Ricorre oggi l’ottantesimo anniversario della rivolta del Ghetto di Varsavia. Un atto di resistenza, coraggio e umanità contro l’oppressione nazista

di Marina Gersony
Oggi, il 19 aprile 2023, si commemora l’ottantesimo anniversario della rivolta del Ghetto di Varsavia, un evento che ha profondamente influenzato la Storia della Polonia e del mondo intero. Questa importante ricorrenza celebra l’epica e disperata lotta per la libertà degli ebrei eroici e coraggiosi che, sfidando il potere dell’esercito nazista, simboleggiarono la forza dell’umanità contro l’oppressione più brutale.

La rivolta fu una sollevazione armata dei residenti del ghetto contro le truppe naziste che avevano iniziato la deportazione degli abitanti sopravvissuti verso i campi di concentramento. L’insurrezione durò quasi un mese, dal 19 aprile al 16 maggio 1943, e rappresentò una delle più importanti resistenze contro la barbarie nazista durante la Seconda Guerra Mondiale.

L’occupazione nazista della Polonia nel settembre 1939 portò alla creazione di un ghetto a Varsavia, dove furono confinati decine di migliaia di ebrei che nel 1942 contavano circa mezzo milione; ebrei reclusi in un in uno spazio di 3,4 chilometri quadrati che non potevano lasciare senza autorizzazione. La situazione all’interno del ghetto era terribile, con sovraffollamento, malattie e malnutrizione. Nel luglio 1942 iniziò la deportazione degli abitanti verso il campo di sterminio di Treblinka. Tra il luglio e il settembre del 1942 furono deportate 265mila persone, al ritmo di più di cinquemila al giorno. La maggior parte dei deportati fu uccisa nelle camere a gas poco dopo il loro arrivo.

Dopo questa prima ondata di deportazioni, il Comitato di difesa degli ebrei (Zydowska Organizacja Bojowa, ZOB), diretto da Mordechaj Anielewicz e da Marek Edelman, iniziò a organizzare una resistenza armata ben organizzata all’interno del ghetto. Nel gennaio 1943, gli attivisti della resistenza furono in grado di confiscare armi e munizioni dalle forze tedesche e iniziarono ad addestrarsi militarmente.

Il 19 aprile 1943, alla vigilia di Pesach, le truppe tedesche entrarono nel ghetto per deportare gli ultimi abitanti rimasti. In risposta, la resistenza ebraica lanciò un attacco contro le truppe naziste. I combattimenti furono violenti e prolungati, ma i ribelli,  armati solo di pistole e altre armi leggere che erano riusciti a procurarsi clandestinamente,  riuscirono a resistere per quasi un mese. Il 16 maggio 1943, i nazisti riuscirono ad entrare nell’ultimo rifugio e a uccidere i sopravvissuti. L’insurrezione del ghetto fu sconfitta, ma i suoi combattenti avevano dimostrato al mondo che gli ebrei non sarebbero stati annientati senza lottare nonostante la schiacciante superiorità tedesca. Nei loro testamenti scrissero di essere consapevoli di essere condannati, ma che volevano morire in un momento e in un luogo di loro scelta. Una scelta coraggiosa che è diventata simbolo di grandissima forza, onorabilità e dignità,

Gli ebrei uccisi nel ghetto durante la rivolta furono circa 13.000 (7.000 vittime di esecuzioni sommarie all’interno del ghetto, più 5.000 – 6.000 che perirono negli incendi o tra le macerie degli edifici distrutti). Alle 13.000 vittime dei combattimenti nel ghetto vanno aggiunti 6.929 “combattenti” prigionieri che furono trasportati e uccisi a Treblinka. Pochissimi furono coloro che riuscirono a sfuggire alla cattura nascondendosi tra le rovine o lasciando l’area del ghetto. I rimanenti 42.000 superstiti furono inviati in vari campi di concentramento.

Il ghetto di Varsavia distrutto dopo il soffocamento della rivolta

 

In occasione dell’anniversario, il Museo Polin  ha allestito la mostra Intorno a noi un mare di fuoco, inaugurata ieri alla vigilia dell’ottantesimo anniversario dello scoppio della rivolta del ghetto. La mostra, unica nel suo genere, include una serie di fotografie inedite di Zbigniew Grzywaczewski, un giovane vigile del fuoco di Varsavia la cui brigata aveva il compito di assicurarsi che l’incendio nel ghetto non si propagasse. Si tratta di fotografie scattate nel 1943, le uniche di quella rivolta a non essere state scattate dai nazisti con intenti propagandistici; fotografie perlopiù sfocate o con inquadrature non precise che offrono una prospettiva mai vista prima sulla rivolta.

«La vista di quelle persone portate via da lì probabilmente rimarrà nei miei occhi per il resto della mia vita» – scrisse Grzywaczewski nel suo diario nel 1943 – Facce […] con occhi folli e incoscienti. […] sagome barcollanti per la fame e il terrore, sporche, lacerate. Fucilati in massa, alcuni vivi cadono sui cadaveri di altri già liquidati».

Le immagini sono state trovate dal figlio del vigile del fuoco, Maciej Grzywaczewski, che ha trascorso mesi a esaminare la collezione dell’archivio di suo padre, si è detto “estremamente emozionato” per aver ritrovato quelle vecchie istantanee, insieme ad altre foto del padre.

Infine, un episodio che merita di essere ricordato in quest’occasione: la Resistenza polacca organizzò un’operazione di salvataggio degli ebrei, aiutando circa 2.500 bambini a fuggire dal ghetto di Varsavia e a nascondersi. La giovane assistente sociale Irena Sendler ha giocato un ruolo fondamentale nell’organizzazione della rete di salvataggio, rischiando la vita per aiutare gli altri. Dopo essere stata arrestata e torturata dalla Gestapo, Sendler rifiutò di rivelare i nomi dei suoi collaboratori e dei bambini salvati. Riuscì a fuggire dal carcere e a sopravvivere alla guerra. Solo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale fu riconosciuta come una degli eroi della Resistenza contro il nazismo e nel 1965 ricevette il riconoscimento di Giusto tra le Nazioni.  L’operazione di salvataggio degli ebrei dal ghetto di Varsavia organizzata dalla Resistenza polacca rappresenta un esempio di coraggio e solidarietà umana, e dimostra che non tutti i polacchi erano complici dell’Olocausto.

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