Stella si è aperto insieme a Emuna Elon, collegatasi online da Israele. Elon è una giornalista e attivista israeliana per i diritti delle donne. Nel suo ‘La casa sull’acqua’ racconta la forza di confrontarsi con il passato, con il protagonista Yoel che, al Museo Ebraico di Amsterdam, in un filmato d’archivio, scopre un’immagine del padre, morto in un campo di concentramento, di sua madre e di sua sorella insieme a un bambino che non è lui. Comincia così un’avventura alla ricerca della verità, che lo porterà a mettere insieme, pezzo dopo pezzo, la sua storia e quella della sua famiglia. Una ricerca che coinvolge parallelamente il senso della propria identità, dell’appartenenza, della patria.

Ma che cos’è la patria? Per uno scrittore come Joseph Roth – ha evidenziato Gian Antonio Stella – la prima patria era il mondo yiddish. “Yoel, nel romanzo, scopre invece quanto sia difficile definire oggi la nostra identità di ebrei, in ogni paese, ovunque – ha spiegato Elon -, perché la nostra identità, sotto molti punti di vista, ci è stata rubata”. E se si possono avere più identità, più patrie, una racchiusa dentro l’altra, che possono andare dal proprio paese al proprio giardino di casa, “è vero che tutti gli esseri umani, tutti gli ebrei, dedicano la vita a cercare di fare ritorno a quel luogo dentro il luogo, dentro se stessi. Quel luogo dove noi sappiamo chi siamo e dove andiamo: siamo sempre sulla strada del ritorno verso casa, anche se quella casa non l’abbiamo mai lasciata”. “Mentre scrivevo – ha aggiunto la scrittrice israeliana, gerosolomitana da cinque generazioni -, ho scoperto anche che la storia della Shoah è la storia di ogni ebreo e che anche Israele è come una casa sull’acqua, che vacilla sulle acque dell’Olocausto”. Ci sono così due giorni della memoria: Yom HaShoah e Yom HaZikaron, che ci ricordano il costo del non avere avuto e di avere uno Stato ebraico.

“Nel suo volume ‘Resta ancora un po’’, Ghila Piattelli racconta la storia originale e accattivante della protagonista Giuditta – ha proseguito Gian Antonio Stella – che si è messa in testa di trovare il luogo più adatto per il suo eterno riposo”, il suo cimitero perfetto. Per farlo, la accompagneranno tre giovani, fra cui il nipote Yoni, che saranno con lei lungo un percorso di comunicazione intergenerazionale. “Attraverso il nipote – ha spiegato Piattelli -, Giuditta vuole in realtà aiutare la figlia a elaborare il lutto della perdita del suo primo amore, caduto nella guerra dello Yom Kippur”. Nelle pagine, passato e presente, nonni e nipoti, vivi e morti si sfiorano e si scoprono più vicini di quanto immaginassero. “E una nonna, attraverso suo nipote, salva sua figlia, attraverso il prezioso strumento ebraico della narrazione”. Dal loro dialogo nasce la consapevolezza che, per tornare a respirare, bisogna imparare a non aver paura del dolore o dell’oblio. Ma che cosa significa non aver paura dell’oblio? Non ripetiamo sempre di non dover mai dimenticare? “In alcune circostanze ci sono cose che emotivamente dobbiamo lasciare andare per poter continuare a sopravvivere”, come i personaggi del libro che si sono lasciati alle spalle i loro traumi per diventare altro, ha sottolineato la scrittrice rispondendo a Gian Antonio Stella.

Gian Antonio Stella e Ghila Piattelli

 

In ‘L’uomo che salvò la bellezza’, Francesco Pinto porta alla ribalta Rodolfo Siviero, un vero ‘Monuments man’ italiano: storico dell’arte, schieratosi con la Resistenza a fianco degli alleati, impegnato a salvare le opere d’arte italiane trafugate dei nazisti. Un viaggio tra capolavori e musei italiani educativo e didattico sotto molti profili. “Negli anni Trenta Rodolfo Siviero è un fascista – ha sottolineato Pinto -, addirittura una spia del regime, che nel 1938 viene mandato in Germania nella cittadina di Erfurt. Là scopre che cos’è il nazismo, dietro la facciata”. Da questa storia si capisce anche che “l’antisemitismo è nato un piccolo passo alla volta”, come “fenomeno europeo e non specificamente tedesco”. Grazie alla storia di Siviero, e a un piccolo gruppo di altre persone, alcune fra le più importanti opere d’arte italiane sono oggi esposte agli Uffizi a Firenze e non all’estero. Un’altra complessa storia di dolore e bellezza, di patria e di identità, personale e collettiva.

Da sinistra, Gian Antonio Stella, Francesco Pinto e Susanna Sciaky