Un mondo senza ebrei? Molti lo vorrebbero

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di Ilaria Myr

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Ebrei rumeni sopravvissuti alla Shoah durante l’inaugurazione del memoriale delle vittime ebree e rom, nel 2007

A 70 anni dalla Shoah, ci sono Paesi in cui la popolazione non vuole avere ebrei nei propri confini. È il caso della Romania, dove per molti cittadini gli ebrei non sono benvenuti.

Come emerge chiaramente da una ricerca divulgata nell’agosto di quest’anno dall’Elie Wiesel National Institute for Holocaust Studies quasi un quarto dei rumeni oggi preferirebbe che nessun ebreo si considerasse a casa propria  in Romania. L’11% degli intervistati caratterizza gli ebrei come un “problema” per la nazione, e il 22% vorrebbe averli come turisti, ma non come cittadini. Queste opinioni negative coincidono con una grande ignoranza e indifferenza nei confronti della Shoah: mentre circa tre quarti dei rumeni ha sentito parlarne (+12% rispetto a una precedente ricerca del 2007), solo un terzo crede che ciò sia successo anche in Romania (da cui provenivano invece 750.000 ebrei assassinati durante la Shoah).

La Romania non è però l’unica nazione in cui i cittadini vorrebbero le proprie città “jew free”. In Irlanda, ad esempio, secondo una ricerca del 2011, il 20% della popolazione è d’accordo a vietare agli israeliani di diventare cittadini irlandesi, e l’11% a bandire la cittadinanza a tutti gli ebrei che volessero acquisirla. Il 46%, poi, non vuole un ebreo nella propria famiglia, e il 52% si opporrebbe all’ingresso in essa di un israeliano.

Esistono poi dei Paesi che sono già jew-free: un esempio su tutti è l’Arabia Saudita, che nel gennaio di quest’anno ha dovuto ribadire che non accetta lavoratori ebrei nei propri confini, dopo che sui media era invece uscita la notizia che sarebbero stati accolti gli stranieri ebrei (ovviamente non israeliani).