L’odio antiebraico nel nostro tempo: dibattito al Franco Parenti

Eventi

di Sofia Tranchina

In occasione della settimana della memoria, Andrée Ruth Shammah ha organizzato domenica 28 ottobre al Teatro Franco Parenti – sullo stesso palco su cui si è parlato di resistenza ucraina e di resistenza delle donne iraniane, in una continuità di valori condivisi – un dibattito con quattro pilastri dell’informazione e della cultura ebraica.

Davanti a grandi monoliti LED che recitano never again is now (“mai più è adesso”), no antisemitismo, e no antiterrorismo, il giornalista, direttore de Linkiesta Christian Rocca, l’ex sottosegretario del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali Ilaria Borletti Buitoni, il direttore de La Repubblica Maurizio Molinari, e la  professoressa emerita di storia ebraica moderna dell’Università di Tel Aviv Dina Porat hanno affrontato i temi caldi dell’antisemitismo “rinato” (ma in realtà mai assopitosi) che si è manifestato con rinnovata forza dal 7 ottobre in poi.

Ad aprire il dibattito è stato il presidente della Comunità Ebraica di Milano Walker Meghnagi: è importante combattere la perversione che «l’ebreo debba pagare per qualche sua innata colpa» con la conoscenza, l’unica cura possibile. «Ci ricordiamo di chi è stato in silenzio, e di chi è stato vicino. Grazie per essere qui: noi non molliamo, non mollate neanche voi».

«Siamo stati ciechi», ha esordito il rabbino capo di Milano Rav Alfonso Arbib, stupito dalla rapidissima scomparsa dell’iniziale solidarietà mostrata al popolo ebraico. «Quando si parla di Shoah e di antisemitismo, si sa, gli ebrei piacciono molto come vittime. Vengono compatiti. Ma, quando si difendono, non piacciono più.

In questo caso gli ebrei ostaggi, civili innocenti e per lo più pacifisti, non sono piaciuti neanche nei panni inconfutabili di vittime: abbiamo visto le foto degli ostaggi in strada sistematicamente strappate».

A stupire è stata anche la matrice medievale di questa nuova ondata di antisemitismo, che taccia gli ebrei di essere “vendicativi e crudeli”, e di essersi trasformati da vittime in carnefici: «è un’antica idea medievale – sposata dal 30% dei giovani universitari italiani – quella che contrappone il “Dio della Vendetta” degli ebrei al “Dio dell’Amore” dei cristiani». E questa volta l’accusa non è arrivata da una frangia marginale e preconciliare, ma da un «Principe della Chiesa» (il cardinale Ravasi, ndr).

 

D’altronde, ha ricordato Maurizio Molinari, da sempre l’antisemitismo si basa su «grandi e feroci bugie che, per una serie di coincidenze, vengono credute vere e condivise da un vasto gruppo di persone in un determinato periodo storico».

Bugia condivisa fu il falso storico del deicidio, che ha portato alla ghettizzazione di milioni di ebrei e stragi di massa finché, dopo 1.900 anni, Giovanni XXIII ne ha ufficializzato la smentita.

Maurizio Molinari

I Protocolli dei savi di Sion, falsi documenti stilati dalla polizia segreta dello zar per accusare gli ebrei di un complotto per controllare il mondo, hanno a loro volta spinto russi e bielorussi a uccidere gli ebrei nelle loro case.

La bugia promossa da Karl Marx ne La Questione Ebraica che vede gli ebrei come un popolo-classe, una categoria sociale economica priva della dignità di popolo, fu portata all’estremo da Stalin con persecuzioni, discriminazioni, e deportazioni nei gulag.

Fu poi il momento della bugia nazista che vedeva gli ebrei come dei sottouomini di inferiorità fisica e che, tra le altre cose, ha portato milioni di europei «a farsi controllare dai dottori di non avere alcuna delle caratteristiche fisiche degli ebrei».

 

Le bugie che anche oggi seminano odio antiebraico

Risulta dunque essenziale identificare e analizzare quali siano le bugie su cui si regge la violenza antiebraica di oggi, per quanto «chi vive nella storia può solo tentare di fare delle analisi, ma non può avere risposte definitive».

La bugia che non ci sia nessun legame tra ebrei e terra di Israele, benché gli ebrei vivano lì senza soluzione di continuità da tremila anni, e la bugia che Hamas rappresenti i palestinesi e dunque la sua lotta contro gli ebrei sia legittimata, ne sono, secondo Molinari, alla base: «Hamas è un’organizzazione terroristica che non solo vuole distruggere Israele, ma anche rovesciare e annientare l’Autorità Nazionale Palestinese, l’unica entità legittima che effettivamente rappresenta i palestinesi».

Christian Rocca

Così, il dibattito già esistente riguardo a Israele per la prima volta assume i toni di un dibattito tra “difensori della democrazia del Medio Oriente” e la “posizione di Osama Bin Laden che giustifica i massacri”, nota Christian Rocca: «l’antisemitismo è l’odio più lungo della storia, un’antica ossessione letale. Ma il suo attuale risorgimento è strettamente legato all’uso politico di un’interpretazione dell’Islam estremista».

«Questa guerra non riguarda solo Hamas, ma tutti i gruppi di matrice islamica estremista», aggiunge Ilaria Borletti Buitoni, «e coinvolge tutti noi, ebrei e non ebrei, che crediamo nei valori condivisi dell’Occidente, per cui una donna non viene mandata in prigione o a morte per non aver indossato il velo.

 

Nel delirio politicamente corretto contro il colonialismo, non dobbiamo dimenticarci che l’Iran è la forma di colonialismo moderno più forte che ci sia (è andato verso l’Iraq, la Siria, e lo Yemen), e se l’Occidente non capisce più quali sono i propri ruoli e i propri valori può segnare su sé stesso la parola fine.

Ilaria Borletti Buitoni

Tra l’altro, va notato che in una striscia di terra lunga 41km e di 365 km2 di area totale, Gaza, è impossibile costruire una città sotterranea di 500km con armi e rampe di lancio senza che nessuno se ne accorga. Quando si parla di risposta proporzionata, non si tiene conto del fatto che, se qualsiasi altro Paese venisse attaccato quotidianamente da migliaia di razzi (di cui molti non passano solo grazie all’efficace sistema di difesa israeliano), la guerra sarebbe molto più aspra, mentre dei razzi lanciati su Israele non se ne parla».

 

La percezione dell’ebreo nel mondo

Dina Porat ha infine analizzato i cortocircuiti logici che hanno incoraggiato la crescita dell’antisemitismo e della violenza, verbale e fisica, contro gli ebrei (in alcuni Paesi è aumentato del 700%, in Italia solo del 54%).

Tutto si riduce a come gli ebrei sono percepiti nel mondo.

In quello che viene scritto, detto e condiviso, gli ebrei risultano «bianchi, ricchi, con un’educazione migliore, in grado di occupare ruoli di spicco nella società». Benché effettivamente nessuno di questi attributi sia intrinsecamente vero, da questa mitologia ne consegue una percezione che non considera più gli ebrei come la minoranza che sono, «ma come un gruppo di persone privilegiate, dalla parte degli oppressori e non degli oppressi, che non hanno bisogno di protezione». È la mitologia degli “ebrei che controllano le banche, il clima, il mondo”.

Altrettanto grave è il falso storico che Israele sia stato creato “grazie” alla Shoah: «è fondamentale ricordare la Storia. Israele è nato grazie al sionismo, e la sua costruzione è iniziata nel 1860. La narrazione che la nascita dello Stato sia da attribuire ai crimini nazisti è utilizzata per delegittimare Israele, che avrebbe così una “giustificazione” negata agli altri Paesi. Non è ancora stata accettata e digerita l’esistenza di uno Stato Ebraico, perché nella tradizione storica gli ebrei non dovrebbero essere nella posizione di avere uno Stato e un esercito. Ma il popolo ebraico ha tremila anni: ha bisogno della “scusa” dell’Olocausto per avere diritto a uno Stato? No».

 

Associazione Setteottobre

A conclusione dell’incontro è stata presentata l’Associazione Setteottobre, fondata da tra gli altri da Stefano Parisi, Daniele Scalise, Anita Friedman per sollecitare i giovani a studiare e mettere in dubbio la propaganda antisemita che sta impregnando la società, per combattere «le posizioni ambigue, ipocrite, indifferenti o ignoranti» dei media, e «per evitare che un domani i nostri nipoti ci accusino di non aver fatto niente davanti al rischio della fine dell’Occidente e dei nostri valori».

 

 

 

La mostra “Stigmi”

Al Teatro Franco Parenti, in occasione del dibattito sull’antisemitismo, è stata esposta la mostra “Stigmi” composta da dodici pannelli più uno introduttivo.

Nasce da un’idea di Ugo Volli e ha lo scopo, dichiarato esplicitamente nel titolo, di evidenziare attraverso dichiarazioni verbali o scritte, da parte di attori diversi del discorso pubblico: scrittori,  giornalisti, accademici e religiosi, il riattivarsi di alcuni dei più consolidati stereotipi antisemiti.

 

L’occasione del loro riattivarsi a cascata è stato determinato dall’operazione militare israeliana a Gaza, a seguito dell’eccidio perpetrato in Israele da Hamas il 7 ottobre scorso.

I curatori  Niram Ferretti, David Piazza, Davide Romano, hanno voluto soprattutto identificare due categorie rubricate sotto i titoli, “lobby ebraica” e “violenza e sangue” atte a rappresentare  l’ebreo come attore politico occulto dotato di enorme potere, e quello dell’ebreo vendicativo e assetato di sangue.

Si tratta di fantasmi perenni, di veri e propri archetipi che infestano l’inconscio culturale collettivo e la cui costante presenza non deve mai essere sottostimata.