L’Iran rafforza la sua capacità militare in Siria e tesse nuove relazioni diplomatiche

Mondo

di Francesco Paolo La Bionda
Le forze armate iraniane hanno approfittato dei voli di soccorso inviati in Siria, a seguito del terremoto dello scorso febbraio, per trasportare segretamente anche armi ed equipaggiamento militare. Il segreto è stato rivelato dall’agenzia di stampa Reuters, che ha consultato diverse fonti siriane, iraniane, israeliane e occidentali. Nelle sette settimane successive al disastro naturale, centinaia di aerei iraniani sono atterrati negli aeroporti siriani di Aleppo, Damasco e Latakia, trasportando oltre ad aiuti umanitari anche apparecchiature di comunicazione avanzate, batterie per i sistemi radar e altri pezzi di ricambio necessari per il previsto aggiornamento del sistema di difesa aerea della Siria, fornito da Teheran al suo alleato.

Sempre secondo le fonti, Israele si è subito accorto del flusso di armi nascosto ed è intervenuto per contrastarlo con incursioni aeree mirate: grazie al lavoro di intelligence, gli aerei israeliani sono stati in grado di colpire con esattezza persino i veicoli specifici da trasporto dei convogli con cui sono state movimentate le attrezzature militari iraniane.

Le incognite russa e turca

Sulla capacità israeliana di colpire obiettivi in territorio siriano pesa tuttavia il deterioramento dei rapporti tra lo Stato ebraico e la Russia e il parallelo avvicinamento tra Teheran e Mosca. Finora il Cremlino, altro alleato principale del regime di Assad, non è intervenuto per difendere lo spazio aereo siriano dalle incursioni israeliane, nonostante abbia schierato in loco sistemi di difesa antiaerea. Tuttavia la pressione occidentale per un maggior sostegno israeliano all’Ucraina e le crescenti forniture militari iraniane all’esercito russo, in particolare i droni, potrebbero spingere Mosca a contrastare attivamente le incursioni dei jet dello Stato ebraico.

Altro fronte dove le relazioni bilaterali sono in peggioramento per Israele è quello turco: i rapporti tra Gerusalemme e Ankara hanno ripreso a peggiorare dopo il ritorno al potere di Netanyahu, le cui relazioni col presidente turco Erdogan sono storicamente pessime. Sebbene la Turchia sia divisa dall’Iran da numerose rivalità, tra cui proprio quella in Siria dove i turchi sostengono l’opposizione armata al regime, la vicinanza ai palestinesi mossa da sentimento religioso li accomuna. Lo scorso 7 aprile, Erdogan ha telefonato al presidente iraniano Raisi dopo gli scontri ad Al-Aqsa, affermando che “il mondo musulmano deve unirsi nell’opporsi all’aggressione israeliana”.

Il riavvicinamento tra l’Iran e l’Arabia Saudita

Negativo per Israele è anche il riavvicinamento tra Iran e Arabia Saudita, dopo anni di gelo diplomatico e tensioni militari, promosso dalla Cina e concretizzatosi in un accordo siglato lo scorso 6 marzo. Il riavvicinamento tra Teheran e Riad ha comportato anche una ripresa dei rapporti tra i sauditi e il regime siriano, anch’essi interrotti a seguito del conflitto in cui la monarchia del Golfo aveva supportato le opposizioni. Il 12 aprile due delegazioni diplomatiche, una siriana e una iraniana, sono atterrate in contemporanea in Arabia Saudita per nuovi colloqui.

Sembra quindi allontanarsi la possibilità che Riad possa unirsi a Emirati Arabi Uniti e Bahrein nella normalizzazione delle relazioni diplomatiche con Israele nell’ambito degli Accordi di Abramo, nonostante il principe ereditario e uomo forte saudita Moḥammad bin Salmān avesse mostrato ufficiosamente la sua apertura verso lo Stato ebraico.

Va però rilevato che la decisione di Riad non è stata condivisa dal resto del mondo arabo: Marocco, Kuwait, Qatar e Yemen hanno infatti rifiutato di riammettere la Siria nella Lega Araba e persino l’Egitto ha espresso le sue perplessità nel riavvicinamento saudita verso Damasco. 

(Fonte foto: sito dell’IDF)